Condominio

Anche il singolo condòmino può far risolvere un contratto d’appalto

di Giulio Benedetti

L’amministratore non ha l’esclusiva sull’appalto del condominio: anche il singolo condòmino, nel suo interesse, può chiedere la risoluzione del contratto d’appalto. Lo afferma la Cassazione con l’ordinanza 12803/2019.

Il contratto di appalto all’interno del condominio presenta delle particolarità, al confine tra le parti comuni e quelle private, e necessariamente le diverse discipline giuridiche interferiscono tra loro, in quanto la caratteristica giuridica del proprietario è inscindibilmente connessa con quella di condòmino. Basti pensare alla realizzazione di un ponteggio per rifare la facciata del condominio: per erigerlo è necessario avere a che fare con le parti private , quanto meno per ancorarvi i giunti di aggancio.

Collaborazione con i condòmini

Per evitare la decadenza di sessanta giorni per denunciare i vizi e le difformità dell’opera (articolo 1667 del Codice civile) l’amministratore non può rinunciare alla collaborazione dei condòmini. Inoltre, la gestione della sicurezza del contratto di appalto nei cantieri temporanei e mobili, (articolo 90 del Dlgs 81/2008), obbliga l’amministratore a fare accedere alle parti comuni imprese qualificate iscritte alla Camera di commercio, dotate di Durc e di cui l’amministratore ha verificato l’idoneità tecnica e professionale.

Se l’amministratore non adempie a tutti questi complessi precetti, non soltanto risponde della contravvenzione prevista dagli articoli 90 e 157 del Dlgs 81/2008 o , in caso di incidente mortale del lavoratore, per del reato di cui all’articolo 589 del Codice penale., ma anche civilmente, per l’articolo 2049 del Codice civile, in quanto ha incaricato dei lavori una persona tecnicamente incapace.

In tale contesto i condòmini non sono assenti e ben possono intervenire, senza la necessità di convocare l’assemblea condominiale, per risolvere il contratto di appalto la cui esecuzione, condotta non secondo la regola dell’arte , li danneggi. È questo il caso trattato dalla Cassazione con l’ordinanza 12803/2019, che ha rigettato il ricorso di un’impresa aggiudicataria di un contratto di appalto condominiale contro una sentenza del Tribunale che aveva dichiarato la risoluzione del contratto di appalto e lo aveva condannato a risarcire i danni ai condòmini.

Lavori inadeguati

In particolare i condòmini , proprietari di unità immobiliari all’interno di un condominio , avevano convenuto in giudizio l’appaltatore ore, chiedendo la risoluzione dal contratto di appalto stipulato con il condominio, per l’inidoneità dell’opera realizzata dall’impresa e costituita nella sostituzione della pavimentazione delle terrazze del fabbricato o, in via subordinata, il suo rifacimento a regola d’arte e il risarcimento del danno. La Corte d’Appello riformava la sentenza di condanna del Tribunale , disattendeva la domanda di risoluzione del contratto e condannava l’appaltatore al rifacimento della pavimentazione delle terrazze, mentre rigettava la domanda di risarcimento del danno non ritenendolo provato.

Ma l’impresa ricorreva in Cassazione affermando che i condòmini non avrebbero potuto fargli causa, in quanto avevano avanzato le loro domande non già spendendola loro qualità di condòmini, bensì quella di proprietari delle terrazze su cui i lavori erano stati eseguiti.

La Corte di Cassazione riconosce invece la legittimazione ad agire in capo ai condòmini, poiché la separazione tra le due qualità (proprietari e condòmini) , richiesta dall’impresa, appare velleitaria in quanto la qualità di condòmino è inscindibilmente legata a quella di titolare di proprietario esclusivo di parte dell’edificio. In definitiva, quindi, si può affermare che la vigilanza sull’esecuzione del contratto di appalto non è soltanto compito dell’amministratore ma anche dei condòmini che sono dotati di uguale potere di intervento giuridico .

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