Condominio

Le persiane scorrevoli non aggravano la servitù sul fondo confinante

di Valeria Sibilio

In tema di lavori, come l'apertura di una finestra o l'ampliamento di una porta, è opportuno verificare la legittimità o meno delle opere. Su questa materia si è fondata la vicenda esaminata dalla Cassazione nella sentenza 16318 del 2019 , originata dal ricorso, presso il tribunale di Firenze, di un attore, per sentirsi legittimare, grazie alla regolamentazione contenuta in una scrittura privata del 6 agosto 1956, i lavori eseguiti su due finestre site al piano terra dell'edificio di sua proprietà che si aprivano sul fondo della vicina. Quest'ultima eccepiva che l'ampliamento delle finestre, la collocazione di persiane scorrevoli e di grate più ampie di quelle preesistenti, erano illegittime. Ragione per cui aveva impedito l'accesso e domandato il ripristino della situazione preesistente ed il risarcimento danni.
Il Tribunale accoglieva la domanda limitatamente al ripristino dell'altezza delle finestre, risultante inferiore a quella indicata nella scrittura privata e dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda dell'attore, in quanto, nel frattempo, i lavori erano stati conclusi. In seguito, la Corte d'appello, compensando integralmente le spese di lite, riformava tale decisione sul fatto che l'attore aveva reiterato la domanda in sede di precisazione delle conclusioni e i lavori non erano stati completati.
La proprietaria del fondo proponeva ricorso per la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi, ai quali l'attore resisteva con controricorso e proponendo ricorso incidentale affidato a tre motivi, ai quali la proprietaria resisteva con controricorso.
Riguardo al primo motivo, la ricorrente denunciava un contrasto tra affermazioni inconciliabili che avrebbero segnato la motivazione resa dalla Corte d'appello. L'accertata illegittimità delle opere realizzate dall'attore, condannato in primo grado alla rimessione in pristino, confermava la legittimità della sua opposizione all'accesso nel proprio fondo per il completamento delle opere e perciò impediva l'accoglimento della domanda proposta dall'attore, tanto più se si considerava che l'opera da completare presupponeva la modifica delle finestre, non ancora avvenuta. Doglianze ritenute, dagli ermellini, prive di fondamento e senza alcuna contraddizione nella sentenza impugnata che aveva disposto l'accesso al fondo solo per il completamento delle opere indicate sul presupposto che fossero opere legittime.
Nel secondo motivo, la ricorrente contestava il rigetto del motivo di appello con il quale aveva denunciato l'omessa pronuncia del giudice di primo grado sulla legittimità delle persiane in merito anche all'ampiezza e non solo allo spessore. Doglianza anch'essa ritenuta infondata, in quanto l'attrice aveva censurato l'omessa pronuncia del Tribunale sulla domanda riconvenzionale di condanna alla riduzione in pristino anche alle persiane e alle grate, che avrebbero occupato illegittimamente lo spazio del cortile. La Corte territoriale, grazie ad una perizia, aveva chiarito che le inferriate presentavano una sporgenza inferiore a quella massima consentita dalla scrittura privata del 1956, ed escluso che l'impianto di persiane scorrevoli potesse costituire un aggravamento della servitù per l'occupazione della colonna d'aria in corrispondenza dello spessore delle persiane stesse, in quanto esse scorrevano utilizzando lo spazio lasciato libero dalla sporgenza delle inferriate.
Con il terzo motivo, si contestava l'inammissibilità della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno non patrimoniale, ed il rigetto di quella del danno patrimoniale per carenza di prova. Diversamente da quanto affermato dalla Corte d'appello, la domanda riguardante la prima era stata formulata nel giudizio di primo grado, ed era stata anche provata la seconda, grazie ad una fattura con memoria depositata. Una doglianza ritenuita in parte inammissibile e in parte infondata. La denuncia di omesso esame, da circoscrivere al costo dell'attività legale sostenuta prima ed in funzione del giudizio, è risultata inammissibile in via principale ed assorbente in quanto nel ricorso non era riprodotto alcun documento che potesse provare l'esborso. Non sussisteva, inoltre, un vizio di motivazione in quanto la Corte d'appello aveva argomentato sia la decisione di inammissibilità della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, rilevando che tale richiesta non era stata dedotta né con l'atto introduttivo del giudizio né con la memoria, sia il rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale, evidenziando che lo stesso non era stato dimostrato e che la stessa allegazione risultava carente ed indeterminata.
Nel quarto motivo, la ricorrente contestava l'omessa pronuncia sull'attribuzione delle spese della perizia, tenuto conto che questi costi sarebbero dovuti essere posti a carico dell'attore, in quanto finalizzati esclusivamente a verificare l'illegittimità delle opere. Doglianza inammissibile, in quanto la decisione di compensare integralmente le spese di lite, comprese quelle della perizia, è insindacabile. In tema di spese processuali, il sindacato di legittimità è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito sia la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti fissati dalle tabelle vigenti.
Riguardo al ricorso incidentale, con il primo motivo si contestava la condanna dell'attore al ripristino dell'altezza delle finestre, in quanto la Corte d'appello non avrebbe considerato che dall'istruttoria era emerso che le finestre non erano mai state modificate nel tempo, comportando una contraddittorietà della pronuncia, nella parte in cui ordinava di ripristinare una situazione mai esistita. Doglianza anch'essa apparsa infondata. Il ripristino disposto dalla Corte d'appello comportava l'adeguamento delle finestre alla situazione di diritto, conforme alla scrittura privata dei 1956, chiarendo che la domanda riconvenzionale dell'attrice era di natura petitoria non possessoria, e che l'attore non aveva eccepito di avere usucapito la distanza inferiore del parapetto delle finestre.
Nel secondo motivo, si contestava la mancata valutazione, da parte della Corte d'appello, della domanda di rimessione in pristino dell'altezza delle finestre alla luce del divieto di aggravare o diminuire l'esercizio della servitù. Doglianza ritenuta dagli ermellini inammissibile in quanto introduceva una questione non trattata dalla Corte d'appello e non prospettata nel giudizio di merito. Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di legittimità, di controllare la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della questione.
La Cassazione ha, perciò, rigettato sia il ricorso principale che quello incidentale, dichiarando compensate le spese del giudizio di legittimità, dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell'importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

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