Condominio

L’assemblea non può assegnare il bene comune in esclusiva e con tempi indefiniti

di Selene Pascasi

L'assemblea, tenuto conto del carattere non contrattuale del regolamento, non può deliberare sull'uso del bene comune o disporre l'assegnazione, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti auto all'interno di un'area condominiale. Altrimenti andrebbe a incidere su diritti esclusivi ma ciò sarebbe possibile solo all'unanimità dei consensi, pena la nullità della decisione. Chi ne reclami il diritto, quindi, non potrà limitarsi a produrre la delibera ma dovrà provare la fonte preesistente, vero titolo della pretesa.
Lo afferma il Tribunale di Pavia con sentenza n. 464 del 14 marzo 2019.
A citare il condominio e il suo amministratore, è una coppia che – da titolare dell'uso esclusivo e incondizionato di un posto auto – chiede di veder garantito, per il futuro, il rispetto di tale diritto (stabilito sia dal regolamento che dall'atto di compravendita) e l'incasso, per ogni violazione o inosservanza successive alla condanna o ritardo nell'esecuzione del provvedimento, di una somma di denaro da determinarsi in via equitativa.
Pronta la difesa di controparte: la delibera di approvazione del regolamento, nella parte in cui “creava” diritti reali su porzioni di beni comuni senza la necessaria unanimità, era nulla. La causa, più volte rinviata per problemi di competenza, arriva al tribunale che rigetta le domande dei coniugi. È vero, premette, che agli atti era stato allegato il rogito notarile da cui risultava l'acquisto sia dell'abitazione che del diritto di parcheggio. Ed era anche vero, prosegue, che un capo del regolamento – nell'ultima versione risultante dalle modifiche impresse dall'assemblea all'esito di una delle varie riunioni – ne definiva la spettanza in base ai titoli acquisiti. Tuttavia, conclude, i consorti avevano denunciato la trasgressione della disposizione regolamentare, chiedendone il rispetto dagli altri condòmini e dall'amministratore, come se si trattasse di una questione sulle modalità d'uso o sulla misura di un servizio condominiale.
Non era così. La tematica era molto più ampia e andava spostata su un altro piano. In sintesi, spiega il Tribunale, se si inquadra la domanda come un'azione personale assimilabile ad una di adempimento, quel che si esige è il rispetto del regolamento condominiale ma tale regolamento, avendo carattere assembleare e non contrattuale perché deliberato e modificato a maggioranza, non consentirebbe a una delibera di incidere su diritti esclusivi né di disporre l'assegnazione esclusiva di posti auto all'interno di un'area condominiale.
Diversamente, si concreterebbe una limitazione dell'uso e del pari godimento da parte degli altri condomini che necessita dell'unanimità dei consensi pena la radicale nullità della delibera (Cassazione 11034/2016). Questo, a maggior ragione ove si ritenga la delibera dichiarativa e non costitutiva perché in quel caso la parte avrebbe dovuto allegare la fonte preesistente.
Del resto, la delibera che accerti, a maggioranza, l'ambito dei beni comuni e l'estensione delle proprietà esclusive è inidonea a provocare l'acquisto a titolo derivativo di quei diritti occorrendo il consenso scritto di tutti i comproprietari (Cassazione 20612/2017). Nell'ipotesi opposta, qualora si ritenga la domanda di natura reale, la fonte del diritto vantato non sarebbe per nulla “affare” condominiale. Ebbene, nella vicenda, la coppia aveva formulato la pretesa sulla sola scorta del regolamento condominiale, peraltro di tipo assembleare che – oltre a non poter apportare deroghe all'uso del bene tali da impedire agli altri partecipanti di farne pari utilizzo – non potrebbe costituire diritti reali sui beni comuni. Queste, le articolate motivazioni che hanno indotto il giudice pavese a rigettare la domanda. Come a dire, il diritto dei coniugi era certo ma il “percorso” per reclamarlo era scorretto.

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