Condominio

Anche nel supercondominio vale la parziarietà delle obbligazioni

di Giovanni Verardi

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10850 del 18 aprile 2019 , ha svolto un complesso ragionamento logico-giuridico che ha consentito di affrontare trasversalmente sia le caratteristiche del c.d. “supercondominio”, ovvero di quella pluralità di edifici legati tra loro da cose, impianti o servizi in comune e in rapporto di accessorietà, sia la natura delle obbligazioni che assumono i singoli condomini nei confronti di terzi per opere o servizi prestati nell’interesse del condominio, sia, infine, gli elementi essenziali dell’azione esecutiva che consegue all’eventuale inadempimento di tali obbligazioni da parte dei condomini.

I fatti di causa
Il Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro aveva respinto, nel luglio 2009, l’opposizione proposta da alcuni condomini agli atti di precetto e all’ordinanza d’urgenza che era stata emessa a favore del portiere di un supercondominio di Marano, Napoli. Quest’ultimo, in particolare, era stato in precedenza condannato a pagare al portiere oltre 7 mila euro a titolo di retribuzioni per il lavoro di portierato svolto, sul presupposto di aver prestato l’attività a favore di tutti i comproprietari degli stabili presenti all’interno del complesso immobiliare. I condomini avevano impugnato la sentenza, evidenziando come in altre precedenti decisioni fosse stata al contrario accertata l’inesistenza di un supercondominio con riguardo al contesto edilizio in questione. La Corte d’Appello di Napoli nel febbraio 2014 aveva accolto l’impugnazione, riformando la sentenza di primo grado e dichiarando nulli gli atti di precetto. Il portiere ha quindi proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, ma la Corte di Cassazione nell’aprile 2019 ha rigettato, confermando la decisione di appello.

Il supercondominio e le obbligazioni dei singoli condòmini
In primo luogo, quanto alla questione dell’accertamento della sussistenza di un supercondominio, la Corte di Cassazione nel caso di specie ha escluso che il ricorrente avesse dato prova della sussistenza del condominio e quindi delle conseguenti obbligazioni a carico dei singoli condomini. Il ricorrente, a questo riguardo, aveva evidenziato come la sussistenza di un condominio potesse essere ricavata anzitutto dalla verifica del fatto che il servizio comune, ad esempio nel caso di specie il portierato, fosse svolto tramite l’utilizzazione di un locale di proprietà comune agli stabili del complesso. Non sarebbe stata necessaria a tal fine una manifestazione di volontà di tutti i proprietari delle unità immobiliari, essendo invece sufficiente la comunanza di alcuni impianti e servizi, con relativo vincolo di accessorietà o strumentalità. In tal senso, in effetti, si era già espressa in precedenza la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2305/2008.
Nel caso di specie, tuttavia, la Sezione Lavoro della Suprema Corte ha rilevato un difetto di allegazione, in particolare insuperabili lacune nella domanda del ricorrente, tali da non consentire di provare tale circostanza. La Corte di Cassazione ha tuttavia colto l’occasione per osservare come, qualora sia configurabile un supercondominio, gli abitanti del complesso non potrebbero sottrarsi all’obbligo di concorrere al pagamento delle spese del comune servizio di portierato, poiché in tal caso sarebbero qualificabili come veri e propri “condomini” (o meglio, come li definiscono i giudici di legittimità, “comunisti partecipanti alla comunione dei beni”). Come evidenziato dalla Suprema Corte, infatti, il supercondominio tra una pluralità di edifici fa nascere in capo a ciascuno dei condomini dei singoli fabbricati la titolarità pro quota sulle parti comuni, con il conseguente obbligo di corrispondere gli oneri condominiali legati alla loro manutenzione. Da ciò consegue, ad avviso dei giudici, che non è ipotizzabile un unico e inscindibile rapporto plurisoggettivo per le obbligazioni sorte dal servizio comune prestato, bensì una serie di rapporti obbligatori facenti capo ad ogni singolo condomino in ragione della sua quota.

La Suprema Corte, a questo proposito, si sofferma così sulla dibattuta questione della natura delle obbligazioni che legano i condomini per le spese comuni. La Sezione Lavoro, infatti, ribadisce che le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio nei confronti di terzi sono rette dal principio della parziarietà, stante la mancanza di una previsione specifica di solidarietà per tali ipotesi. Le obbligazioni hanno quindi natura parziaria e si soddisfano pro quota in relazione a ciascun condomino, in quanto hanno ad oggetto una prestazione divisibile, ovvero la dazione di una somma di denaro. Ciò apparirebbe peraltro in linea con il difetto di struttura unitaria del condominio. Non si può pertanto chiedere l’intero importo dovuto ad un singolo condomino, con successivo regresso da parte di quest’ultimo nei confronti degli altri, ma è necessario esigere da ognuno solo la quota di debito del quale è onerato. Le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio vanno così assolte da parte dei singoli condomini nei confronti dei terzi creditori solo in ragione delle rispettive quote, similmente a quanto avviene nel caso delle obbligazioni ereditarie ai sensi degli artt. 752 e 1295 c.c..
Le ricadute sul piano processuale. In conseguenza di quanto osservato, non sarebbe pertanto obbligatorio costituire un litisconsorzio necessario nel processo che si dovesse incardinare nei confronti dei condomini inadempienti. Non si richiederebbe dunque la presenza di tutti i condomini come parti nel giudizio. Sul punto, la Corte di Cassazione ha dichiarato infatti infondata la pretesa di specie, laddove si lamentava il fatto che la decisione d’appello dovesse essere assunta nel contraddittorio di tutti gli interessati, trattandosi di una questione che incideva sul concorso delle spese per un servizio comune.
La natura parziaria delle obbligazioni in questione, dunque, si riflette sull’assetto del processo, in quanto in tal caso i soggetti passivi sono tenuti ad adempiere singolarmente e pro quota. Non è quindi necessario un litisconsorzio, essendo possibile per il giudice pronunciare una decisione anche nei confronti di un solo condomino. Non si è in definitiva in presenza né di un rapporto plurisoggettivo unico, né di una prestazione inscindibile comune a più soggetti, tale che sia necessaria la presenza in giudizio di tutte le parti del rapporto.
In sintesi, ad avviso della Corte di Cassazione, le intimazioni di pagamento rivolte a un condomino per impegni economici assunti nell’interesse dell’intero condominio devono intendersi sempre pro quota, in quanto le relative obbligazioni hanno natura parziaria. Ne deriva che, per procedere a esecuzione forzata nei confronti di un singolo condomino in base a un titolo esecutivo formatosi invece contro l’intero condominio, è necessario notificare personalmente il titolo e il precetto ad ogni singolo condomino. In questo caso, inoltre, il creditore procedente ha l’onere di dimostrare la legittimazione passiva di ogni singolo condomino, ovvero il suo diritto a rivolgersi proprio contro costui per procedere all’esecuzione forzata, dimostrando la qualità di “condomino” del soggetto il cui patrimonio viene aggredito.
Dall’altra prospettiva, qualora il singolo condomino venisse intimato al pagamento di un debito condominiale per l’intero e senza l’indicazione della rispettiva quota di responsabilità, egli potrà opporsi all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., sia contestando tout court la qualità di “condomino”, sia eccependo di essere sì condomino, ma per una quota millesimale inferiore a quella presa a riferimento.

Le diverse declinazioni dell’onere della prova
A questo riguardo, infine, è utile sottolineare come la Sezione Lavoro operi una diversa declinazione dell’onere probatorio nelle due ipotesi appena richiamate. Nel primo caso, infatti, spetterà al creditore opposto, in quanto attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione, provare la qualità di “condomino” del debitore, in quanto si sarebbe in presenza di un fatto costitutivo della legittimazione passiva all’azione esecutiva del singolo condomino: la norma di riferimento è pertanto l’art. 2697, primo comma, c.c..
Nel secondo caso, invece, spetterebbe al condomino-debitore, che propone l’opposizione ma che è convenuto in senso sostanziale, provare l’esatta misura della quota, rappresentando tale circostanza un fatto modificativo o almeno parzialmente impeditivo della configurabilità della legittimazione passiva all’azione esecutiva del singolo condomino, ovvero dell’efficacia del titolo esecutivo per l’intero importo: l’onere, in tali ipotesi, spetta a chi eccepisce, ai sensi dell’art. 2697, secondo comma, c.c..

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