Condominio

Il supermercato risarcisce ai condomini il danno da rumore causato da condizionatori

di Giulio Benedetti

Non sempre è facile la convivenza tra i condòmini e le attività degli esercizi commerciali posti negli immobili vicini , e le relative questioni spesso originano procedimenti penali. È il caso trattato dalla Corte di Cassazione (sentenza 22459/2019) che ha valutato il caso trattato da una sentenza di un tribunale che condannava , per la contravvenzione dell'art. 659 c.p., il titolare di un supermercato il quale aveva installato ed utilizzato delle unità refrigeranti dotate di motori, i quali emettevano rumori di entità tale da disturbare il riposo e la quiete degli abitanti di immobili vicini all'esercizio commerciale.
La Corte di Cassazione annullava la condanna perchè il reato era prescritto, tuttavia rinviava i danneggiati al giudice civile per ottenere il risarcimento del danno da rumore. La Corte ravvisava la commissione del reato, poiché la condotta del titolare del supermercato, mediante l'installazione e l'esercizio di tale macchinario, obiettivamente disturbava la pubblica incolumità, in quanto esorbitava il suo normale esercizio, con condotte idonee a disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone. Invero il concetto di rumore eccedente la normale tollerabilità , ed idoneo a disturbare le occupazioni ed il riposo delle persone, è diverso dai massimali o dai differenziali di rumore il cui superamento integra l'illecito amministrativo previsto dall'art. 10 , secondo comma, della legge n. 447/1995.
Il reato dell'art. 659 c.p. tutela penalmente l'interesse statale alla salvaguardia dell'ordine pubblico , consistente nella tranquillità pubblica , ovvero quella condizione psicologica inerente all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale. Il bene giuridico protetto è offeso dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone , cagionato da rumori, intesi come suoni intensi e prolungati, di qualsiasi natura , atti a provocare il turbamento della tranquillità pubblica, o dagli schiamazzi.
L'attentato alla pubblica quiete richiede che le persone danneggiate risiedano non soltanto negli appartamenti attigui alla fonte rumorosa, ma anche negli immobili vicini e che la propagazione delle onde rumorose sia estesa ad una parte rilevante degli occupanti degli edifici , in modo da avere la diffusa attitudine offensiva ed un'idoneità a turbare la pubblica quiete, bene pubblico tutelato dalla norma penale.
La Corte afferma che la sentenza del Tribunale accertava che le fonti di rumore erano costituite in origine dall'attività commerciale ed in particolare , fin dall'inizio, dall'installazione dei frigoriferi esterni, rimossi nel settembre 2012, tuttavia anche dopo tale rimozione le emissioni rumorose non erano state neutralizzate , poiché nel novembre 2012 si accertò il superamento dei limiti per le emissioni sonore provenienti dai frigoriferi interni, i cui rumori vennero rimossi nell'aprile 2013. Tuttavia la Corte rilevava che la sentenza non motivava circa la diffusività del rumore, in quanto l'evento di disturbo deve essere potenzialmente idoneo ad essere sentito da un numero indeterminato di persone. Il fastidio non deve essere limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa o agli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante alla fonte rumorosa.
La sentenza del Tribunale afferma che il disturbo è stato percepito solo da due famiglie e che l'indicazione delle altre famiglie, che avrebbero riferito di subire le immissioni rumorose , è avvenuta senza neanche indicare la fonte dell'informazione.
La Corte di Cassazione, nell'affermare la prescrizione del reato , annullando la sentenza di condanna, ha rinviato il procedimento al giudice civile competente per valore affinché le parti offese possano fare valere le loro istanze risarcitorie. Invero il giudice di legittimità ha ritenuto che nel caso trattato ricorre il disposto dell'art. 185 c.p., per il quale ogni reato obbliga alle restituzioni ed al risarcimento del danno. La norma prevede che ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©