Condominio

Danni al garage sotto il cortile comune, quota spese anche per il danneggiato

di Paolo Accoti

I danni per le infiltrazioni subiti dal garage ubicato sotto il cortile vanno ripartiti tra tutti i condòmini, compreso il condòmino danneggiato, proprietario del box.
Premesso che, ai sensi dell'art. 2051 Cc, ciascuno e responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito, appare evidente che tale norma può senz'altro applicarsi anche al condominio, quale ente di gestione, che si trova in rapporto di custodia con le parti comuni dell'edificio, così come elencate dall'art. 1117 Cc.
Questo tipo di responsabilità è legata al potere di fatto sulla cosa, da intendersi quale potere di controllo sulla stessa e, conseguentemente, alla possibilità, o meglio, all'obbligo per il custode di eliminare i pericoli da essa derivanti.
Ai fini della risarcibilità del danno da cose in custodia e, in particolare, in merito al corretto riparto dell'onere della prova, il danneggiato deve dimostrare oltre al rapporto di custodia del condominio sul bene, anche il nesso causale fra la cosa in custodia e l'evento lesivo, in altri termini, il rapporto tra l'evento dannoso e la condotta omissiva o commissiva del condominio, mentre il condominio-custode, per andare esente da responsabilità è tenuto a provare l'esistenza di un fattore esterno imprevedibile ed eccezionale tale da interrompere il nesso di causalità e, pertanto, la dimostrazione del caso fortuito o della forza maggiore.
Fatta questa premessa di carattere generale, in caso di infiltrazioni d'acqua ai box insistenti nel sottosuolo provenienti dal cortile condominiale e, per la precisione, dal piano di calpestio del predetto cortile, tenuto al risarcimento risulterà senz'altro il condominio, quale custode del cortile ex art. 1117 Cc - salvo che il contrario non risulti dal titolo - e, pertanto, dei conseguenti danni saranno chiamati a rispondere tutti i singoli condòmini, ivi compresi i proprietari dei box danneggiati, in relazione ai rispettivi millesimi di proprietà.
Ciò in quanto in simili fattispecie, al cortile che funge anche da copertura per il locali sottostanti, per analogia si applica il disposto dell'art. 1125 Cc, rubricato «Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai», a mente del quale, le spese per la manutenzione e ricostruzione di tali beni comuni devono essere sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto, anche perché l'usura della pavimentazione del cortile viene determinata dall'utilizzo della stessa effettuato dalla collettività dei condòmini.
Va da sé che tale norma deve essere applicata anche in caso di risarcimento del danno da infiltrazioni provenienti dal cortile condominiale, in combinato disposto dall'art. 1123, II co., Cc («Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne».), pertanto, la relativa spesa deve essere ripartita tra tutti i condòmini che utilizzano il cortile - ivi compresi i proprietari dei box eventualmente danneggiati - in relazione ai rispettivi millesimi di proprietà.
Viceversa, al caso di specie, non risulta applicabile il successivo art. 1126 Cc («Lastrici solari di uso esclusivo - Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno».), in quanto, non è possibile semplicisticamente assimilare il cortile al lastrico solare, in considerazione del fatto che quest'ultimo assolve essenzialmente la funzione di copertura dell'edificio.
Questi i principi confermati dalla Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 14511, depositata in data 28 Maggio 2019 , con la quale la stessa ha respinto il ricorso del condominio relativo alla richiesta di risarcimento danni avanzata dal proprietario di un box - garage sottostante il piano di calpestio del cortile, in relazione alle infiltrazioni d'acqua dallo stesso provenienti.
Il condominio veniva condannato, sia in primo che in secondo grado, al risarcire quale custode del cortile il proprietario del locale sottostante, e le spese erano state poste a carico di tutti i condòmini, in ragione del valore delle singole proprietà, in virtù degli artt. 1125 e 1123, comma 2°, Cpc.
Nel ricorre dinnanzi al Suprema Corte il condominio, tra l'altro, eccepiva al contrario l'applicabilità dell'art. 1126 Cc.
La stessa, tuttavia, liquidava la questione affermando come «l'operatività (invocata nel caso di specie dal condominio ricorrente) del criterio di ripartizione ex art. 1126 cod. civ. (in luogo dell'operatività del criterio di cui al combinato disposto degli artt. 1125 e 1123, 2° co., cod. civ. affermata dai giudici di merito) delle somme dovute per il risarcimento dei danni prodottisi ai locali garages di proprietà del condomino (omissis) risulta a più ragioni preclusa».
Ciò perché «postulerebbe l'assimilazione tout court del cortile de quo al “lastrico solare”, assimilazione che in verità risulta del tutto ingiustificata: il “lastrico solare” assolve essenzialmente la funzione di copertura dell'edificio», ed inoltre perché, in ragione dei precedenti dello stesso Giudice di legittimità, «(nella specie di cui a Cass. 18194/2005, questa Corte, cassando sul punto la sentenza impugnata, aveva ritenuto che, nel caso sottoposto al suo esame, si era venuta a verificare una situazione sostanzialmente analoga a quella disciplinata dall'art. 1125 cod. civ., perché l'usura della pavimentazione del cortile era stata determinata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa veniva fatta dalla collettività dei condomini, per cui doveva trovare applicazione il principio “ubi eadem ratio, ibi eadem legis dispositio”)». (Sul punto cfr.: Cass. n. 12177/2017).

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