Condominio

Per impugnare la delibera condominiale ci deve essere un vero danno patrimoniale

di Rosario Dolce

L'impugnazione di una delibera assembleare, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1137 codice civile, deve essere sempre assistita da un “interesse ad agire”.
A confermare l'assunto è il contenuto della Sentenza del Tribunale di Vicenza, pubblicata in data 3 aprile 2019, n. 766 (G.I. Francesco Lamagna).
Il caso da cui prende spunto la controversia è il gravame mosso da un condòmino avverso una statuizione assunta dall'assise in tema di ripartizione delle spese tra i partecipanti al condominio, e, in particolare, in ragione della presunta violazione dell'articolo 1123 codice civile.
Il condòmino che agisce in giudizio si limita, tuttavia, a contestare la violazione dei criteri di suddivisione della spesa (o meglio delle stesse tabelle millesimali utilizzate nella fattispecie), senza però aver cura di definire il pregiudizio patrimoniale subito.
Ritenuto l'anzidetto, il giudice veneto ragiona su due orientamenti presenti in seno alla giurisprudenza di legittimità.
• Il primo afferma che “Il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale” (Cassazione civile, Sez. VI - II, 9.03.2017, ordinanza n. 6128). Ancora, in senso conforme, è stato dichiarato che “L'interesse ad impugnare la delibera condominiale deve essere concreto, dovendo concernere la posizione di vantaggio effettivo che dalla pronunzia di merito può derivare, e non solo astratto” (Cassazione civile, Sez. II, 1.12.2000, n. 15377).
• Il secondo, di senso contrario, stabilisce che “In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 cod. civ. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 cod. proc. civ. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni” (Cassazione civile, Sez. II, 10.02.2010, n. 2999; Cassazione civile, Sez. II, 25.08.2005, n. 17276).
La scelta del giudice di merito è ricaduta sul primo filone interpretativo: ritenuto, giacché maggioritario e, pertanto, ritenuto più convincente.
Viene argomentato in seno al provvedimento in commento che l'interesse ad agire, come costituito dal solo interesse all'accertamento di vizi formali, si pone in netta frizione con lo stesso articolo 100 c.p.c., il quale postula che lo stesso sia concreto, effettivo ed attuale.
In altri termini, “L'Assemblea condominiale può legittimamente deliberare di applicare una tabella millesimale, ancorché formata senza il consenso di tutti i condomini, per la ripartizione delle spese annuali di gestione e di manutenzione dei servizi comuni a titolo di acconto, restando al condomino assente o dissenziente di provare, in sede l'impugnazione, che tale deliberazione sia causa di pregiudizio concreto ed attuale nei suoi confronti” (Cassazione civile, Sez. II, 2.08.1990, n. 7731).
Quindi, in assenza della prova di tale interesse, l'impugnazione di una delibera assembleare, ancorché avvenuta a norma dell'articolo 1137 codice civile, si ha come non data e, pertanto, va respinta, come avvenuto nel caso in specie.

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