Condominio

Per gli animali da compagnia si allentano i vincoli nei condomìni

di Valeria Sibilio

Gli amanti degli animali possono stare tranquilli. A meno che non si tratti di una bestia pericolosa per l’incolumità dei vicini, nessuno può vietare i nostri amici in un condominio. Per lungo tempo, su questo tema, si sono disputate dispute e battaglie legali. Ora l’Italia ha adottato regole e normative, comuni in gran parte dell’Europa, mettendo fine a un principio anacronistico in rotta di collisione con le campagne di protezione animali attive da anni. Che si tratti di un gatto, un cane o un cardellino, è finita l’epoca in cui era ancora possibile leggere annunci di locazione o vendita che vietavano ai nuovi inquilini di portare con loro gli animali domestici. Con l’entrata in vigore, il 18 giugno 2013, della modifica alla legge 220/2012, il regolamento di un condominio non può porre dei limiti alle destinazioni d’uso delle unità di proprietà esclusiva, né vietare di detenere animali di compagnia.

Perciò, se il vostro amministratore condominiale o il proprietario del vostro appartamento sta cercando di imporvi il contrario, sappiate che stanno commettendo un atto illegale perché, secondo la legge, chi vieta ad un condòmino di avere un animale in casa, limita i sui diritti personali ed individuali. Già nel 1972 la seconda sezione della Corte di Cassazione aveva stabilito, con la sentenza n. 899, l’inesistenza di un divieto giuridico nel tenere cani in condominio, rendendo nullo qualsiasi regolamento condominiale che contenesse una norma contraria.

E se il condominio decidesse all’unanimità di non accettare animali negli appartamenti? Niente paura, potete tranquillamente appellarvi alla legge di riforma del condominio che ha introdotto, all’articolo 1138 del Codice civile, il comma che dice: «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici» (articolo 16 della legge 11.12.2012 n.220), per cui nessun divieto può essere contenuto nei regolamenti condominiali approvati dalla maggioranza dei partecipanti; lo ha ribadito il Tribunale di Cagliari con ordinanza del 22 luglio 2016. Una norma, quella del Codice civile, in sintonia con i principi europei per i quali l’Unione e gli Stati membri devono tenere «pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti».

Tuttavia, rimangono degli equivoci. Succede che utilizzando la definizione di “animali domestici”, il condominio dice sì al maiale (che è domestico) in salotto e no al criceto (che non lo è). Un’ambiguità che ha, di fatto, aumentato il pericolo di liti condominiali e i rischi di abbandono dell’animaletto che, con il coniglio, rappresenta il terzo animale più presente nelle case degli italiani con oltre 2 milioni di esemplari. Non esistendo un elenco ufficiale ed una terminologia legislativa che specifichi chi sia l’animale domestico, possiamo solo ricondurci a riferimenti normativi come la Convenzione Europea di Strasburgo del 13 novembre 1987 che definisce animale da compagnia ogni animale tenuto per suo diletto e compagnia; la legge n. 281 del 14 agosto 1991 che parla di animali di affezione e l’ Accordo del 6 febbraio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che disciplina il benessere degli animali da compagnia.

Se è tutto chiaro per ciò che riguarda il regolamento condominiale, diverso è il discorso delle case in affitto all’interno di un condominio, in quanto l’inquilino è assoggettato a una normativa diversa. Nel caso in cui venga stipulato un contratto di locazione, il proprietario può impedire al suo inquilino di introdurre all’interno della casa qualsiasi tipo di animale domestico, nonostante all’interno del condominio la loro presenza sia accettata. Un discorso non moralmente corretto, considerato che gli animali domestici sono considerati a tutti gli effetti dei membri della famiglia.

Certo, i nostri amici a quattro zampe, al pari degli esseri umani, hanno dei doveri da rispettare come le norme di igiene e del decoro urbano. Per il resto, sono liberi di gironzolare per gli spazi condominiali comuni ma senza sporcare, infastidire o intimorire i condòmini. Anche approfittare della comodità dell’ascensore (Tribunale di Cagliari, ordinanza del 22 luglio 2016 ). Eventuali contestazioni da parte di vicini intolleranti devono essere documentate con perizie che dimostrino la responsabilità dell’animale per deterioramenti, sporcizia o la possibilità che sia portatore di qualche malattia. Consigliabile, per evitare inutili polemiche, tenere il cane al guinzaglio o dotarlo di museruola quando si entra in ascensore o si utilizzano le scale.

Qualche vicino potrebbe, inoltre, lamentarsi per l’eventuale disturbo alla quiete pubblica causato dall’animale. Un disturbo che, per la legge, deve essere “corale”, ossia deve disturbare una pluralità di persone e non solo il vicino. La Cassazione ha specificato che, affinché ci sia reato, «è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone». Solo nel caso di disturbo notturno che impedisca il sonno, si rischia una multa o il pagamento di un risarcimento.

Guai, poi, a chi maltratta gli animali. Per le aggressioni è opportuno presentare una denuncia-querela per minaccia alle forze dell’ordine e se il vicino ricorre al bocconcino per sbarazzarsi del povero animale, rischia fino a 2 anni di reclusione in base al Testo Unico delle Leggi Sanitarie, che vieta la distribuzione di sostanze velenose in quanto potrebbero essere ingerite anche dai bambini.

In definitiva, porte aperte per i nostri amici a quattro zampe nei condomini. Un segno di civiltà e di umana comprensione nei confronti di coloro i quali, ogni giorno, ci insegnano cosa vuol dire amare.

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