Condominio

Il cane abbaia e sotto processo va il padrone

di Giulio Benedetti

Commette reato il condòmino che non impedisce l' abbaiare del suo cane ?
L'articolo 1138 del codice civile impedisce di inserire nel regolamento il divieto di possedere o di detenere animali domestici, ma spesso la convivenza all'interno dei condomini non è facile e molte controversie riguardano il prolungato , e non impedito dai padroni , abbaiare dei cani, anche in tempo di notte.
In materia la giurisprudenza riconosce la responsabilità penale del padrone , ai sensi dell'art. 659, primo comma, c.p. , se non regola gli strepiti del suo cane e se il rumore disturba una numero imprecisato di persone , mentre afferma che sussiste la sola responsabilità civile , ex art. 844 c.c., se le emissioni rumorose superano il livello di normale tollerabilità , se lo stesso danneggia una sola persona.
Tale è la linea interpretativa della Corte di Cassazione (sent. n. 17811/2019) che ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna di un proprietario, il quale non aveva impedito l'abbaiare ed ululare dei suoi cani in ogni ora del giorno e della notte , sopratutto quando venivano lasciati soli. Nel caso trattato una sola condòmina, abitante nel piano di sotto, si era lamentata del rumore prodotto dai cani e il giudice non aveva accertato che altri condòmini fossero stati parimenti disturbati.
La sentenza richiama la sua precedente giurisprudenza per cui, per la configurabilità del reato, non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone , essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare un disturbo ad un gruppo indeterminato di persone , anche se raccolte in un ambito ristretto, rappresentato dal condominio.
Nel condominio è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione , ma anche di un più consistente parte degli occupanti dell'edificio.
La Corte di Cassazione (sent. n. 5800/2019) ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che era stato condannato , in quanto non impediva, all'interno di un condominio, il continuo abbaiare, diurno e notturno, di un cane di grossa taglia, in quanto recava disturbo a quasi tutti i condomini ed ai soggetti abitanti negli immobili vicini. Invero gli abitanti della zona , in cui insisteva il condominio ospitante il cane molesto, avevano, in più occasioni, richiesto l'intervento della polizia municipale, provocandone numerosi accessi all'interno del condominio , al fine di porre fine allo stillicidio dei latrati.
A tal riguardo il giudice, per graduare la pena irrogata , enunciava la massima di esperienza relativa alla notevole diffusività nello spazio dell'abbaiare di un cane di grossa taglia, e sottolineava il ripetersi delle molestie e la noncuranza con la quale l'imputato aveva reagito ai richiami della polizia municipale. La sentenza n. 30643/2018 ha assolto i proprietari di un cane , di media taglia, lasciato sul balcone ad abbaiare di notte e che creava , in tal modo , disturbo agli occupanti del piano superiore.
La Corte di Cassazione escludeva la sussistenza del reato perchè solo la parte offesa si era lamentata dell'abbaiare del cane , poiché le finestre delle sue camere da letto si affacciavano direttamente sulla terrazza dove stava il cane , mentre nessun altro condomino si era lamentato del rumore. A tal riguardo il giudice riteneva , immotivatamente , che gli altri condòmini fossero reticenti e avessero effettuato degli aggiustamenti nelle loro deposizioni al fine di escludere la diffusività dei rumori.
Sul punto la Corte di Cassazione affermava che la sentenza non avesse adeguatamente motivato la sussistenza del reato contestato per il superamento della normale tollerabilità riferita a più persone.
La sentenza n. 47719/2018 ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'imputata che era stato condannata per il reato dell'art. 659 c.p. in quanto aveva disturbato le occupazioni e la quiete dei condomini, mediante schiamazzi , urli e fischi , emessi con viva voce anche in tempo di notte. Infatti i rumori interessavano più persone poichè la condotta dell'imputata era finalizzata a fischiare ed a gridare il nome dei proprietari dei cani che abbaiavano in tempo di notte. La Corte di Cassazione affermava la sussistenza del reato allorquando il giudice , con una valutazione sottratta al giudice di legittimità, accerti l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone. Quindi il giudice per accertare l'esistenza del rumore non è tenuto a basarsi esclusivamente su una consulenza tecnica , ma può fondare la propria decisione su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno idoneo ad arrecare oggettivamente disturbo alla pubblica quiete, ovvero in danno di più persone. Nel caso trattato l'intensità delle emissioni sonore prodotte dall'imputata veniva determinata dal giudice mediante la deposizione dei condòmini testimoni , i quali riferivano di non riuscire a seguire i programmi televisivi . Giulio Benedetti

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