Condominio

Immissioni moleste, per provarle bastano le testimonianze

di Giulio Benedetti

L'art. 674 c.p. punisce l'emissione di gas o di vapori che siano molesti per le persone e tale ipotesi ricorre spesso nei condomini, i quali non sempre convivono pacificamente con gli esercizi industriali o commerciali e con i fumi combusti da loro prodotti. La Corte di Cassazione (sentenza 18592/2019) ha dichiarato inammissibile il ricorso avvero una sentenza che aveva condannato (anche al risarcimento dei danni) l'esercente di un'impresa metallurgica le cui emissioni di gas e di fumi maleodoranti , nei casi non consentiti dalla legge, molestavano le persone abitanti nei condomini vicini.
In particolare il condannato collocava sul piazzale dell'impresa un grosso contenitore di metallo in cui inseriva dei pezzi di legno trattati , consistenti in spezzoni di pannelli di compensato, a cui appiccava fuoco e provocava emissioni di fumo le quali si propagavano , dal piazzale della società, ai condomini adiacenti. Il ricorrente lamentava che la sentenza era stata emessa sulla base delle deposizioni dei condòmini molestati e che pertanto la stessa si basava solo su delle impressioni soggettive. Inoltre il ricorrente lamentava il difetto di motivazione della sentenza, sotto il profilo della sua carente oggettività, poiché il reato non era stato accertato dagli agenti della polizia locale e, quindi ricorreva soltanto il divieto della norma civilistica (art. 844 c.c.) che vieta l'immissione di odori molesti tra i fondi confinanti. La Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso (e condannava il ricorrente al pagamento della somma di euro duemila alla cassa delle ammende) poiché era basato su critiche di fatto non valutabili dal giudice di legittimità. La Corte richiamava la propria giurisprudenza per cui le emissioni olfattive , per le quali non vi sono specifici valori – limite, occorre fare riferimento al criterio della normale tollerabilità, richiamato dall'art. 844 c.c.. Pertanto se manca la possibilità di accertare con adeguati strumenti l'intensità delle immissioni , il giudizio sulla esistenza e della loro non tollerabilità può basarsi sulle dichiarazioni dei testimoni , se a diretta conoscenza dei fatti e sempre se le deposizioni non si risolvano in valutazioni soggettive o in giudizi tecnici non qualificati. Per fondare l' affermazione della responsabilità penale occorre che le dichiarazioni testimoniali provengano dai soggetti direttamente offesi e che riferiscano quanto dagli stessi percepito . La Corte afferma che a tale principio si è attenuto il Tribunale, il quale ha emesso la sentenza di condanna basata sulle dichiarazioni dei condòmini offesi ed ha rilevato che le loro deposizioni erano circostanziate , tra loro sovrapponibili e suffragate dalle segnalazioni inviate alle autorità competenti. Infine la Corte di Cassazione non attribuiva alcun rilevo a quanto affermato dal ricorrente, per affermare l'attitudine alla molestia, circa la diversa quantificazione dell'acredine dei fumi, riferita dai testimoni , in quanto la predetta emissione era stata comunque provocata fuori dai casi consentiti dalla legge

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