Condominio

Le anticipazioni dell’amministratore vanno rese se il consuntivo è stato approvato

di Luigi Salciarini

I giudici tornano su una questione che spesso è oggetto di contenzioso e riguarda il rapporto tra l'amministratore “uscente” e il condominio.
Accade di sovente che l'amministratore che lascia l'incarico (a prescindere dalle ragioni che determinano l'interruzione del rapporto) avanzi la pretesa di ricevere il pagamento del compenso maturato durante il periodo in cui l'amministrazione dell'edificio gli era affidata, nonché il rimborso delle “anticipazioni” che ha dovuto effettuare per consentire (ai condomini non in regola con i pagamenti e che col loro inadempimento non hanno consentito il formarsi della necessaria “cassa” condominiale) di continuare ad usufruire dei servizi necessari all'abitabilità dello stabile (si pensi alla fornitura dell'acqua corrente, a quella dell'energia elettrica per il funzionamento dell'ascensore, o ancora a quella del combustibile per l'impianto del riscaldamento). In tale contesto, il Tribunale di Brindisi (nella recente sentenza n. 608 pubblicata l'11 aprile 2019) ha affrontato la problematica della prova del credito dell'amministratore affermando che la delibera assembleare che ha approvato il bilancio consuntivo del condominio ha valore di “riconoscimento di debito” qualora si riferisca ad una rendicontazione redatta secondo i principi di cui agli artt. 263 e 264 c.p.c.
Tali norme, in particolare, precisano alcuni necessari requisiti per tale redazione che consistono, sostanzialmente, nella produzione dei c.d. ”documenti giustificativi” (art. 263 c.p.c.) e nella specificazione delle singole “partite” del rendiconto medesimo (art. 264 c.p.c.).
Con riferimento al primo di tali requisiti, la giurisprudenza sull'art. 263 c.p.c. ritiene necessario fornire la prova attraverso i corrispondenti documenti giustificativi (le c.d. “pezze d'appoggio”), attestanti non soltanto l'entità e la causa delle somme incassate e degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto tesi a dimostrare il corretto svolgimento dell'incarico e, in particolare, se esso sia stato improntato a criteri di buona fede (cfr., tra le ultime, Cass. 14 novembre 2012, n. 19991). Il mancato supporto dei documenti giustificativi determina, inevitabilmente, la conseguenza di dover qualificare il rendiconto come inattendibile e inefficace in quanto costituiscono il presupposto per qualsiasi controllo di veridicità del documento contabile (cfr. Cass. 2 dicembre 2009, n. 25349 per la quale la mancata produzione dei documenti giustificativi equivale all'omessa presentazione dello stesso).
Non va dimenticato, in ogni caso, che la “riforma” del condominio (di cui alla legge n. 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013) è intervenuta in materia (col nuovo art. 1130 bis c.c.) adottando, relativamente alla tenuta della contabilità e alla redazione del rendiconto annuale una regolamentazione assai specifica che risulta ben più stringente di quella prevista dal codice di procedura civile.
L'orientamento espresso dalla sentenza di merito in commento si collega ad una precedente pronuncia di legittimità secondo cui il credito dell'amministratore di condominio per le anticipazioni delle spese da lui sostenute non può ritenersi provato in mancanza di una regolare contabilità che, sebbene non debba redigersi con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, deve, però, essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, così da rendere possibile l'approvazione da parte dell'assemblea condominiale del rendiconto consuntivo (Cass. 14 febbraio 2017, n. 3892).
Dal punto di vista sistematico, va considerato che la natura di “atto di riconoscimento di debito” attribuita dal Tribunale pugliese alla delibera di approvazione del bilancio va collegata al “soggetto” che emette detto riconoscimento e che va individuato esclusivamente nel “condominio” (e non nei singoli condomini), nella misura in cui la deliberazione dell'assemblea costituisce, specificamente, l'atto di manifestazione di volontà dell' “ente”, il quale, appunto, esprime il suo “volere” con tale modalità e attraverso lo specifico procedimento.
Ciò comporta che i singoli condomini (dissenzienti, assenti e astenuti) possono sempre mettere in discussione l'approvazione assembleare mediante l'esercizio della facoltà di impugnazione ex art. 1137 c.c.; per di più, va anche tenuto presente che la citata “riforma” ha previsto (sempre con l'art. 1130 bis c.c.) l'eventualità di una “revisione” della contabilità condominiale, anche “per più annualità specificamente identificate”.
E' evidente che sia l'impugnazione, sia la “revisione” della contabilità sono in grado di rimettere in discussione l'avvenuta approvazione assembleare del rendiconto e quindi, anche, il “riconoscimento del debito” nei confronti dell'amministratore.

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