Condominio

La porta-finestra non crea una servitù di passaggio

di Luana Tagliolini

La presenza di una porta o di una porta-finestra non implica anche l'esistenza di una servitù di passaggio, ben potendo essa adempiere anche alla diversa funzione di fornire aria e luce all'immobile.
Il principio è stato applicato dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 5737/2019) alla fattispecie riguardante i proprietari di alcune villette che, per accordo effettuato in sede di compravendita, avevano ceduto quattro metri per l'intera lunghezza di ogni singolo fondo, al fine di ricavare una strada privata che servisse tutti i fondi interclusi ponendoli in comunicazione con la strada comunale.
Gli stessi convenivano in giudizio i proprietari di una villetta confinante perché, da alcuni mesi, facevano un illegale uso della strada (vi sostavano le proprie autovetture, minacciavano richieste di diritti, passi carrabili e pedonali, ecc.).
Gli attori, con l'azione negatoria (articolo 949 codice civile), volevano che il giudice dichiarasse che nessun diritto i convenuti vantavano sulla strada per cui era causa e che facesse cessare tutti gli abusi o gli usi impropri, dal momento che i confinanti, a differenza degli attori, non avevano ceduto (anche perché non era contrattualmente previsto) la benché minima parte del fondo di loro proprietà per la realizzazione della traversa privata sopra indicata, né avevano partecipato alla realizzazione del relativo manto d'asfalto e della fognatura.
I convenuti si erano costituiti in giudizio e avevano eccepito, tra l'altro, di avere usato la strada per la sosta da circa vent'anni senza alcuna contestazione e che il diritto di apertura di porte e finestre sulla strada di cui è causa riconosciuto nell'atto di vendita implicava anche il riconoscimento del diritto di passaggio.
Il tribunale rigettava la domanda proposta dagli attori sul rilievo che gli stessi non avevano dimostrato di essere gli esclusivi proprietari della strada mentre la Corte di merito accoglieva l'appello proposto dagli attori affermando che gli appellati non avevano alcun diritto sulla strada e ordinava loro, in particolare, di non farne uso, né pedonale, né carrabile, e di astenersi dal parcheggiare in detta strada le proprie auto.
Per la Corte, infatti, nell'atto di compravendita con la quale nel 1969 i ricorrenti avevano acquistato l'immobile, risultava delimitato - quest'ultimo - esclusivamente dagli indicati mille metri quadrati e <<il riferimento alla cd. “creanda strada” non era altro che un elemento volto ad identificare i confini perimetrali del fondo alienato ed, in particolare, il confine nord, senza rinvenire nell'atto alcun riferimento a diritti sulla strada>>.
Condivideva, quindi, la conclusione cui era giunto il consulente tecnico d'ufficio per il quale il diritto di apertura di porte e finestre sulla prima traversa privata, pur trasferito ai coniugi, non significava che erano stati concessi agli stessi anche i diritti di accesso e di transito sulla strada.
Inoltrato il ricorso, la Corte di Cassazione nel condividere le deduzioni della corte di merito ha ulteriormente precisato che << in materia di diritti reali di godimento, pur potendo il requisito della utilitas consistere, al fine della ricorrenza di una servitù prediale, in una destinazione del fondo servente a mera comodità od amenità del fondo dominante ovvero al soddisfacimento di bisogni sporadici del medesimo, la presenza di una porta o di una porta-finestra non è inequivoca al fine di dimostrare una servitù di passaggio, ben potendo essa adempiere anche alla diversa funzione di fornire aria e luce all'immobile>>.
Per i suddetti motivi rigettava il ricorso.

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