Condominio

Banche e privacy, come vanno trattati i dati dei condòmini?

di Federica Riccardi e Ivano Rossi

La tematica della privacy in condominio è un tema a cui le persone sono sempre più sensibili. Sebbene da un lato il GDPR abbia messo in atto una maggiore cautela nel trattamento dei dati dei condòmini, è vero anche che dall'altro lato sono andati a definirsi meglio gli ambiti in cui il rilascio delle informazioni sulla compagine condominiale si è reso obbligatorio.
In un clima di cambiamento e ridefinizione della normativa molti condòmini hanno scritto alle associazioni di consumatori per capire meglio come funziona la gestione di tali informazioni.
Caso particolare è quello delle informazioni richieste dagli istituti di credito agli amministratori che, volendo aprire un conto corrente dedicato al condomino hanno avuto richiesta di fornire le specifiche sui singoli proprietari della compagine condominiale.
Data la delicatezza dell'argomento, Garante Condominio ha intervistato il Dott.Ivano Rossi, CEO di Rokler Management esperto in materia di GDPR, CEO di Rokler Management nello specifico di Privacy in Condominio.
Gli istituti di credito stanno chiedendo sempre più spesso informazioni circa la compagine condominiale del condominio per cui l'amministratore chiede di aprire un conto corrente dedicato. Come mai ciò accade?
Prima del 18 giugno 2013, data in cui è entrata in vigore la L. 220/2012, alcuni condomìni non erano ancora titolari di un rapporto bancario e le quote condominiali transitavano sul conto corrente intestato all'amministratore e spesso gli incassi in contanti non venivano subito versati ma utilizzati per il pagamento di servizi e/o forniture.
Tutto questo è venuto meno, salvo sporadici casi.
Quello che sta avvenendo ora, è che gli istituti di credito nel momento in cui accendono o intrattengono un rapporto di conto corrente con il condominio, non si limitano più ad accertarsi dell'identità dell'amministratore che lo rappresenta ma chiedono anche evidenza della composizione della compagine condominiale con produzione del registro dell'anagrafica e della caratura millesimale delle varie unità immobiliari.
Questo discende da un obbligo di legge ed esattamente dal D.Lgs 90/2017 che ha modificato il D.Lgs 231/2007, legge sull'antiriciclaggio, dal quale si evince che occorre chiedere informazioni e documenti che “consentano di ricostruire con ragionevole attendibilità l'assetto proprietario e di controllo del cliente”.
Pertanto, l'intermediario può non limitarsi ad identificare l'amministratore ma può chiedere l'identificazione del titolare effettivo in tutti i casi in cui il cliente, condominio, sia diverso da persona fisica. Non essendo il condominio un soggetto giuridico, esso viene riconosciuto come entità che costituisce un“centro autonomo di imputazione di diritti”.
Quindi l'individuazione del titolare effettivo a cui è attribuibile la proprietà diretta o indiretta è, nel nostro caso, il condòmino stesso. Questo è il motivo per il quale, alcuni intermediari finanziari chiedono all'amministratore di condominio il registro dell'anagrafica e le carature millesimali.
Quindi il registro dell'anagrafica condominiale introdotto con la L. 220/2012 acquisisce un ulteriore valore rispetto a quello dei soli fini di gestione del condominio?
Certamente. E' fondamentale avere un registro sempre aggiornato e corrispondente alla reale proprietà degli immobili. Come abbiamo visto esso contiene informazioni utili oltre che alle attività condominiali anche per poter rispondere a normative cogenti a favori di terzi.
Come possono e devono essere tutelati i dati del registro anagrafica condominiale?
Innanzitutto i dati personali contenuti all'interno del registro dell'anagrafica condominiale sono dati di pubblico dominio. Ricordo che i dati come cognome e nome, codice fiscale e dati catastali dell'immobile sono pubblici e rilevabili da una semplice visura catastale o presso l'accesso alla conservatoria. Il loro trattamento deriva da un obbligo di legge al quale il diretto interessato, proprietario dell'immobile, non può sottrarsi.
All'interno del condominio, inoltre, tra condomini non può essere invocato il diritto alla riservatezza limitando l'uso e la comunicazione di detti dati personali.
Come interviene il GDPR su questo aspetto delicato?
Il Regolamento UE 2016/679, conosciuto anche come GDPR, entra prepotentemente con i suoi principi sul trattamento dei dati personali anche in ambito condominiale.
E' il caso di richiamare l'articolo 5 paragrafo 1 lett. c): i dati devono essere adeguati, pertinenti e limitati rispetto alle finalità perseguite (principio di minimizzazione dei dati); e d) i dati devono essere esatti e aggiornati (principio di esattezza). In base a questi due principi l'amministratore, quale rappresentante legale del Titolare del trattamento dei dati, dovrà preoccuparsi di verificare periodicamente la correttezza e l'esattezza dei dati personali dei condomini, oltre che per il rispetto della normativa privacy, anche per evitare possibili richieste di risarcimento danni derivanti dall'utilizzo di informazioni non corrette.
Basti pensare alla mancata convocazione di un comproprietario di un immobile, all'attribuzione di un beneficio fiscale a un soggetto diverso dal reale beneficiario, erronee richieste di pagamento a soggetti non titolati. Questi errori, dovuti a una mancata verifica iniziale e periodica dei dati personali potrebbero, come nei casi riportati, far trovare l'amministratore in una situazione scomoda dovendo rispondere a un preciso mancato adempimento normativo.
Avendo l'amministratore una pluralità di soggetti a cui fa capo e con diverse incombenze, come potrebbe adempiere a quanto richiamato dal GDPR senza paralizzare la sua attività?
Sicuramente l'adozione di procedure e modelli che dimostrino l'accountability al GDPR. Una di queste è chiedere conferma almeno annualmente della correttezza dei dati presenti all'interno del registro dell'anagrafica condominiale attraverso l'invio di email specifiche o richiamando l'argomento nell'assemblea ordinaria.

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