Condominio

Lo scarico comune è a carico del condominio

di Valeria Sibilio


Per definire, nella promiscuità dell'universo condominiale, quali di esso possano essere identificate come parti comuni, occorre verificare quelle frazioni, dell'edificio, di proprietà di tutti e che posseggano una valenza utile od indispensabile all'esistenza stessa del condominio. La sentenza 29 del 2019 del tribunale di Taranto ha affrontato diversi aspetti per valutarne la proprietà esclusiva o comune esaminando un caso in cui una condòmina conveniva in giudizio il Condominio per impugnare, chiedendone l'annullabilità, la delibera assembleare del 19/2/2011 nelle parti in cui aveva approvato il bilancio consuntivo dell'anno 2009 e dove aveva ripartito la spesa di rifacimento di un tratto fognario, lamentandone l'invalidità per aver posto a carico del Condominio i lavori di riparazione del lastrico di copertura di un locale adibito a riunioni assembleari ma di proprietà della condòmina. Inoltre, in tale delibera, era stata approvata la spesa per informativa privacy che, in realtà, rientrava nelle normali mansioni dell'amministratore, ed era stata posta a carico di una sola palazzina la spesa di riparazione di un tratto fognario che, per regolamento comune, rientrava nei beni di proprietà comune a tutte le palazzine appartenenti al complesso edilizio.
Il Condominio convenuto si costituiva proponendo la richiesta di rigetto dell'impugnazione con ricorso - anziché con citazione - depositato
oltre il termine di trenta giorni decorrente dalla data della delibera. Una mancata tempestività che non presuppone la decadenza dell'impugnazione in quanto i motivi che denunciano vizi di nullità, per oggetto impossibile od illecito, per esorbitanza dalle competenze assembleari o per incidenza sui diritti individuali dei singoli condomini possono essere fatti valere in qualsiasi tempo. Il motivo in questione con cui si lamenta che siano state poste a carico dei condomini spese inerenti a bene che non sarebbe di proprietà comune configura un vizio di nullità in quanto si denuncia che l'assemblea avrebbe deliberato al di fuori dei suoi poteri decidendo e ripartendo spese relative a beni di terzi estranei al condominio. Un motivo, ammissibile in quanto non soggetto al termine decadenziale ma giudicato, dal Tribunale, infondato in quanto per stabilire la natura condominiale di determinati beni, non compresi nell'elenco di cui all'art. 117 c.c., occorre stabilire se essi siano o meno destinati all'uso comune che pur contemplando una elencazione di beni, non prevede ipotesi tassative. La presunzione di condominialità di beni diversi da quelli elencati dall'art. 1117 c.c., sussiste per il fatto della effettiva destinazione di detti beni a soddisfare esigenze condominiali. Questi principi in materia di condominio si applicano anche nella ipotesi in cui sia una cooperativa edilizia a realizzare un complesso residenziale e provveda, poi, alla successiva assegnazione delle singole unità ai soci poiché anche in tale fattispecie, con il trasferimento in proprietà individuale di singole unità immobiliari, si trasferisce anche la proprietà comune su beni che siano funzionalmente destinati a soddisfare esigenze comuni a tutti gli assegnatari.
La natura condominiale della proprietà dei beni destinati a soddisfare esigenze comuni a tutti i condomini può essere esclusa solo da un titolo contrario che riservi la proprietà esclusiva all'originario proprietario. A tal fine occorre che nel primo atto di alienazione, attraverso cui si costituisce il condominio di edifici in quanto l'originario proprietario perde la proprietà esclusiva del complesso edilizio attraverso l'alienazione ad un terzo di una singola unità immobiliare, il venditore si riservi la proprietà di determinati beni che, altrimenti, sarebbero di natura condominiale per la loro destinazione a vantaggio dell'intero complesso edilizio, come nel caso in specie. Inoltre, non coincidevano né la particella riportata nel regolamento con quella che identificava il locale in questione, né le descrizioni dei due beni. La riserva riportata nel regolamento condominiale, per escludere la natura comune del locale riunioni, avrebbe dovuto essere riportata nel rogito di vendita con cui era stata alienata la prima unità immobiliare del complesso di cui fa parte la proprietà del ricorrente. Non essendo stato prodotto questo primo atto di alienazione non sussisteva prova di un titolo idoneo a superare la presunzione di condominialità del locale adibito a riunioni dell'assemblea condominiale.
Non contenendo una clausola di chiusura che preveda l'applicazione delle norme in materia di condominio, iI regolamento non derogava ai principi applicati per l'individuazione dei beni comuni a tutti i condòmini. Correttamente, quindi, la spesa di riparazione del lastrico era stata posta a carico dei condòmini.
L'attore è stato, invece dichiarato decaduto dalla impugnazione, per violazione del termine di cui all'art. 1137c.c., relativamente al punto con cui l'assemblea aveva approvato la spesa per costi legati al rispetto della normativa sul trattamento dei dati sensibili. Non ricorrendo nullità di tale delibera, ma solo contestazione della necessità della spesa che secondo il ricorrente rientrerebbe in quella già prevista per compenso amministratore, vi sarebbe un vizio di eventuale annullabilità, tuttavia non fatto valere nel termine decadenziale.
Anche con una tempestiva impugnazione della delibera, sarebbe stata da escludere una sua annullabilità, in quanto la decisione dell'assemblea di commissionare ad un soggetto terzo le attività necessarie al rispetto delle norme sul trattamento dei dati sensibili personali dei singoli condòmini, rientrava nei poteri insindacabili di scelta discrezionale riservati all'organo deliberativo ed il motivo di impugnazione si limitava a contestare il merito di tale decisione senza implicare alcuna violazione di norme di legge o di statuto. Una decisione non irragionevole, considerata la previsione di gravi sanzioni pecuniarie in caso di inosservanza della normativa sulla privacy. Il motivo, con cui si denuncia violazione dei criteri di riparto previsti nel regolamento condominiale, pur implicando, in astratto, vizio di nullità, con conseguente inapplicabilità del termine decadenziale, è stato giudicato infondato. II regolamento condominiale va interpretato coordinando il contenuto delle varie disposizioni che si riferiscono al medesimo argomento e tenendo presenti i principi di ripartizione delle spese comuni. Il regolamento prevede che sono comuni a tutti i fabbricati i tratti fognari dalle immissioni dei fabbricati e fino al collegamento con la fogna comunale. Tale norma del regolamento va interpretata nel senso che è di proprietà comune a tutto il complesso edilizio il solo tratto di fogna che va dal punto di recapito in esso dei liquami provenienti dai singoli fabbricati e fino al punto di recapito di tutti i liquami del complesso nella fogna comunale. Inoltre, sono di proprietà di ogni singolo fabbricato le canalizzazioni per acque nere fino alla intersezione con la fogna comune a tutto il complesso. Tale interpretazione del regolamento condominiale è conforme a quanto la legge prevede, per individuare la distinzione tra proprietà individuali e proprietà comune, laddove stabilisce che la prima cessa in corrispondenza delle diramazioni verso le seconde. Applicandosi tale principio generale alla ripartizione delle spese di manutenzione, il Tribunale ha concluso che le spese di manutenzione del tronco fognario dal fabbricato fino alla diramazione nella fogna comune fossero a carico dei proprietari del singolo fabbricato.
Il Tribunale di Taranto ha, perciò, rigettato le domande proposte dall'attore, condannandolo alla rifusione delle spese di lite in favore del Condominio, liquidate in euro 2.430,00 per compensi, oltre IVA, Cap e rimborso spese generali in misura di legge.

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