Condominio

Animale aggressivo in condominio, la «riparazione» non preclude il risarcimento

di Valeria Sibilio

Prendersi cura di un animale rappresenta uno degli aspetti più onorevoli e gratificanti per lo spirito umano. All'interno dell'universo condominiale numerosi nuclei familiari condividono la loro esistenza con un amico a quattro zampe. Ciò comporta doveri nei confronti dell'animale e degli altri condòmini, adottando misure precauzionali dettate dalle norme e dal buon senso per evitare che il nostro amico possa arrecare danni a terzi.
La Cassazione, nella sentenza 7655 del 2019 , ha chiarito alcuni aspetti su questo tema esaminando un caso generato dalla sentenza con la quale il Giudice di Pace di Napoli dichiarava estinto il reato di lesioni personali colpose contestato al proprietario di un cane per avere colposamente provocato lesioni ad una condòmina omettendo di custodire adeguatamente il proprio cane che aggrediva la donna. Tale decisione era fondata sul fatto che il condòmino aveva provveduto, dopo un infruttuoso tentativo di conciliazione, alla riparazione del danno mediante consegna, alla persona offesa, di un assegno dell'importo di euro 1.500,00, accompagnato da una lettera di scuse. Ciò, in mancanza di permanenti conseguenze dannose o pericolose del reato, era ritenuto, dal giudice, un risarcimento sufficiente e soddisfacente, indipendentemente dal positivo apprezzamento della persona offesa.
Contro tale sentenza quest'ultima ricorreva in Cassazione, articolando il ricorso in due motivi. Nel primo affermava che la condotta riparatoria era avvenuta oltre il termine indicato come perentorio ai fini della sua tempestività. Con il secondo motivo, lamenta vizio di motivazione in relazione alla statuizione del Giudice di pace con la quale era stata ritenuta congrua la condotta riparatoria, in assenza di un percorso argomentativo nella sentenza impugnata.
Ricorso giudicato, dagli ermellini, inammissibile, per carenza d'interesse. Nella questione dell'impugnabilità a fini civili delle sentenze di proscioglimento per condotta riparatoria, non sussiste l'interesse per la parte civile ad impugnare la sentenza emessa, in quanto tale pronuncia, limitandosi ad accertare la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell'estinzione del reato, non riveste autorità di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno e non produce alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile. Una decisione che si fonda sulla considerazione che l'unica ipotesi nella quale possono dirsi pregiudicate le pretese risarcitorie della parte civile é costituita dalla pronuncia assolutoria.
La peculiarità del caso di specie stava nel fatto che, come dedotto dal ricorrente, la pronunzia di proscioglimento per condotta riparatoria non era intervenuta alla prima udienza di comparizione, ma dopo alcune udienze di rinvio, sempre in fase predibattimentale. Il principio in base al quale la parte civile non può impugnare ai fini civili la sentenza di proscioglimento per condotta riparatoria va correlato non alle modalità dell'accertamento attraverso il quale la riparazione sia stata ritenuta congrua e satisfattiva, ma all'insuscettibilità di tale pronunzia di formare giudicato con efficacia in sede extrapenale. Inoltre, non assumerebbe rilievo, ai fini dell'accoglimento del ricorso, neppure l'eventualità che il Giudice di pace avesse fondato il proprio convincimento sulla base di accertamenti ulteriori rispetto a quelli in esito. Non sussiste, altresì, il vizio di motivazione, denunciato con il secondo motivo, in quanto il giudicante, valutando soddisfacente la somma versata a titolo di riparazione, rispetto alle esigenze di riprovazione e di prevenzione dal commettere in futuro analoghe condotte, aveva argomentato la sua decisone sulla base del comportamento dimostrato dall'imputato e all'assenza di conseguenze dannose o pericolose permanenti al momento della suddetta condotta.
La Corte ha, perciò, dichiarato inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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