Condominio

Rumori molesti, è un reato o no?

di Ezio Rendina

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (la n.349 del 7 gennaio 2019) consente di dipanare la problematica relativa alla depenalizzazione del reato di superamento delle emissioni sonore. Occorre quindi fare una breve sintesi del quadro normativo via via creatosi in materia. Prima che fossero pubblicate le leggi sull'inquinamento acustico, a partire dal D.P.C.M. 1/3/91, gli strumenti utilizzabili in Italia per la tutela della popolazione dall'inquinamento acustico erano l'art.659 del codice penale (C.P.) e l'art.844 del codice civile riportati nei riquadri qui sotto.
Con l'entrata in vigore di nuove leggi (in particolare la legge quadro n.447/95, recentemente modificata dal D.L. n.42 del 04/04/2017, i suoi decreti attuativi, e legislazione regionale in merito) si è configurata una sanzione amministrativa per la maggior parte dei reati citati nell'art. 659 del C.P. Infatti in art. 10 della legge 447/95, qui riportato avendo recepito le modifiche di cui al D.L. 42/2017, si hanno i primi tre commi di interesse. Il comma 1 recita così: “Fatto salvo quanto previsto dall'art. 650 del codice penale, chiunque non ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente ai sensi dell'art. 9, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da €2.000 a €20.000“. In questo caso, quindi, è confermato l'illecito penale di chi non rispetta i provvedimenti dell'Autorità Competente ma si aggiunge una sanzione amministrativa.
Il comma 2 recita così: “Chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite (omissis) è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da €1.000 a €10.000”. Pertanto qui si ha una depenalizzazione di una parte di quanto previsto dall'art. 659 del C.P.
Il comma 3 recita così: “La violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all'art. 11 e delle disposizioni dettate in applicazione della presente legge dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da €500 a €20.000”. In questo caso, quindi, è depenalizzato il reato di chi non rispetta i regolamenti di esecuzione e le disposizioni adottate dagli Enti Amministrativi.
Quindi, a parere dello scrivente, cosa resta ancora inquadrato come illecito penale? L'unico caso che non è trattato dal quadro normativo vigente è quello descritto dal primo comma dell'art. 659 del C.P.: il disturbo della pubblica quiete cagionato dal comportamento di individui o gruppi di individui che “mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici”.
Tutti gli altri casi sono trattati dalla normativa vigente: il secondo comma dell'art. 659 riguarda il disturbo arrecato dalle attività rumorose, industriali o professionali, largamente trattate dalla normativa vigente, così come le immissioni rumorose a cui si riferisce l'art.844 del codice civile.
Tornando alla sentenza della Corte di Cassazione n.349 del 7 gennaio 2019, questa si inserisce perfettamente nel filone logico qui sopra descritto; infatti, nel caso di specie, il titolare di un pubblico esercizio è stato condannato penalmente per le emissioni rumorose ai sensi dell'art.659 del C.P. poiché ha posto in essere una condotta mirata a turbare la quiete pubblica violando le disposizioni di legge o dell'Autorità che regolano l'attività e che siano diverse da quelle relative ai valori limite alle emissioni sonore di cui alle legge 447/95. Quindi le emissioni sonore sono ancora illecito penale qualora configurino, ad esempio la turbativa della quiete pubblica.

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