Condominio

Appropriazione indebita, gli atti tipici dell’amministratore condominiale

di Giulio Benedetti

Il Quotidiano del Sole 24 Ore - Condominio ha ripetutamente trattato, in vari articoli , il reato di appropriazione indebita condominiale aggravata che, conformemente alla giurisprudenza di legittimità ed alla dottrina, hanno individuato la condotta del reato nell'interversione del possesso, che avviene quando l'amministratore fa propri i denari e i documenti affidatigli dai condòmini per assolvere agli obblighi del suo contratto di mandato. La violazione dell'art. 1129 c.c., quando l'amministratore del condominio fa confluire il denaro dei condòmini non su un conto corrente del singolo condominio , bensì nel proprio , non solo costituisce una grave irregolarità, che ne legittima la richiesta di revoca all'autorità giudiziaria da parte dei condòmini , ma costituisce il campanello di allarme del reato. Tale condotta rileva per ravvisare il reato allorquando , come sovente esaminato dalla giurisprudenza di legittimità (vedansi C. Cass. n. 19729/2018, n. 15800/2018) , sopratutto all'atto del passaggio di consegne con il nuovo amministratore , si scoprono irregolarità di vario tipo che vanno dalla mancata consegna della documentazione condominiale, operata vantando crediti nei confronti dei condòmini, oppure prelevamenti dal singolo conto corrente condominiale per coprire buchi contabili nell'amministrazione dei singoli condòmini , oppure in presenza di distrazione dei fondi . In tale contesto deve essere segnalata la sentenza n. 5261/2019 nella quale la Corte di Cassazione esamina la condotta tipica del reato . La sentenza dichiara inammissibile il ricorso avverso una sentenza di condanna di un soggetto per il predetto reato.
La sentenza è assai interessante poiché descrive il mascheramento del reato al fine di nascondere il provento dello stesso, per sottrarlo alle investigazioni dell'autorità. Invero l'imputata , per nascondere il provento del reato attuava le seguenti condotte: versamenti in contanti per cifre consistenti sui conti correnti a lei intestati presso diversi istituti di credito, acquisti di autovetture (attraverso contratti di finanziamento) effettuati dai componenti del suo stretto nucleo famigliare , con un impegno di spesa incoerente rispetto al suo reddito imponibile. L'imputata non poteva giustificare, con allegazioni documentali appropriate , il tenore di vita e la disponibilità di contanti. A tal proposito la sentenza affermava che la difesa non dimostrava la fondatezza della sua scelta tra le due spiegazioni alternative degli ammanchi e dei corrispondenti arricchimenti dell'imputata. La Corte di Cassazione sostiene che il suo giudizio non può sostituirsi a quello di merito proprio del giudice del fatto, quando la relativa motivazione è coerente , non solo per quanto effettivamente accertato, ma anche nella sua logica giuridica. Il giudice fonda infatti il suo giudizio di responsabilità nei seguenti fatti accertati: tenore di vita , acquisti incompatibili col reddito denunciato, versamenti cospicui per contanti sui propri conti correnti , condotta appropriativa effettuata mediante atti tipici del suo ufficio (nel caso di specie la disponibilità dei conti correnti amministrati). Invero l'imputata rivestiva un incarico a cui seguiva l'affidamento fiduciario del contante da parte dei suoi clienti . Il reato era accertato dal differenziale calcolato nei versamenti in conto corrente (operazione compiuta dall'imputata), a cui conseguivano i versamenti per contanti ingiustificati sui suoi conti correnti e da un suo tenore di vita apertamente insostenibile, in relazione all'imponibile denunciato al fisco. Tale è la condotta appropriativa tipica del reato (art. 646 c.p.) che avviene quando chi ha il possesso di un bene altrui , se ne appropria al fine di trarne un ingiusto profitto.

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