Condominio

La ripartizione spese del regolamento contrattuale si cambia solo all’unanimità

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Nell'ambito della disciplina condominiale occorre distinguere tra delibere annullabili (nel termine di 30 giorni, a decorrere dalla delibera assembleare, per i presenti dissenzienti o astenuti) e delibere nulle, impugnabili al contrario in qualsiasi momento da chiunque vi abbia interesse. In questo senso, la giurisprudenza ha puntualizzato che una delibera che approvi la ripartizione di una spesa (relativa a energia elettrica, consumi idrici, quota fissa di teleriscaldamento, canone di manutenzione ascensori, ecc...), in modo difforme da una norma del regolamento condominiale contrattuale, deve ritenersi annullabile. La delibera è, invece, nulla qualora deliberi non solo la diversa ripartizione della spesa, ma la modifica stessa del criterio di ripartizione previsto dal regolamento. È quanto osservato dal Tribunale di Milano, con la sentenza n. 11365 del 9 novembre 2018 , che ha accolto la domanda di un condomino (società costruttrice dell'edificio, nonché proprietaria di alcuni appartamenti ancora invenduti), che aveva impugnato la delibera assembleare del condominio per la sua asserita illegittimità in punto di approvazione del rendiconto consuntivo e preventivo e relativi riparti.
Secondo il Tribunale meneghino, infatti, per la modifica di una clausola regolamentare che incida sui diritti soggettivi dei singoli condòmini è necessaria l'approvazione di tutti i condòmini, dovendosi ritenere nulle le delibere con le quali siano stabiliti criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall'articolo 1123 del Codice civile, oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento “contrattuale” (cfr., nello stesso senso, Cassazione 6714/2010; 17101/2006; 126/2000).
Nel caso in oggetto, tra l'altro, la delibera che ha abrogato l'articolo del regolamento in punto di ripartizione delle spese e quella che ha approvato i riparti della gestione di esercizi precedenti sono state dichiarate nulle da una precedente sentenza del Tribunale di Milano (3533/2018), il cui passaggio in giudicato «ha comportato la reviviscenza della norma regolamentare contrattuale dell'articolo del regolamento e, conseguentemente, la ripartizione delle spese di gestione deve avvenire sulla base della stessa». E, dunque, come sostenuto dalla società impugnante, con la delibera in oggetto il condominio ha illegittimamente modificato l'articolo 14 del regolamento condominiale contrattuale senza l'unanimità dei consensi. In particolare, l'articolo prevede che «nel primo periodo di avvio del condominio, e fino a quando gli appartamenti non saranno venduti dalla società costruttrice, la stessa contribuirà comunque al pagamento nella misura del 25% delle spese cosiddette di gestione condominiale, in via esemplificativa e non esaustiva: energia elettrica, consumi idrici, quota fissa teleriscaldamento, canone manutenzione ascensori, manutenzione verde, pulizie edificio, manutenzioni varie, manutenzioni cancelli e passi carrai. Restano a carico dell'impresa costruttrice fin da subito le spese di proprietà, in via esemplificativa e non esaustiva assicurazione, spese bancarie postali, spese amministrative varie».
Il Tribunale ha infine respinto l'eccezione sollevata dal condominio riguardo la vessatorietà della clausola numero 14, per la presunta violazione dell'articolo 1469 bis del Codice civile (nonché del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 del Codice del Consumo), posto che «la disciplina delle clausole vessatorie potrebbe risultare pertinente unicamente con riguardo a convenzioni che introducano vincoli di destinazione di natura reale incidenti in via diretta sulla consistenza della proprietà condominiale e della frazione di proprietà esclusiva oggetto dei rispettivi programmi negoziali sinallagmatici di compravendita, determinando contrattualmente le modalità di utilizzazione del bene ceduto. Solo questa tipologia di convenzioni condominiali potrebbe, infatti, rientrare nella categoria protetta di acquisto di beni a scopo di consumo, realizzando una funzione economica unitaria rispetto alla prestazione di dare assunta dal venditore nonché strumentale al soddisfacimento delle esigenze di consumo proprie dell'acquirente (Cassazione 16321/2016)».

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