Condominio

Non trascrivere le conclusioni della sentenza non la invalida automaticamente

di Valeria Sibilio

Sebbene il regolamento condominiale debba formulare le proprie clausole in modo inequivoco, possono sussistere casi nei quali i condòmini contestino, per ragioni legate alla struttura architettonica dell'universo condominiale, l'esistenza stessa di un Regolamento, contrattuale o assembleare, determinando situazioni di evidente incertezza.
Nella sentenza 2616/2018 la Corte d'Appello di Bologna ha esaminato uno di questi casi, originato dalla decisione di tutti di condòmini di impugnare, per declaratoria di nullità, illegittimità o annullabilità, le deliberazioni assunte nell'assemblea del 15 gennaio 2005 in merito all'approvazione del consuntivo e stato di riparto dell'esercizio, delle gestioni di autoclave, ascensori e citofoni e dei contributi per il servizio di portineria, oltre all'approvazione del preventivo e stato di riparto della gestione ordinaria ed a conguaglio, sostenendo che per la particolare struttura architettonica del condominio, costituito da un “piano interrato”, da un “corpo torre”, da un “mezzanino” e da un “corpo avanzato”, le proprie unità immobiliari, insistenti sotto queste ultime, non avevano alcun collegamento funzionale e strutturale con l'entrata principale, con il vano scale e l'ascensore del “corpo torre”.
Contestavano, inoltre, che il condominio disponesse di un Regolamento contrattuale e non poteva dirsi esistente neppure un Regolamento assembleare, regolarmente approvato. Un aspetto che determinava una situazione di incertezza, che aveva indotto i vari amministratori, avvicendatisi negli anni, ad imputare e ripartire le spese di condominio in modo vario ed occasionale. Per i ricorrenti, ai fini di una corretta ripartizione di questi oneri, tenuto conto della particolare conformazione architettonica, si ravvisava l'ipotesi di condominialità parziale, considerato che le spese ripartite, in esito all'approvazione delle delibere impugnate, erano riferite ad attività di manutenzione, pulizia, revisione e servizi, resi in misura prevalente a vantaggio del “corpo torre”.
Il condominio si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande formulate dai ricorrenti, in quanto infondate in fatto ed in diritto, e, in subordine, che nell'ipotesi di accoglimento delle avverse domande fossero accertati e dichiarati importi e spese. In seguito, i ricorrenti proponevano ulteriori e successivi ricorsi dinanzi al Tribunale di Rimini, contro le delibere assunte dall'assemblea del condominio parte in cui si stabiliva la ripartizione dei costi di sostituzione dell'ascensore dispari “notturno”, di cui chiedevano l'annullamento, e lamentando sia l'errata ripartizione dei costi per la sostituzione dell'impianto che la violazione del diritto alla preventiva informazione dell'oggetto della deliberazione da assumere. I ricorrenti, proprietari di unità immobiliari siti sotto il “corpo torre”, nel “corpo avanzato” e nel “mezzanino”, sostenevano di non avere l'obbligo di pagare le suddette spese, poiché comuni ai soli appartamenti.
Anche in tali giudizi si costituiva il condominio, chiedendo il rigetto dei ricorsi, ritenuti infondati, e rilevando la validità della deliberazione assunta in conformità al punto n. 12 del Regolamento di Condominio.
Il Tribunale di Rimini respingeva integralmente i ricorsi proposti, compensando le spese di lite tra le parti e ponendo le spese della perizia effettuata in egual misura a carico della parte ricorrente e della parte resistente. Contro tale decisione, i condòmini proponevano appello, chiedendo la riforma integrale della sentenza impugnata, riproponendo le domande precisate in primo grado, e formulando nello specifico quattro motivi di gravame. Si costituiva il condominio appellato chiedendo il rigetto delle domande avverse e la conferma delle statuizioni della sentenza impugnata.
Nel primo motivo gli appellanti osservavano che la mancata trascrizione delle conclusioni avrebbe comportato l'erronea valutazione delle difese dei ricorrenti, dei documenti da questi depositati nonché della relazione peritale e, conseguentemente, l'omessa pronuncia su punti decisivi della controversia. Un motivo giudicato infondato, in quanto nonostante il Tribunale avesse trascritto esclusivamente le conclusioni precisate dalle parti in relazione ai ricorsi, aveva esaminato tutte le domande formulate dalle parti, vagliando dapprima le questioni postegli in relazione alla asserita nullità e annullabilità delle delibere assunte in data 15.01.2005 e successivamente quelle sollevate in relazione all'invocata nullità e/o annullabilità della delibera del 14.05.2005, pronunciandosi sulle medesime secondo l'ordine logico prospettato dalle parti.
Secondo l'orientamento consolidato della Cassazione «L'omessa od erronea trascrizione delle conclusioni delle parti nella intestazione della sentenza importa la sua nullità solo quando le conclusioni formulate non siano state prese in esame, mancando in concreto una decisione sulle domande o eccezioni ritualmente proposte. Quando invece dalla motivazione della sentenza risulti che le conclusioni delle parti, nonostante l'omessa o erronea trascrizione, siano state esaminate e decise, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza». Alla luce di questo principio di diritto, il Collegio osservava che l'omessa parziale trascrizione delle conclusioni delle parti non aveva determinato un effetto invalidante della sentenza impugnata, in quanto non appariva in alcun modo violato il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, non avendo impedito al Giudicante di primo grado di pronunciarsi sulle questioni processuali e di diritto.
Inoltre (secondo motivo), ad avviso degli appellanti, la deroga ai criteri di ripartizione poteva essere adottata solo a seguito di specifica “convenzione”, alla quale tutti i condòmini devono aderire. Il Tribunale, poi, avrebbe ritenuto gli ascensori “comuni” ai precedentemente ricorrenti e non esclusivamente ai proprietari degli appartamenti del “corpo torre”, come convenzionalmente stabilito dal titolo. Motivo, anch'esso, giudicato infondato. Il Tribunale aveva precisato che le norme di cui agli artt. 1117 cod. civ., 1118 1° comma cod. civ. e 1123 cod. civ. possono essere derogate anche in assenza di un Regolamento di natura contrattuale.
Dagli atti di compravendita, prodotti dai ricorrenti, risultava espresso riferimento al Regolamento, copia del quale, prodotto a cura del condominio, non era stato contestato dai ricorrenti, per cui il Tribunale aveva ritenuto il riparto approvato perfettamente valido e conforme ai criteri di ripartizione delle spese.
Con il terzo motivo gli appellanti lamentavano il fatto che il Tribunale avrebbe omesso di applicare il principio del condominio parziale, tenuto conto della conformazione strutturale dell'edificio composto da “corpo torre”, “corpo avanzato” e “mezzanino”, avendo trascurato le risultanze peritali, che accertavano la mancanza di collegamento funzionale tra le unità immobiliari di proprietà dei ricorrenti e gli ascensori / montacarichi e vano scale del corpo torre del grattacielo, mancando in concreto la relazione di accessorietà tra le parti indicate “comuni” e le porzioni di proprietà esclusiva.
Nel quarto e ultimo motivo gli appellanti lamentavano il fatto che la ripartizione a loro carico fosse stata commisurata nell'intera misura dei rispettivi millesimi di comproprietà generale, nonostante per la dislocazione delle loro unità immobiliari, godessero dei benefici in misura notevolmente inferiore rispetto ai condomini del “corpo torre”. Osservazioni, queste ultime, trattate congiuntamente e risultate, per i giudici, prive di fondamento. Il Tribunale aveva ritenuto che le domande formulate dai ricorrenti non potevano trovare accoglimento neppure sotto il profilo prospettato di “condominio parziale”, in quanto il riparto delle spese del portone condominiale, dell'atrio, delle spese per gli estintori, delle spese per la vigilanza e la pulizia delle scale erano tutte spese che competono ai condòmini di uno stabile, in quanto relative a beni o servizi comuni, come anche la spesa relativa all'attività di vigilanza, per la quale è stato accertato che le ronde di controllo erano eseguite lungo il perimetro del grattacielo, con verifica delle persone che accedevano al piano interrato e con allontanamento degli intrusi, risultando che l'androne e le scale erano utilizzati da tutti i condòmini anche solo per accedere al piano interrato. Il Regolamento condominiale indicava espressamente che «l'impianto ascensore è di proprietà comune indivisibile di tutti i condòmini indipendentemente dall'uso, e che le spese di ricostruzione e di manutenzione straordinaria sono a carico di tutti i condòmini e vanno suddivise in base ai millesimi di proprietà».
La Corte di Bologna, perciò, ha rigettato l'appello, condannando gli appellanti a rifondere al condominio le spese del giudizio, liquidate in euro 5.500,00 oltre le spese generali, IVA e CPA.

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