Condominio

Gas, i dati del contatore sono corretti ma è l’azienda che deve provarlo

di Valeria Sibilio

La lettura di una bolletta della luce è già, di per sé, una operazione di non facile attuazione, con difficoltà, per il condòmino di comprendere se egli abbia esagerato o meno nei propri consumi. Talvolta, questa problematica si traduce in procedimenti giudiziari, come quello affrontato dalla Cassazione con l'ordinanza 2327 del 2019 .
All'origine del caso, il ricorso in Tribunale di una società in nome collettivo nei confronti di un’azienda per la fornitura di energia elettrica, in opposizione ad un provvedimento monitorio che le ingiungeva di pagare una fattura emessa “a conguaglio”, per forniture di energia elettrica nel periodo dal 19 luglio 2004 al 31 gennaio 2008, dopo che le fatture bimestrali, emesse nei tre anni e mezzo precedenti non avevano mai superato l'importo di euro 100,00 cadauna.
Disposta, dal primo giudice, una perizia sia per la rilevazione dei consumi sull'utenza intestata all'attrice in opposizione che per il corretto funzionamento del contatore che, dopo il 3 gennaio 2007) era stato sostituito ad opera di un dipendente dell'azienda di fornitura di energia elettrica, il Tribunale accoglieva l'opposizione, in quanto la fondatezza della pretesa creditoria non era stata accertata nel suo ammontare, vista l'impossibilità di leggere i dati di consumo nel contatore sostituito e rottamato in difetto di contraddittorio con l'utente.
Al contrario, la Corte di Secondo Grado accoglieva il gravame proposto dall'azienda condannando la Snc al pagamento della somma creditoria. Decisione, questa, che spingeva la società a ricorrere per cassazione sulla base di quattro motivi, i primi tre dei quali, in seguito, esaminati e giudicati congiuntamente dagli ermellini.
Nel primo motivo, per il ricorrente, nei casi di opposizione a decreto ingiuntivo il giudice non dovrebbe stabilire la legittimità dell'ingiunzione, ma accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso, evidenziando che, in caso di provvedimento monitorio per il pagamento di forniture, spetta a chi fa valere il credito fornire la prova del fatto costitutivo dello stesso, non potendo bastare la fattura o l'estratto delle scritture contabili, evidenziando che graverebbe sul fornitore la dimostrazione della regolarità del funzionamento dei rilevatori di consumo, di fronte a contestazioni dell'utente.
Nel secondo motivo, il ricorrente evidenziava come, nel contratto di fornitura di energia elettrica, l'eventuale “autolettura” dell'utente costituirebbe un onere per lo stesso, ed il suo inadempimento determinerebbe esclusivamente la necessità di pagare il conguaglio, ove venga rilevato un consumo superiore, gravando, però, sul fornitore l'obbligo di effettuare periodicamente il rilevamento dell'effettivo consumo, e ciò solo con la lettura del contatore. Inoltre, la sostituzione di quest'ultimo sarebbe dovuta avvenire solo con il consenso scritto del cliente e dopo che il medesimo abbia preso visione dei consumi al momento della sostituzione. Di conseguenza, quando la Corte ha affermato la “prevedibilità”, e non la certezza, che il conguaglio “potesse essere consistente” sulla base di consumi presunti e stimati sulla base di autolettura, avrebbe violato il principio della buona fede che deve sottendere l'esecuzione del contratto.
Nel terzo motivo, il ricorrente lamentava il fatto che la sentenza impugnata avesse disatteso le risultanze della perizia, avendo l'ausiliario del giudice accertato che il contatore era stato smaltito dall'Azienda, rendendo così impossibile verificare la sua eventuale funzionalità, mentre nel quarto ed ultimo motivo, si duole della mancata compensazione delle spese di lite, doverosa nel caso di specie, tenuto conto che, nella nozione di soccombenza reciproca, deve ricomprendersi l'ipotesi della parzialità dell'accoglimento.
La Suprema Corte ha giudicato i primi tre motivi di ricorso, esaminati per omogeneità congiuntamente, inammissibili. La rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una presunzione semplice di veridicità, per cui, in caso di contestazione, grava sul somministrante l'onere di provare che il contatore sia perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo, inevitabili anche con un'attenta custodia dell'impianto.
Gli ermellini hanno osservato, inoltre, che la sentenza impugnata - recependo, sul punto, le risultanze della perizia - è comunque pervenuta alla conclusione di ritenere attendibili i dati sul consumo d'acqua di cui alla fattura relativa al credito, giustificando l'operato della Corte territoriale che aveva tratto presuntivamente la conclusione che, prima della sua sostituzione, il vecchio contatore “evidentemente” funzionasse, ritenendo che i dati tratti da esso e posti alla base della fattura a conguaglio fossero attendibili, ponendoli a raffronto con quelli rilevati dal nuovo contatore. Un ragionamento presuntivo non contestato dall'odierna ricorrente e che, pertanto, si è presentato idoneo a sorreggere la sentenza impugnata, con conseguente inammissibilità delle censure contenute nell'impugnazione in Cassazione.
Infondato, invece, il quarto motivo di ricorso in quanto, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere, all'Azienda di fortinura energia elettrica, le spese del giudizio, liquidate in euro 3.000,00, più euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

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