Condominio

Condominio costruito su terreni confinanti: valgono le regole dell’accessione

di Selene Pascasi

Se più soggetti, proprietari in via esclusiva di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una costruzione, ognuno di loro – per il principio dell'accessione – acquisterà, salvo diverso accordo, la parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul suo fondo. Di conseguenza, anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell'intero fabbricato (come le scale, l'androne o l'impianto di riscaldamento) rientreranno, in tutto o in parte, nella titolarità di uno o dell'altro. Ciò, sempre che su tali porzioni non si sia formata una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l'obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione ed esercizio.
Ad affermarlo è la Corte di cassazione, con sentenza n. 29457 depositata il 15 novembre 2018 (relatore Mauro Criscuolo). Apre la lite, una richiesta di accertamento dell'usucapione su un box. Domanda che innesca subito una discussione circa le persone da coinvolgere in giudizio.
Ad avviso della Corte di appello, la decisione resa in prima battuta dal tribunale era nulla vista l'esclusione di alcuni litisconsorti necessari. Si riteneva, in buona sostanza, che al processo – inerente non solo l'acquisto del box ma anche della porzione sottostante – avrebbero dovuto partecipare tutti i comproprietari e, dunque, anche coloro che ne erano divenuti titolari per accessione.
Queste le basi su cui nasce il ricorso per cassazione. Tra i motivi di impugnazione, oltre a questioni strettamente tecniche o legate alla qualificazione come bene immobile del manufatto in lamiera, la questione, per l'appunto, del litisconsorzio. Secondo gli attori (poi ricorrenti) il fatto che il box fosse stato realizzato sia sulla particella degli intimati che su quella di terzi non stava a significare che il bene fosse caduto in comunione tra tutti i comproprietari dei terreni interessati dall'opera. Del resto, marcavano, la loro pretesa era stata fin dall'inizio circoscritta all'acquisto per usucapione della sola porzione di garage (e della rampa di accesso) insistenti sulla loro proprietà e l'edificazione della rimessa aveva sì coinvolto vari fondi ma non aveva dato vita ad alcuna situazione di comproprietà. La cassazione concorda e accoglie la doglianza. I giudici di appello, sottolineano al palazzaccio, avevano errato nel ravvisare l'esistenza del litisconsorzio necessario facendo essenzialmente leva sull'oggetto della citazione, ossia sull'accertamento dell'usucapione del manufatto in lamiera e della strada d'ingresso, sostenendo che l'opera doveva dirsi in comproprietà tra i ricorrenti e i diversi proprietari della particella adiacente. Affermazione non condivisibile per il collegio di Piazza Cavour. È orientamento costante, ricorda richiamando la sentenza di legittimità n. 5112/2006, quello per cui laddove «più soggetti, proprietari in via esclusiva di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una costruzione, per il principio dell'accessione, ciascuno di essi, salvo convenzione contraria, acquista la proprietà esclusiva della parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul proprio fondo, con la conseguenza che anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell'intero fabbricato (quali scale, androne, impianto di riscaldamento, ecc.) rientrano per accessione, in tutto o in parte, a seconda della loro collocazione, nella proprietà esclusiva dell'uno o dell'altro, salvo l'istaurarsi sulle medesime, in quanto funzionalmente inscindibili, di una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l'obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione e di esercizio in proporzione dei rispettivi diritti dominicali». Ecco che, ad esser sbagliato, era stato l'approccio basilare sul quale si era mossa la Corte distrettuale nel concludere che – anche nel caso in cui un manufatto sia stato realizzato su due fondi contigui ma appartenenti a più soggetti diversi – si instauri una comunione sull'opera. Soluzione scorretta perché raggiunta trascurando che, invece, quella proprietà «resta esclusiva nella parte che si sviluppa in proiezione verticale sulle porzioni di rispettiva titolarità». Peraltro, ad onor del vero, i ricorrenti avevano ampiamente dedotto ed argomentato circa la portata della loro pretesa limitata all'acquisto della proprietà della sola parte del box (e via d'entrata) insistente sulla particella catastale loro appartenente in via del tutto esclusiva. Da bocciarsi, quindi, la sentenza di appello che, disattendendo ogni logica di diritto, aveva asserito la natura comune del box.

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