Condominio

L’apertura di una “finestra” viola il decoro architettonico

di Rosario Dolce

Il Tribunale di Roma – con Sentenza pubblicata in data 11.12.2018, Giudice Unico dott. Fabrizio Sanchioni - afferma l'orientamento per il quale il singolo condòmino non è in grado di aprire una finestra sulla facciata a servizio del proprio immobile, nonostante la regolarità edilizia dell'opera, soprattutto se inibito da fonte regolamentare interna.
Il caso trattato trae fondamento da un'azione esercitata da parte del condominio in cui è ubicato l'appartamento; nella specie, l'amministratore ha chiesto la riduzione in pristino stato della facciata (o meglio, l'eliminazione della finestra), nonché il risarcimento del danno.
Il Giudice capitolino ha accolto la domanda della compagine, richiamando, a tal proposito, un articolo del regolamento contrattuale, il quale poneva espressamente un simile divieto se non dietro apposita autorizzazione assembleare.
A tal fine, è stato anche evocato un principio di diritto espresso da parte della giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione n. 14898 del 13 giugno 2013), la quale, in ragione dell'apertura di finestre sulla facciata, ha riconosciuto che, ogni qual volta si verta in una simile ipotesi, la previsione regolamentare dà luogo alla costituzione di una vera e propria servitù prediale reciproca tra i fondi, ossia tra le singole unità immobiliari postI all'interno del fabbricato.
Dette servitù reciproche, precisa la Corte, pur costituendo vincoli obbligatori tendenzialmente perpetui sul diritto di proprietà, non sono nulle ma perfettamente valide, poiché, trattandosi di servitù, la loro connotazione è proprio quella di apportare, con il carattere della perpetuità, determinati pesi al fondo altrui e, quindi, delle limitazioni alle facoltà ed ai poteri del proprietario di esso.
Il regolamento condominiale può, dunque, vietare qualsiasi modifica, anche migliorativa, del decoro architettonico dell'edificio, ma si deve pur sempre trattare dì un regolamento di tipo contrattuale (Cass. sent n. 7398 del 12.12.1986).
In provvedimento, in realtà, va oltre anche il regolamento contrattuale e rileva come l'esecuzione dell'opera in disamina vada censurata anche sotto il profilo del decoro architettonico, stante quanto riferito dal consulente tecnico d'ufficio.
Il decoro risulta, in particolare, dall'insieme delle linee e dei motivi architettonici e ornamentali che costituiscono le note uniformi dominanti ed imprimono alle varie parti dell'edificio stesso nel suo insieme, dal punto di vista estetico, una determinata fisionomia, unitaria ed armonica e dal punto di vista architettonico una certa dignità più o meno pregiata e più. o meno apprezzabile. Esso è opera particolare di colui che ha costruito l'edificio e di colui che ha redatto il progetto, ma una volta ultimata la costruzione costituisce un bene cui sono direttamente interessati tutti i condomini e che concorre a determinare il valore sia delle proprietà individuali che di quella collettiva sulle parti comuni.
Il “decoro architettonico” è, dunque, l'estetica del fabbricato, data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità (Cassazione civile n. 851/2007).
Conclusivamente – ad avviso del giudice capitolino - il rispetto del decoro architettonico, come limite assoluto alla realizzazione di opere private nella facciata, come quella in specie (apertura di una finestra), non è riferibile solo agli immobili di particolare pregio storico-artistico o con particolari decorazioni presenti sul prospetto, ma anche agli immobili più semplici - definiti come cosiddetti “condomini normali” - per cui si può parlare di relativa violazione, anche laddove “possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia” (Cassazione civile n. 8830/2008).

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