Condominio

Come deliberare la riduzione delle spese di riscaldamento per un singolo condomino

di Anna Nicola

Il condominio delibera di concedere a un condomino la riduzione delle spese di riscaldamento. La domanda che ci si pone è se questa decisione dell'assise condominiale possa essere ritenuta valida ed efficace.
È chiaro che la riduzione consentito a un singolo va a impattare sulle spese di competenza dei restanti condòmini.
La vicenda, analizzata dal Tribunale di Torino con la decisione del 4 luglio 2017, parte dalla facoltà concessa al singolo di operare in toto il distacco dal riscaldamento centralizzato
Sul tema del distacco da parte di un condomino dal servizio e dall'impianto condominiale di riscaldamento, l'art. 1118 c.c., al quarto comma, recependo la giurisprudenza di legittimità (cfr. ad es. Cass., 29 settembre 2011, n. 19893), è venuto a stabilire, per effetto della riforma approvata nel 2012, in vigore dal 18 giugno 2013, che «Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma».
Nella specie, è pacifico che la delibera in oggetto è stata presa in assenza della prova che il distacco non determinasse squilibri e, soprattutto, in assenza, a ben vedere, di un vero e proprio distacco, atteso che il “distacco” contemplato dal c.c. e, prima ancora, dalla giurisprudenza, è ed era solo ed esclusivamente quello contraddistinto da un processo caratterizzato da completezza, definitività ed irreversibilità, laddove nella specie si versa, a tutto concedere, in una situazione di mancato (o ridotto) utilizzo, senza che siano stati realizzati tutti quegli accorgimenti tecnici che consentano di affermare che il distacco è, per l'appunto, completo, definitivo ed irreversibile e che, pertanto, al condomino in questione risulterebbe assolutamente impossibile avvalersi, per il futuro, dell'impianto centralizzato comune (ciò che nella specie, come detto, non è, posto che l'attivazione del riscaldamento nell'unità in questione potrebbe avvenire agevolmente in qualsiasi momento, semplicemente riaprendo le valvole dei termosifoni). A ciò s'aggiunga che nessuna disposizione del vigente ordinamento contempla una riduzione dei contributi condominiali dovuti per mancato uso; se l'assemblea condominiale lo ha concesso, ciò ha fatto abusivamente, in assenza dei presupposti contemplati dall'art. 1118, quarto comma, c.c. ed anzi, come detto, al di fuori di una situazione riconducibile anche solo astrattamente a tale articolo del codice.”
Nel caso di specie peraltro vi era anche una clausola del regolamento dell'edificio che dispone che l'assemblea può decidere (solo) quando i termosifoni si accendono o spengono, e non altro.
La conseguenza tratta nella fattispecie in esame è che la delibera in oggetto deve essere annullata in quanto in violazione sia di legge, sia di regolamento per la clausola appena citata
Il discorso sarebbe stato diverso se la decisione assembleare fosse stata assunta all'unanimità dei condòmini. Essendovi l'integrale consenso, la deliberazione assurgerebbe a clausola contrattuale, sulla cui base tutti si renderebbero disponibili ad assumere l'aumento –in capo ai singoli- delle spese in proporzione alla riduzione concessa al singolo
Si noti poi che, poiché il vizio attiene all'annullabilità e non alla nullità della deliberazione, il trascorso del termine di trenta giorni per l'impugnazione ex art. 1137 c.c. avrebbe comunque comportato la cristallizzazione della riduzione del riscaldamento per il condomino.

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