Condominio

Distacco dal riscaldamento: si può fare se la clausola del regolamento non è trascritta

di Paolo Accoti

Legittimo il distacco dal riscaldamento se la clausola regolamentare non è trascritta, si pagano però le spese di conservazione dell'impianto.
In linea generale è consentito il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato e, quindi, l'esonero dalle spese per l'uso, a condizione che dalla predetta separazione non derivino né maggiori spese a carico dei fruitori dell'impianto, ma neppure scompensi termici nell'erogazione del servizio.
Tuttavia, in capo al condomino distaccato, permane l'obbligo di contribuire alle spese di conservazione e manutenzione dell'impianto di riscaldamento condominiale.
La possibilità di distacco, ad ogni modo, può risultare vietata dal regolamento condominiale di natura contrattuale, il quale, pur non potendo esonerare il condominio dal pagamento delle spese di conservazione e manutenzione dell'impianto (art. 1118, co. II, Cc), trattandosi di norma espressamente ritenuta inderogabile dall'art. 1138 Cc, può, al contrario, legittimamente precluderne la separazione.
Una clausola regolamentare così limitativa dei diritti di proprietà dei singoli condòmini costituirebbe una servitù atipica che, per risultare opponibile agli stessi, dovrebbe apparire specificamente riportata nella nota di trascrizione dell'atto di acquisto dell'immobile, non essendo sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario.
Tanto è vero che, in materia di costituzione di servitù, la trascrizione espressamente prevista dall'art. 2643, n. 4, Cc, assolve alla funzione di rendere opponibile il diritto ai terzi i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima e, pertanto, per assolvere al suo scopo, deve emergere dai registri immobiliari, con autonoma trascrizione e specifica indicazione del fondo servente e di quello dominante.
Questi i principi dettati dal Tribunale di Roma, V Sez. civile, Giudice dott. R. Ghiron, nella sentenza depositata in data 13 novembre 2018.
Una condomina evocava in giudizio il condominio al fine di accertare il suo diritto al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato, illegittimamente negato dall'assemblea, che aveva alla stessa addebitato le spese per riscaldamento. Impugnava, pertanto, la suddetta deliberazione, ritenendola invalida nella parte in cui le era stato imposto il pagamento della quota parte dei consumi effettuati dall'intero condominio.
Si costituiva in giudizio il condominio eccependo, tra l'altro, il divieto imposto dall'art. 16 del regolamento di condominio, di natura contrattuale.
Premette il Tribunale capitolino che «in tema di condominio negli edifici tra le spese indicate dall'art. 1104 c.c. soltanto quelle per la conservazione della cosa comune costituiscono obbligazioni “propter rem” per le quali il condòmino non vi si può sottrarre (Cass. 6923/01, Cass. 19893/11). Invece quelle sostenute per il godimento delle cose comuni, avendo diversa natura, possono diversamente legittimamente essere unilateralmente rinunciate. Così, in seguito a rinuncia al riscaldamento condominiale, operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato, può venir meno l'obbligo di contribuzione alle spese per l'uso, purché l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto né squilibri termici pregiudizievoli per la regolare erogazione del servizio. In tal caso il condòmino rinunciante mentre è esonerato, in applicazione del principio contenuto nell'art. 1123, 2 comma, c.c., dal dover sostenere le spese (relative al combustibile) per l'uso del servizio centralizzato ove non ne tragga alcun godimento è invece, obbligato (stante l'inderogabilità, ex art. 1138, ultimo comma, della disposizione di cui all'art. 1118, 2 comma, c.c.) a sostenere le spese di conservazione e manutenzione dell'impianto comune di riscaldamento centralizzato (cfr. “ex plurimis”: Cass. 20.2.1998 n. 1775; Cass. 5974/04, Cass.15079/06 e Cass. 7708/07)».
Il Tribnale di Roma evidenzia, tuttavia, come una tale legittima rinuncia può essere preclusa da un divieto contenuto nel regolamento condominiale di natura contrattuale.
A tale riguarda ricorda che le «clausole regolamentari che limitano i diritti dominicali dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive (nel caso in esame costringendoli ad attingere sempre al riscaldamento centralizzato ed a versare gli oneri inerenti il consumo anche se non goduto il calore), per essere opponibili devono essere approvate da tutti i condomini in quanto hanno valore negoziale. Le clausole suddette, che restringono i poteri e le facoltà sulle proprietà esclusive o comuni e che sono intese a creare vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie non sono nulle per la violazione del numero chiuso delle obbligazioni reali poiché tali clausole non costituiscono obbligazioni propter rem (che si esauriscono nelle specie espressamente previste dalla legge) ma servitù reciproche atipiche consistenti fra l'altro nell'assoggettare al peso della non modificabilità (della destinazione nel caso in esame) tutti i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva a vantaggio delle altre proprietà immobiliari. Ed il fatto che dette clausole costituiscano vincoli obbligatori non determina, come detto, la nullità delle stesse trattandosi, appunto, di servitù reciproche come affermato da condivisibile recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 21024/16, Cass. 14898/13, Cass. 6769/18 e Cass. 1064/11). Dal rilievo che i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell'ambito delle servitù segue che, per poter utilmente opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene ove il regolamento stesso non sia richiamato, con adesione, nell'atto di acquisto (o comunque sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto cui è imputata la violazione), non è sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario ma è necessario che, nella relativa nota, sia fatta specifica menzione della servitù».
Nel caso concreto tale clausola regolamentare non risulta espressamente accettata al momento dell'acquisto ma, neppure, risulta provata l'esistenza di una nota di trascrizione della clausola costitutiva della servitù negativa.
Pertanto il Tribunale ha dichiarato il diritto della condomina al distacco dall'impianto centralizzato del riscaldamento con l'obbligo, tuttavia, di contribuzione alle spese di funzionamento e conservazione dello stesso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©