Condominio

Gestione allegra dei conti correnti: è appropriazione indebita

di Giulio Benedetti

Commette il reato di appropriazione indebita aggravata l'amministratore che compensa i conti tra i diversi condomini amministrati.
L'amministratore gestisce il denaro degli altri , che non è suo: pertanto , se compensa tra loro i conti dei diversi condomini amministrati , commette il reato di appropriazione indebita aggravata (art. 646, 61 n. 11 c.c.). Tale e' la conclusione del Tribunale di Milano (sent. n. 10481/18) che ha condannato per tale reato ad una pena detentiva e ad una multa , con la concessione della sospensione della pena subordinata al pagamento del risarcimento del danno a favore del condominio costituitosi parte civile nel giudizio, un amministratore del condominio che si era appropriato del TFR del portiere. La condanna è assai pesante perchè, se la sentenza sarà confermata e passerà in giudicato, comporterà il venire meno per l'amministratore del requisito dell'onorabilità, previsto dall'art.71 bis disp. att. c.c., qualità assolutamente necessaria per l'esercizio della professione. Infatti l'eventuale condanna definitiva per detto reato comporta la sua cessazione dall'incarico, per cui ogni condòmino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
La vicenda nasce al momento del passaggio delle consegne con il nuovo amministratore che , avvedutosi del predetto ammanco, si faceva autorizzare dall'assemblea condominiale a presentare la querela nei confronti del precedente professionista in quanto il medesimo aveva incassato tale somma, l'aveva contabilizzata e non l'aveva restituita . Il Tribunale accertava che l'amministratore utilizzava la somma come proprietario , per suoi fini e diversi dal consentito. In particolare lo stesso ammetteva nel corso del giudizio di avere usato la somma per coprire le perdite che si erano verificate in altri condomini . Il giudice affermava che ricorreva l'aggravante dell'abuso delle relazioni di prestazione d'opera (art. 61 n. 11 c.p.) perché si trattava di un rapporto giuridico che comportava un obbligo di fare fondato su un rapporto di fiducia tra le parti , fiducia , evidentemente mal riposta, che ha agevolato la commissione del reato. Nella sentenza viene richiamata la giurisprudenza della Corte di Cassazione per cui l'amministratore è autorizzato a ricevere dai condòmini somme di denaro per provvedere esclusivamente a specifici pagamenti, da trarsi dalla cassa condominiale , per fronteggiare le spese di gestione del condominio approvate dall'assemblea . Invero l'amministratore è tenuto a versare i fondi dei condòmini sul conto corrente comune secondo le modalità stabilite dall'assemblea , con l'obbligo di rendiconto e di restituzione alla scadenza di quanto ricevuto nel corso del mandato , secondo l 'art. 1713 c.c.. L'interversione del possesso , fondamento del reato, si realizza quando l'amministratore, anziché dare corso ai predetti obblighi, utilizzi i fondi in modo incompatibile con il mandato e coerente con le sue finalità personali. Quindi commette il reato l'amministratore che anticipa e utilizza per fini suoi la liquidità sul conto corrente condominiale e poi, riversandola in un momento successivo, fa rientrare le somme non tracciate, poiché in tal modo si fonde il patrimonio personale dell'amministratore con quello dei condòmini. Vale a dire che le casse condominiali non sono il “bancomat” dell'amministratore. La Corte di Cassazione (sent.n. 44210/2018) afferma che commette il reato di appropriazione indebita l'amministratore che , violando il rapporto di fiducia , destini il denaro condominiale ad un uso personale e non agli scopi predeterminati dal mandato. Inoltre il giudice di legittimità ( sent.n. 53656/2018 ) ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore avverso il decreto di sequestro preventivo dei suoi conti correnti e di un immobile, in quanto provento del reato di omessa dichiarazione dei redditi ( art. 5 d.lgs. n. 34/2000). La Corte di Cassazione non ha condiviso la tesi difensiva del ricorrente per cui detti beni non erano frutto del reato fiscale, bensì del delitto di appropriazione indebita commesso in danno dei condomini da lui gestiti. In particolare l'amministratore affermava di avere utilizzato le somme regolarmente depositate presso altri condomini, provocando in questi ultimi ulteriori ammanchi, che , a loro volta potevano essere risolti soltanto per mezzo dell'utilizzo di fondi di altri condomini in modo da comportare tra gli stessi un “effetto domino.”

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