Condominio

La convocazione dell’assemblea condominiale da parte del tribunale

di Anna Nicola

La convocazione dell'assemblea condominiale può essere disposta dall'Autorità Giudiziaria alla luce del disposto normativo di cui all'art. 1105 c..c
L'amministratore condominiale è il soggetto deputato a convocare l'assemblea condominiale, sia ordinaria, sia straordinaria. Egli deve procedervi annualmente anno per l'approvazione del consuntivo di gestione e per il preventivo della gestione successiva, oltre a permettere all'assemblea di deliberare per la sua revoca o conferma. In primis deve verificare quando si chiuse l'esercizio contabile, a seconda di cosa sancisce il regolamento di condominio. Ove nulla disponga, il termine dell'anno contabile è alla fine dell'anno come da calendario. Nel corso dell'anno di gestione il medesimo può convocare l'assemblea ogni qual volta ne ravveda la necessità o l'opportunità. I condomini, in prima istanza, hanno un potere d'impulso e in caso d'inerzia dell'amministratore possono convocare direttamente l'assemblea. la norma di riferimento è l'art. 66 disp att. c.c. il cui testo dispone che quando due partecipanti al condominio che rappresentino almeno un sesto del valore millesimale dell'edificio chiedono all'amministratore la convocazione dell'assemblea, quest'ultimo non deve provvedervi. Trascorsi dieci giorni dalla stessa, senza alcuna risposta i condomini possono procedere autonomamente alla convocazione della riunione del palazzo condominiale (art. 66, primo comma, disp. att. c.c.).
Se non vi è l'amministratore, perché ad esempio i condomino sono in numero inferiore a otto, ogni condomino può agire per l'iniziativa per la convocazione dell'assemblea (art. 66, secondo comma, disp. att. c.c.).
Si parla di stallo decisionale quando l'assemblea non riesce ad assumere alcuna deliberazione, vuoi per colpevole disinteresse, vuoi per la cosciente volontà di non affrontare determinate spese. Da ciò consegue l'impossibilità di funzionamento dell'assemblea di condominio.
Ci si domanda quindi cosa possa fare il singolo condomino per uscire da questo empasse
Il riferimento normativo è l'art. 1105, quarto comma, c.c.
Si tratta di disposizione normativa sancita in ambito di comunione applicabile anche al condominio grazie al richiamo contenuto nell'art. 1139 c.c.
E' concessa al condomino la facoltà di rivolgersi all'Autorità Giudiziaria affinché la stessa adotti tutti i provvedimenti del caso. Quest'ultima locuzione è specifica dell'ampia discrezionalità concessa al giudice adito in simili fattispecie.
Il quarto comma dell'art. 1105 c.c dice che “se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”.
Nel caso concreto affrontato dal Tribunale di Modena (la sola decisionebene articolata sembra essere quela del 24 febbraio 2009) i condòmini avevano deciso di aggiornarsi ad una nuova assemblea per svolgere degli accertamenti e successivamente decidere, in via definitiva, il da farsi. Questa assemblea non è stata mai tenuta. In ragione dell'art. 1105 c.c. il giudice ha ritenuto che, laddove non vi sia ancora stata una decisione definitiva a causa dell'inerzia nella gestione della cosa comune, bisogna permettere ai partecipanti al condominio di deliberare ciò che serve. Può quindi ritenersi provvedimento necessario, per la gestione della cosa comune, imporre di convocare l'assemblea delineandone, nei tratti essenziali, l'ordine del giorno.
Solo in caso di successiva inerzia, che questa volta dovrebbe manifestarsi come mancanza della maggioranza o inadempimento della delibera, si può ricorrere in sede giudiziali al fine di conseguire un provvedimento con contenuto la statuizione necessaria della cosa comune, provvedimento che permetta quindi l'esecuzione delle opere necessarie.

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