Condominio

Lecito il ricorso dell’amministratore contro le distanze non rispettate

di Giulio Benedetti

La disciplina condominiale civilistica contiene numerosi riferimenti all'obbligo per l'amministratore di intervenire al fine di garantire la sicurezza delle parti comuni condominiali e precisamente :
1) l'art. 1130 , comma primo , n. 6 che impone all'amministratore la tenuta del registro di anagrafe condominiale nel quale deve annotare ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza dell'edificio. La mancata compilazione del registro , per l'art. 1129, comma 12 n. 7, costituisce una grave irregolarità che può legittimare ogni singolo condomino a richiedere all'autorità giudiziaria la revoca dell'amministratore ;
2) l'art. 1122 il quale afferma che nell'unità immobiliare di sua proprietà o nelle parti usualmente destinate all'uso comune , che siano state attribuite in proprietà esclusiva o siano destinate all'uso individuale , il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determini pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edifico. In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che riferisce all'assemblea;
3) l'art. 1130 , comma primo, n. 4 il quale impone all'amministratore di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio;
4) l'art. 1129, comma ottavo, che prevede da parte dell'amministratore, alla cessazione dell'incarico, l'obbligo della consegna di tutta la documentazione in suo possesso (sopratutto quella relativa agli impianti tecnici) relativa al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizio agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi;
L'attività dell'amministratore è quella di mandatario in quanto , ai sensi dell'art. 1703 c.c., l'amministratore si obbliga a compiere più atti giuridici per conto dei condomini e alla sua attività si applica la presunzione di onerosità stabilita dall'art. 1709 c.c.. Per assicurare il compimento degli interventi di sicurezza l'amministratore deve fare ricorso al provvedimento di urgenza previsto dall'art. 700 c.p.c. emesso da parte del giudice per rimuovere la situazione di pericolo. Tale provvedimento può essere emanato sul presupposto di pericolo ed il suo contenuto non è stabilito dal codice di rito , ma deve essere determinato dal giudice con riferimento al prevedibile contenuto del provvedimento definitivo di merito. Il provvedimento può essere richiesto da chi , fuori delle ipotesi in cui possono essere emessi i provvedimenti cautelari tipici , abbia fondato motivo di temere che durante il tempo necessario per fare valere il suo diritto in via ordinaria , questo sia minacciato da un pregiudizio grave ed irreparabile. Quindi non può essere invocato un provvedimento di urgenza in sostituzione di un provvedimento cautelare tipico e lo stesso ha carattere provvisorio e strumentale in relazione a un diritto che il richiedente può fare valere in via ordinaria; il relativo procedimento è disciplinato dagli articoli 702 bis e 702 ter c.p.c..
I requisiti del ricorso di urgenza proposto dall'amministratore di condominio a tutela delle parti comuni sono tre : la delibera autorizzativa dell'assemblea condominiale, la violazione di una disposizione di legge o del regolamento (“fumus boni iuris”), il pericolo rappresentato dal decorso del tempo senza che si intervenga a tutelare la lesione del bene comune (“periculum in mora”) che , in difetto dell'adozione del richiesto provvedimento urgente, è idonea a continuare ininterrotta fino al suo completo deterioramento. La Corte di Cassazione (ord. 29901/2018) ha rigettato il ricorso avverso una sentenza della Corte di Appello la quale , a sua volta, aveva confermato la sentenza di primo grado (preceduta da una richiesta cautelare ex art. 700 c.p.c.) che aveva condannato la ricorrente a ripristinare, con l'arretramento di una sua costruzione , le distanze legali con l'edificio della vicina e a ripristinare il giunto tecnico tra i fabbricati, oltre al risarcimento dei danni. In particolare il giudice di legittimità riconosceva il fondamento del ricorso cautelare che faceva riferimento anche alla violazione della distanza di mt. 10 tra le pareti finestrate tra gli edifici.

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