Condominio

Un’altra sanatoria per gli impianti fotovoltaici

di Giorgio Gavelli e Giuseppe Latour

Potrebbe salire ancora il conto delle sanatorie inserite nel Dl 119/2018. È quanto prevede un emendamento presentato dalla Lega, che punta a risolvere il problema dell’impasse creata dal divieto di cumulo tra la Tremonti ambiente e la tariffa incentivante del III, IV e V conto energia. E che si combina a una proroga appena decisa dal Gse, con l’obiettivo, di fatto, di dare altro tempo a chi voglia accedere agli strumenti messi a disposizione dal governo per chiudere la questione.

Sul caso del cumulo (si veda il Sole 24 Ore del 9 novembre) il ministero dello Sviluppo economico stava lavorando da diversi giorni, insieme al Gse, per individuare un percorso certo a beneficio delle imprese che hanno sfruttato queste agevolazioni. Il problema, concretamente, interessa gli impianti fotovoltaici di piccole e medie imprese (non quelli di scala industriale oltre il megawatt di potenza né quelli domestici sotto i 20 chilowatt): tipicamente, quelli realizzati sul tetto del capannone aziendale. Si tratta, secondo le stime, di circa 2mila impianti che, in base a una comunicazione del Gse di novembre 2017, non possono sommare gli aiuti: adesso, con l’emendamento della Lega, gli viene offerta la possibilità di sanare la loro posizione.

Nella nuova norma si prevede, allora, che la fruizione della detassazione Tremonti ambiente possa essere definita con la rinuncia (tramite restituzione) al 15% della variazione in diminuzione fatta valere dal contribuente. In sostanza, stando a quanto si comprende dal testo (in verità non troppo chiaro), il calcolo dovrebbe essere il seguente: per ogni 100mila euro di sovraccosto, l’importo da restituire dovrebbe essere pari al 15% dell’aliquota Ires vigente nel periodo in cui si è beneficiato della Tremonti. Ipotizzando un’aliquota Ires del periodo pari al 27,5%, l’onere per l’imprese ammonterebbe a poco più del 4% della variazione in diminuzione operata.

Il testo precisa che l’opzione per questa definizione va comunicata alle Entrate e al Gse entro il 31 maggio 2019, mentre gli importi da versare dovrebbero essere corrisposti in sei rate trimestrali a partire dal 30 giugno 2019. Viene anche precisato che la rinuncia così operata (che vale indipendentemente dalla procedura seguita per fruire del bonus: dichiarazione originaria, dichiarazione integrativa, istanza di rimborso) determina la definizione di tutte le liti pendenti ed il riconoscimento di eventuali perdite residue da portare in dichiarazione (oltre ovviamente a quelle già utilizzate).

Questa operazione, come detto, si combina a una proroga del termine entro il quale le imprese interessate dovranno rinunciare formalmente al beneficio fiscale goduto, manifestando la loro volontà all’agenzia delle Entrate. In base a un comunicato pubblicato ieri proprio dal Gse, infatti, «per le difficoltà operative riscontrate nel procedere alla restituzione degli importi», è stato deciso «che il termine ultimo per poter dare evidenza dell’effettiva rinuncia al beneficio fiscale è prorogato al 31 dicembre 2019», dal 22 novembre 2018. C’è, insomma, un altro anno di tempo: chi non aderisce alla sanatoria entro maggio, avrà poi altri sette mesi per decidere se rinunciare per intero all’aiuto.

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