Condominio

Per le «immissioni» risarcito il danno non patrimoniale

di Paolo Risotti

Rumori, fumi e odori pesanti dalla canna fumaria del ristorante: la Cassazione detta regole severe sulle competenze dei giudici e sui risarcimenti e conferma la sentenza del Tribunale di Agrigento, che aveva disposto lo smantellamento della canna fumaria e un risarcimento di 5mila euro per il danno non patrimoniale.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 23754/2018, conferma la decisione del Tribunale di Agrigento e stabilisce due importanti principi in materia di immissioni moleste.

Ecco il primo : la normativa che fissa per esigenze di carattere pubblico i livelli di accettabilità delle immissioni persegue interessi pubblici ed opera nei rapporti cosiddetti verticali fra privati e la pubblica amministrazione, al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete (in tal senso, anche le sentenze 1069/2017 e 1151/2003 della Cassazione). Tuttavia, nei rapporti fra privati la materia è disciplinata principalmente dall’articolo 844 del Codice civile e, di conseguenza, possono essere vietate anche le immissioni che non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale, in base al prudente ed insindacabile apprezzamento del Giudice, che deve tener conto delle particolarità della situazione concreta (in senso conforme, anche sentenza della cassazione 17281/2005).

Ed ecco il secondo principio : in materia di danno non patrimoniale da immissioni, l’assenza di un danno biologico documentato non impedisce il risarcimento del danno non patrimoniale derivante da immissioni illecite, quando siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Infatti, in tal caso, la prova del pregiudizio subìto può essere fornita anche tramite presunzioni: cioè quando un fatto di causa ( il danno non patrimoniale patito dai condomini) viene provato non attraverso la valutazione di una prova, ma attraverso un ragionamento.

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