Condominio

Guida al recupero crediti condominiali: dove manca la norma intervengono le sentenze

di Maria Cleme Bartesaghi

Nella prassi spesso il recupero dei crediti nei confronti dei Condomìni in sede applicativa genera problemi non sono risolti dal contesto normativo di riferimento.
Nell'ultimo biennio la Corte di Cassazione ha emesso alcune importanti sentenze, alla luce delle quali è possibile effettuare una ricognizione aggiornata dell'intera materia.
L'angolazione principale dalla quale affrontare l'analisi è quella delle azioni di recupero dirette verso il soggetto Condominio. Tale via, unica disciplinata e solitamente battuta, si articola in due fasi: la prima attinente la formazione del titolo (decreto ingiuntivo o sentenza), seguita a ruota da quella esecutiva.
Nel secondo stato assistiamo sovente ad un mutamento di rotta: l'originario destinatario dell'azione, ovvero il Condominio -qualora incapiente- cede la posizione passiva di destinatario dell'azione di recupero ai singoli condòmini.
Un percorso alternativo ogni tanto ipotizzato a livello operativo è quello del recupero crediti iniziato direttamente – e quindi anteriormente alla fase esecutiva- nei confronti dei singoli condòmini pro quota.
Il punto di partenza è necessariamente la disciplina normativa contenuta nell'art. 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile.
Tale articolo, nella sua attuale formulazione, così come modificato dalla Legge 220/2012, nella parte iniziale dispone:
«Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini».
Il precetto principale contenuto nell'articolo 63 disp. att. identifica un quadro ben preciso, all'interno del quale è onere dell'amministratore raccogliere fondi per l'adempimento delle obbligazioni contratte dal Condominio. Onere che viene facilitato e supportato dalla creazione di uno strumento specifico, di estremo ed eccezionale vigore, consistente nella possibilità per l'amministratore stesso di ottenere decreto ingiuntivo ad esecutività immediata nonostante opposizione.
La norma conferma quindi la legittimazione passiva del soggetto Condominio, il quale ad ogni buon conto risulta il titolare dei vari contratti da cui scaturiscono i crediti da recuperare. Il che è stato di recente confermato dalla Corte di Cassazione.
Quindi prima di procedere verso il condòmino è lecito per il creditore ottenere il titolo verso il Condominio e provare ad eseguirlo contro il medesimo. Va ricordato al proposito che ai sensi dall'art. 1129, 7° comma, c.c., tutti i Condominii devono disporre di un conto corrente bancario, sul quale far transitare le somme ricevute dai condòmini o da terzi. Tale obbligo costituisce fonte di un'ulteriore garanzia per i creditori del Condominio, i quali, una volta ottenuto il decreto ingiuntivo nei confronti di quest'ultimo, hanno la teorica possibilità di soddisfarsi sul conto corrente condominiale, sottoponendolo a pignoramento ai sensi dell'art. 543 c.p.c., ossia a quella forma di esecuzione forzata denominata pignoramento presso terzi.
Il passaggio di livello, sancito già dal primo comma dell'articolo 63 citato, avviene nel momento in cui nonostante l'attività dell'amministratore, il debito non sia stato pagato. In tale ipotesi, il creditore ha la facoltà di agire direttamente contro i condomini morosi i cui estremi dovranno essere comunicati dallo stesso amministratore. La norma non contempla però alcun rimedio contro l'eventuale inadempimento –colposo o meno- dell'amministratore a tale obbligo.
Per agire nei confronti dei condòmini in regola con i pagamenti occorre prima agire contro i condòmini morosi.
La normalità è quindi che il Condominio paghi le obbligazioni contratte a mezzo del proprio rappresentante in via “collettiva”: se per la via maestra non si riesce nell'intento, il creditore può riscuotere contro i singoli laddove non è stato possibile all'amministratore.
Quale sia l'iter da seguire è ben descritto nella recente sentenza. Cass. civ. Sez. III, (ud. 18-07-2017) 29-09-2017, n. 22856/2017; ma prima di arrivare ad essa, è opportuno vedere quale sia il percorso fatto dalla giurisprudenza nel corso degli anni, sino al riconoscimento del legislatore, in quanto contribuisce a chiarire la logica della soluzione adottata in via prevalente.
Prima della legge 220/2012 (c.d. Riforma del Condominio), non vi erano disposizioni che contenessero previsioni in merito alla possibilità dei creditori di agire contro i singoli condòmini.
La giurisprudenza maggioritaria riteneva che la responsabilità dei singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal Condominio verso i terzi avesse natura solidale, avuto riguardo al principio generale stabilito dall'art. 1294 cod. civ. per l'ipotesi in cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione. Detta norma, infatti, stabilisce una generale presunzione di solidarietà delle obbligazioni gravanti su più debitori, salvo che la legge o le parti dispongano diversamente.
La solidarietà comporta che ogni debitore, se richiesto, è tenuto all'adempimento dell'intera prestazione oggetto dell'obbligazione e, per altro verso, il creditore può pretendere da ciascun debitore l'intero.
Applicando il suddetto principio alla materia delle obbligazioni, secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza anteriormente alla riforma e, in particolare precedente al 2008, il creditore del Condominio avrebbe potuto agire esecutivamente per l'intero importo del credito vantato nei confronti anche di uno solo dei condòmini. Sarebbe spettato poi al condòmino che aveva eseguito il pagamento in favore del terzo creditore agire in via di regresso nei confronti degli altri condomini, al fine di ottenere la restituzione di quanto pagato al terzo, proprio in virtù delle regole sulla responsabilità solidale.
Secondo un diverso indirizzo giurisprudenziale, minoritario, l'obbligazione del Condominio, contratta dall'Amministratore per conto dei condòmini, non poteva considerarsi obbligazione solidale bensì obbligazione parziaria, con la conseguenza che i condòmini sarebbero stati tenuti all'adempimento soltanto nei limiti delle rispettive quote millesimali.
A dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi sul punto sono intervenute, con la sentenza n. 9148 dell'8/04/2008, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, aderendo all'orientamento minoritario mediante l'affermazione del principio per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del Condominio si imputano a ciascun condomino in proporzione alle rispettive quote, secondo il criterio della parziarietà.
In particolare, le Sezioni Unite hanno stabilito che “La responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi non riveste carattere solidale, ma è governata dal principio della parziarietà, con la conseguenza che le predette obbligazioni si ripartiscono fra i condomini in proporzione alle rispettive quote”.
Ai sensi dell'interpretazione avallata dalla sentenza delle Sezioni Unite, il condòmino quindi rispondeva dell'obbligazione, assunta dal Condominio nei confronti del terzo creditore, soltanto nei limiti della sua quota.
Come abbiamo già visto, il legislatore della riforma in relazione a tale aspetto ha stabilito testualmente che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini.
Si assiste quindi ad uno scostamento rispetto al principio in diritto sancito dalle Sezioni Unite, che potrà essere foriero di problematicità in sede applicativa.
Ciò posto, passiamo all'esame della interessante e recente sentenza della Cassazione n. 22856/2017.
Il caso di partenza è il seguente.
T.F., Q.G. e L.,[condòmini] con l'intervento adesivo di S.M.B[altro condòmino] hanno proposto opposizione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., comma 1, avverso l'atto di precetto di pagamento della somma di Euro 15.617,26, loro intimato da Sara Costruzioni Generali S.r.l. sulla base di un titolo esecutivo giudiziale (decreto ingiuntivo) formatosi nei confronti del condominio del fabbricato sito in (OMISSIS).
Sia il Tribunale di Napoli che la Corte d'Appello avevano ritenuto ammissibile il diritto del singolo condòmino ad instaurare una causa di opposizione ad un precetto indirizzato al Condominio.
La Cassazione ha invece assunto un diverso avviso.
Dalla lettura della sentenza si apprende che il decreto ingiuntivo posto a base dell'atto di precetto opposto era stato richiesto ed ottenuto nei confronti del solo Condominio e non nei confronti dei singoli condomini.
Il decreto in questione era stato opposto dal Condominio; il quale aveva speso la tesi della natura “non solidale” dell'obbligazione contratta dall'amministratore; dalla quale sarebbe dovuta conseguire l'inammissibilità della propria condanna, quale soggetto autonomo rappresentato dall'amministratore stesso.
Su detto punto la Suprema Corte è netta.
In merito alla suddetta posizione la Suprema Corte così si esprime: “questa argomentazione è stata (del tutto correttamente) giudicata infondata dal giudice dell'opposizione, non essendovi alcun dubbio sulla possibilità che il condominio, laddove tramite l'amministratore stipuli un contratto di appalto assumendone le relative obbligazioni, possa poi essere condannato in giudizio all'adempimento di esse, e ciò a prescindere dalla natura parziaria o solidale del corrispondente debito gravante sui singoli condomini.
La questione della natura parziaria o solidale dell'obbligazione condominiale è infatti riferibile alla responsabilità dei singoli condomini e non alla sussistenza della legittimazione passiva - tanto sul piano della cognizione quanto sul piano esecutivo del condominio, quale ente di gestione rappresentato dall'amministratore”
Tale pronuncia quindi legittima pienamente il fornitore di un Condominio -peraltro in accordo con il testo normativo esaminato- a dirigere la sua azione di recupero crediti, tanto in via di cognizione che in via esecutiva contro il Condominio stesso.
La sentenza, dopo una panoramica sui propri orientamenti, prosegue poi con un memorandum molto preciso sulle regole da seguire per passare di livello:
“1) l'obbligazione (contrattuale) del condominio grava pro parte sui singoli condomini, e non in solido per l'intero sugli stessi (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8530 del 27/09/1996, Rv. 499798-01; Sez. 2, Sentenza n. 5117 del 19/04/2000, Rv. 535867-01; Sez. U, Sentenza n. 9148 del 08/04/2008, Rv. 602479-01; Sez. 6-2, Ordinanza n. 14530 del 09/06/2017, Rv. 644621-01);
2) il titolo formatosi contro il condominio è valido, ai fini dell'azione esecutiva, contro i singoli condòmini (si ritiene in tale ottica inammissibile l'azione di condanna contro il singolo condòmino, laddove il creditore già disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 20304 del 14/10/2004, Rv. 577708-01);
3) per procedere ad esecuzione forzata nei confronti del singolo condòmino in base al titolo esecutivo formatosi contro il condominio occorre preventivamente notificare personalmente detto titolo (anche in caso di decreto ingiuntivo, non essendo applicabile in tale ipotesi l'art. 654 c.p.c.) ed il precetto al singolo condomino (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 8150 del 29/03/2017, Rv. 643823-01)”.
D'altro canto, il rovescio della medaglia conferma l'esattezza di tale conclusione: Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., (ud. 10-03-2017) 09-06-2017, n. 14530 ha stabilito quanto segue: “Altrettanto, si è affermato in giurisprudenza (Cass. Sez. 6^-2, 17 febbraio 2014, n. 3636) che l'amministratore è l'unico referente dei pagamenti relativi agli obblighi assunti verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, di tal che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non sarebbe comunque idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c.”
Tornando alla sentenza 22856/2017, essa appare innovativa sotto il profilo dell'annoso problema relativo alla dimostrazione della quota millesimale dell'intimato, nel caso di inerzia dell'amministratore o di allegazione di dati inesatti ed incompleti.
Pur nel rispetto della tutela del condòmino inesattamente aggredito, al quale si attribuisce il diritto di una opposizione all'esecuzione, in detta sede si ribalta sull'opponente stesso l'onere di dimostrare la sua esatta quota di partecipazione millesimale al Condominio.
Il taglio solving problem della pronuncia è molto efficace:
“L'utilizzabilità del titolo esecutivo formatosi nei confronti del condominio per promuovere l'esecuzione forzata contro i singoli condomini implica di per sè esclusivamente l'onere, per il creditore procedente, di dimostrare la legittimazione passiva, sul piano esecutivo, dei condomini aggrediti, e cioè la loro qualità di condomini.
Per quanto attiene alla misura della rispettiva quota millesimale, deve invece ritenersi sufficiente una mera allegazione da parte dell'intimante: il condomino cui sia eventualmente richiesto il pagamento di un importo eccedente quello della sua quota potrà proporre opposizione all'esecuzione, ma in tale sede sarà suo onere dimostrare l'esatta misura di detta quota.
Sul piano pratico, poi, laddove il creditore intimi il pagamento dell'intera obbligazione ad uno o più condomini (sostenendo che sono titolari della totalità delle quote condominiali o anche assumendone, erroneamente, la responsabilità solidale per l'intera obbligazione), ovvero intimi comunque il pagamento della quota ad un solo condomino, indicando nel precetto l'importo totale del credito ma senza specificare la misura della quota millesimale dell'intimato, le conseguenze devono ritenersi analoghe, quanto meno sul piano del diritto di procedere ad esecuzione forzata (e ciò prescindendo da eventuali questioni di mera regolarità formale del precetto)”.
In ordine alla posizione della giurisprudenza di merito più recente, si segnala che diversi Tribunali hanno aderito all'orientamento divenuto ormai dominante in materia anche prima del 2017.
Ad esempio, il Tribunale di Roma, Sezione XI, con la sentenza del 16-03-2018, ha affermato:
“L'obbligazione assunta nell'interesse del condominio si imputa ai singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall'art. 1123 c.c., essendo tale norma non limitata a regolare il mero aspetto interno della ripartizione delle spese (da ultimo, ancora Cass. Sez. 6 -2, 09/06/2017, n. 14530)” (cfr. Cass. civ., Sez. 6-2, ordinanza 11 agosto 2017 n. 20073), ne consegue che la parte opposta avrebbe dovuto agire nei confronti di ciascun condomino inadempiente, nei limiti della rispettiva quota”.
Inoltre, il Tribunale di Salerno, con la sentenza del 13-02-2015, emessa nel procedimento R.G. 7073/12 richiamando quanto affermato dalle Sezioni Unite, ha riconosciuto che “Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Ed ancora, conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno”.
Il Tribunale prosegue affermando: “Osserva questo giudice, sul punto, che laddove si agisca per il recupero di spese condominiali occorre distinguere la “res debita” (l'intero credito o le singole quote), nonché le fonti stesse delle obbligazioni azionate, giacché il debito del condominio appare immediatamente originato dal rapporto intercorso con il terzo creditore, mentre l'obbligazione per la quota ha origine negli artt. 1123 ss. c.c.”
E ancora: “In altre parole, la società opposta avrebbe potuto agire nei confronti del Condominio ponendo a base dell'azione di pagamento il contratto […], oppure agire (come ha fatto) nei confronti dei condomini morosi, ma a patto di fornire prova adeguata dell'obbligazione e del “quantum” ricadente sugli stessi, sicché- in mancanza -la domanda va ritenuta sfornita di prova e perciò rigettata”.
Su tale ultimo punto abbiamo già visto come la Cassazione successivamente abbia invece proposto una visione diversa, che se pur tutelante per il debitore, toglie da un forte impasse molti creditori, spesso titolari di un diritto di fatto inesercitabile.
La conferma se pure indiretta della possibilità di agire direttamente contro il Condominio, ci proviene anche da una recentissima pronuncia, la quale affronta un diverso tema: ovvero quello della possibilità per il singolo di opporsi al decreto ingiuntivo ottenuto contro il Condominio; la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 15567/2018, pubblicata il 15 giugno scorso, ha escluso la legittimazione dei condòmini in tal direzione; nell'effettuare in via preliminare la valutazione circa la sussistenza o meno della legittimazione attiva dei condòmini a proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, la ha esclusa. Per l'effetto ha cassato la sentenza impugnata senza rinvio, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 382 c.p.c., ultimo comma, annullando l'opposizione al decreto ingiuntivo promossa dai condòmini sul presupposto che il processo non poteva essere avviato da costoro.
“L.P. e C.G., [condòmini] con atto di citazione ritualmente notificato, entrambi proprietari di unità immobiliari facenti parte del condominio sito in (OMISSIS), proponevano opposizione al Decreto Ingiuntivo n. 1919 del 2005, con il quale il Tribunale di Genova aveva ingiunto ad essi attori (rectius al Condominio di (OMISSIS), cfr. ricorso pag. 5) di pagare la somma di Euro 71.723,06 a favore della società Fenu Costruzioni s.r.l., a titolo di saldo dei lavori di rifacimento dei prospetti dell'edificio eseguiti dalla medesima impresa.
In via riconvenzionale, gli attori chiedevano la condanna dell'opposta al pagamento della penale prevista nel contratto d'appalto per ritardi nell' ultimazione delle opere, nonché al risarcimento dei danni derivati dalla rimozione delle persiane di proprietà esclusiva di essi opponenti”.
Dalla ricostruzione del processo operata dalla Corte si evince che il problema della legittimazione forse era rimasto più in secondo piano. Sul punto, però la presa di posizione della Cassazione è ancora una volta netta e chiara:
“In via preliminare, va qui osservato che le parti nella fase di opposizione a decreto ingiuntivo possono essere: da un lato colui che ha ottenuto il decreto ingiuntivo e, dall'altro colui contro il quale tale decreto ingiuntivo è stato ottenuto (Cass. Civ., 16069 del 18.4.2004).
Ora, da questa considerazione, scaturisce in modo chiaro ed inequivocabile il difetto di legittimazione attiva degli opponenti in quanto il decreto ingiuntivo è stato emesso nei confronti del condominio e, pertanto, solo quest'ultimo ente poteva opporsi e non i singoli condomini, come è avvenuto nel caso in esame, che non possono vantare, nel giudizio in questione, alcuna legittimazione attiva”
In somma sintesi ed a corredo di quanto esaminato in punto azione diretta verso il Condominio, possiamo così concludere:
•Attivare un procedimento monitorio contro un Condominio è nel pieno diritto di un creditore.
•Del pari è lecito e possibile intraprendere una esecuzione avverso un Condominio.
•Se il conto corrente condominiale non è capiente o non è noto al creditore, occorre procedere esecutivamente contro i singoli condòmini, secondo le regole sopra viste.
Resta quindi da affrontare l'argomento dalla diversa e meno impattante angolazione della possibilità per il creditore di ottenere il titolo direttamente nei confronti dei singoli condomini.
Tale via è meno battuta nella prassi e quindi ha generato un ridotto impatto giurisprudenziale.
La pronuncia della Suprema Corte n. 22856/2017, incidentalmente ha affermato –col supporto citazionale di Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20304 del 14/10/2004- che si ritiene inammissibile l'azione di condanna contro il singolo condòmino, laddove il creditore già disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio: a contrariis quindi parrebbe contemplare l'astratta possibilità che il recupero crediti avvenga direttamente ed ab origine pro quota nei confronti dei singoli condòmini.
Alcune brevi considerazioni in merito; nell'ipotesi di azione diretta ed originaria pro quota verso i singoli, va considerato quanto segue:
-All'atto dell'avvio dell'azione non vi è certezza sulla circostanza che il singolo còndomino abbia già provveduto a pagare la quota del suo debito, in quanto una dichiarazione dell'amministratore in senso negativo sarebbe in ogni caso passibile di prova contraria
-Il singolo potrebbe eccepire una estraneità alla vicenda, rilevando che il soggetto legittimato a ricevere l'azione di recupero è il Condominio, quale parte contraente dell'obbligazione da cui è scaturito il debito oggetto di recupero.
Il tema generale oggetto di questa breve analisi è comunque spesso trattato nelle aule dei Tribunali e va monitorato costantemente perché non sono escluse ulteriori evoluzioni.
In conclusione si può affermare come sia innegabile che ogni vicenda di recupero crediti -sia sul lato attivo che su quello passivo- abbia una sua storia, delle peculiarità e delle esigenze dissimili; per rispettare le quali potranno essere messe in campo, nel rispetto dei principi e con i rischi sopra evidenziati, azioni di attacco o difesa diverse, ai fini della cui intrapresa si auspica di aver fornito alcune linee guida utili.

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