Condominio

Le dichiarazioni al medico del pronto soccorso scagionano il condominio

di Paolo Accoti

Il referto del Pronto Soccorso è atto pubblico “fidefaciente”, vale a dire che è assistito da fede privilegiata e, in quanto tale, fa piena prova fino a querela di falso sulla provenienza dell'atto da parte del pubblico ufficiale e per le dichiarazioni allo stesso rese.
Data la natura di prova privilegiata dell'anzidetto referto, le contraddizioni in merito al luogo dove è effettivamente avvenuto l'evento dannoso costituiscono un aspetto critico sotto il profilo dell'onere della prova in relazione allo stato dei luoghi, che può condurre anche all'esclusione della responsabilità del danno da cose in custodia a carico del condominio.
Peraltro, fermo restando gli anzidetti profili di incertezza in merito al luogo in cui l'episodio dannoso è avvenuto, se appunto si trattasse di spazio ad uso comune - come le scale condominiali - ovvero di uno privato, in ogni caso, la riferita presenza di acqua sulle scale del condominio costituisce circostanza pienamente percepibile dal condomino, tale da imporgli una maggiore cautela nel percorrerle.
Queste le motivazioni con le quali il Tribunale di Latina, II Sez. civile, con la sentenza pubblicata in data 3 ottobre 2018, ha rigettato la domanda di risarcimento ex art. 2051 avanzata dal danneggiato nei confronti della proprietaria del fabbricato, ritenendo, al più, la presenza di un concorso di colpa del medesimo attore, per il quale era stato già risarcito.
Un condomino e, per esso, i suoi eredi, essendo l'attore deceduto nelle more del giudizio, conveniva la società proprietaria dell'immobile in condominio al fine di vedersi risarciti i danni subiti in conseguenza di una caduta, a dire dello stesso, avvenuta sulle scale condominiali rese viscide dalla pavimentazione in marmo levigata per l'usura e, pertanto, insidiose, nonché bagnate a causa della pioggia e prive di dispositivi idonei ad evitare possibili cadute.
La proprietà dell'edificio condominiale si costituiva in giudizio contestando la fondatezza della domanda sia in relazione all'ammontare del risarcimento richiesto, che in merito alla responsabilità dell'evento dannoso, da attribuirsi in via esclusiva allo stesso danneggiato.
Il Tribunale nell'esaminare il materiale probatorio in atti, il referto del Pronto Soccorso, le dichiarazioni rese dallo stesso danneggiato in sede di interrogatorio formale e quelle dei testimoni escussi, rileva la palese contraddittorietà della domanda.
Tanto è vero che, nonostante il danneggiato e il teste di parte attrice riferiscano come l'infortunio sia avvenuto a seguito di una caduta sulle scale del condominio, tuttavia, il medico del Pronto soccorso, anch'esso sentito quale testimone, ha dichiarato - così come riportato nel referto dallo stesso redatto - che il danneggiato ha riferito di essere caduto in casa, senza null'altro aggiungere sull'accaduto.
Orbene, continua il Tribunale, <<la prova testimoniale suindicata si palesava ab imis irrilevante in ragione della natura fidefacente della verbalizzazione del medico del Pronto Soccorso in merito a quanto dichiarato dal paziente in relazione alla dinamica del sinistro>>.
A ciò si aggiunga che un <<aspetto particolarmente critico, sempre sotto il profilo della prova in ordine all'accadimento dei fatti di cui è causa, viene a prospettarsi con riferimento allo stato dei luoghi>>, tanto è vero che, mentre nell'atto introduttivo del giudizio il danneggiato riferisce che le scale condominiali - teatro della caduta - risultavano bagnate per la pioggia, e quindi particolarmente scivolose, il testimone ha precisato che la presenza di acqua era localizzata sul pianerottolo e non sulle scale che, peraltro, contrariamente a quanto narrato in citazione, sono risultate dotate di bande antiscivolo, per come si evince dalle fotografie in atti riconosciute dal medesimo testimone.
Orbene, << va rilevato che nel caso di specie trova applicazione l'art. 2051 c.c. ai sensi del quale “ciascuno è responsabile del danno causato dalle cose in custodia salvo che provi il causo fortuito”. La giurisprudenza di legittimità, dopo talune oscillazioni interpretative, si è assestata nel ritenere che tale tipo di responsabilità è di natura oggettiva e pertanto per la sua configurabilità è sufficiente che sussista un nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza di un obbligo di vigilanza (tra le più recenti, Cass. civ. 15389/2011). Detta forma di responsabilità è esclusa solo dalla prova del caso fortuito il quale costituisce un fattore che attiene non già al comportamento del responsabile bensì ad un profilo causale dell'evento che deve essere riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata e diretta ma ad un elemento esterno (tra le altre, Cass.1.03.2005 n.5326; Cass. 10.8.2004 n.15429; Cass 15.1.2003 n.472). In particolare, la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e non si fonda su una presunzione di colpa, ma sul mero rapporto di custodia (Cass. Civ.06/25243); pertanto perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato (Cass. Civ 08/4279; 05/20317), indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti: Cass. Civ. 07/2563; 06/3651) e senza che rilevi la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligazione di vigilanza; il nesso di causalità deve essere escluso solo quando il danno sia ascrivibile al caso fortuito, ovvero una condotta estranea alla sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di assoluta imprevedibilità di eccezionalità rientra inoltre, secondo la più recente giurisprudenza nell' ambito della nozione di fortuito anche la condotta anomala, gravemente colposa o dolosa della vittima (Cass. Civ. 06/15383; 04/5236; 04/2062). Occorre inoltre aggiungere sul piano dell'onere probatorio che l'art.2051 c.c. prevede che sia colui che abbia in custodia la cosa a dover provare il caso fortuito o forza maggiore, gravando invece sul danneggiato unicamente la prova dell'evento dannoso e del nesso di causalità intercorrente tra questo e la cosa in custodia.>>.
Nel caso concreto, pertanto, fermo restando tutto quando rilevato, andrebbe comunque riconosciuto un concorso di colpa nella misura del 50% a carico del danneggiato, <<atteso che il sinistro attraverso l'uso di una ordinaria diligenza da parte della danneggiato, come le asserite circostanze di luogo imponevano, avrebbe consentito di evitare l'evento>>, tuttavia, considerato che l'attore è stato già risarcito dalla compagnia di assicurazioni in virtù del suddetto concorso, la domanda deve essere rigettata, con condanna dello stesso al pagamento delle spese di lite.

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