Condominio

L’amministratore non è responsabile per i difetti strutturali

di Giulio Benedetti

L'amministratore del condominio , ai sensi dell'art. 1130 c.c. , deve disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune in modo che ne sia assicurato il migliore godimento a tutti i condomini. Nel caso in cui l'edificio presenti dei difetti strutturali l'amministratore deve compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, tuttavia deve osservarsi che detti interventi , qualora siano complessi , devono essere autorizzati dall'assemblea che li deve anche finanziare. I difetti strutturali possono trovare la loro causa nella costruzione dell'edificio e pertanto può sussistere la responsabilità civile del costruttore e del progettista , specie se l'edificazione avviene in zona sismica classificata.
È il caso trattato dalla Corte di Cassazione (ord. n. 24230/2018) che ha rigettato il ricorso del progettista di un edificio che era stato condannato al risarcimento dei danni , in favore dei proprietari , cagionati dai difetti strutturali dell'edificio condominiale, sito in Modena. La Corte di Cassazione confermava la sentenza della Corte di Appello che respingeva l'impugnazione avverso una sentenza la quale aveva affermato la responsabilità del costruttore e del progettista di un edificio avente gravi difetti strutturali in una zona sismica.
In particolare veniva accertato che l'edificio , in cui erano ubicati gli immobili degli attori, non aveva conseguito l'abitabilità , presentava fessurazioni nei muri esterni e conseguenti problemi di statica e non era dotato di un sistema fognario, tanto che il sindaco del comune aveva intimato , tramite un'ordinanza contingibile ed urgente , la presentazione un progetto di modifica da eseguirsi entro 90 giorni e a comunicare la fine dei lavori. La Corte di Cassazione respingeva il ricorso del progettista non soltanto perché richiedeva la rivalutazione nel merito della sentenza di appello, non ammissibile nel giudizio di legittimità, ma anche perché stabiliva i seguenti principi di diritto.
La Corte richiamava la propria giurisprudenza per cui il momento in cui i soggetti danneggiati possono esercitare l'azione per la rovina e il difetti di cose immobili, ex art. 1669 c.c., è quello in cui l'attore acquisisce la conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita , a seguito degli accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione delle cause. Invero non può onerarsi il soggetto danneggiato della proposizione di azioni generiche di tipo esplorativo. Inoltre non può sostenersi che solo per il fatto per cui gli attori abbiano abitato gli immobili non sussistano i vizi denunciati i quali ricorrono non solo se l'edificio rovini , ma sono ugualmente esistenti qualora ne riducano in modo rilevante il normale godimento , l'abitabilità o la funzionalità.
La Corte afferma che i gravi difetti che ai sensi dell'art. 1669 c.c. fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente consistono in quelle alterazioni che , in modo apprezzabile , riducano il godimento del bene nella sua globalità , in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura. In tale contesto appaiono rilevanti anche i vizi dell'immobile che non ne impediscano totalmente l ‘uso come ad esempio quelli relativi all'efficienza dell'impianto idrico , alla presenza di infiltrazioni di umidità, ancorchè incidenti soltanto su parti comuni dell'edificio e non sulle singole proprietà dei condomini. La Corte di Cassazione ha respinto l'argomento difensivo per cui la situazione statica dell'edificio non era grave in quanto aveva resistito ai terremoti verificatisi nella zona del 1996, nel 2003 e nel 2012. La Corte afferma che detto argomento è inammissibile poiché comporta una rivalutazione nel merito della vicenda e perché il riferimento al terremoto del 2012 è stato proposto per la prima volta nelle conclusioni in appello, argomento di ulteriore inammissibilità.

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