Condominio

Cambiare continuamente avvocato per allungare i tempi è «abuso del diritto»

di Edoardo Valentino

La vicenda in questione prende le mosse dalla sentenza di una Corte d'Appello nella quale l'imputato veniva condannato per diffamazione, confermando la decisione del giudice di primo grado. In particolare, un condòmino era stato giudicato colpevole del reato dato che aveva diffuso in svariate occasione scritti su diversi siti internet nei quali affermava come in occasione di una assemblea condominiale la persona danneggiata dal reato avesse aggredito sua moglie.
Condannato nei primi due gradi di giudizio, il condòmino aveva depositato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre circostanze, come la Corte d'Appello avesse violato le disposizioni del Codice di Procedura Penale.
L'articolo 108 del Codice, che si riteneva violato nei motivi di doglianza del ricorrente, afferma infatti al primo comma che “Nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilità, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell'imputato o quello designato d'ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento”.
Si legge nel ricorso come la Corte d'Appello avesse violato tale disposizione dato che non aveva rilevato come nel primo grado di giudizio il Tribunale avesse mancato di concedere i termini a difesa a seguito della sostituzione dell'avvocato difensore così come imposto dalla citata norma.
La V Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza numero 43593 del 2 ottobre 2018 rigettava il ricorso proposto.
In particolare, in merito al motivo di ricorso citato – centrale rispetto al presente scritto – la Corte affermava che nel caso in questione la mancata concessione dei termini a difesa da parte dei giudici di merito fosse stata da considerare come una corretta applicazione dei principi di diritto.
Il reo, difatti, aveva asseritamente adottato una strategia difensiva che consisteva in atteggiamenti dilatori e mirati a rinviare il giudizio allungandone i tempi, tra i quali figurava la decisione di sostituire il proprio legale svariate volte, chiedendo ogni volta congruo termine per sviluppare la strategia difensiva.
A detta della Cassazione, tuttavia, tale atteggiamento è del tutto contrario allo spirito della norma del Codice di Procedura citata e costituisce un abuso del diritto.
E' chiamato abuso del diritto o abuso degli strumenti difensivi quell'atteggiamento processuale che, in ambito civile, penale o amministrativo, comporti l'utilizzo di mezzi giudiziali di per sé leciti, ma utilizzati non per il fine precostituito e unicamente per perseguire una diversa e illegittima funzione.
Nel caso in questione la parte aveva tenuto una condotta processuale costituita da un “continuo avvicendamento di difensori, realizzato a chiusura del dibattimento, secondo uno schema reiterato non giustificato da alcuna esigenza difensiva” e senza ulteriore motivazione che “ottenere una dilatazione dei tempi processuali”.
Tali attività “ciascuna in astratto di per sé espressione di una facoltà legittima, ma che, essendo in concreto prive di fondamento e di scopo conforme alle ragioni per cui dette facoltà sono riconosciute” avevano dato luogo ad un abuso del diritto.
Per dirla con le parole della Suprema Corte, tale situazione è contraddistinta da una strategia che mirava alla “difesa dal processo e non nel processo”.
Nel caso in questione, quindi, la Corte aveva rilevato che la regola descritta dall'articolo 108 del Codice di Procedura Penale (ossia la concessione di un congruo termine a difesa a seguito di nomina di difensore in sostituzione del precedente per casi di rinunzia, revoca o incompatibilità) non aveva alcuna sanzione di nullità in caso di sua violazione.
L'unica sanzione, ex articolo 178 del Codice di Procedura, era di carattere generale in caso di violazione dei diritti all'assistenza legale dell'imputato.
Tale norma afferma infatti alla lettera c) che “È sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti:
c) l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante”.
Nel caso in questione, però, concludeva la Cassazione, la mancata concessione dei termini a seguito della reiterata sostituzione dei legali non aveva violato il diritto alla difesa dell'imputato, ma solo vanificato il suo tentativo di illegittimamente dilazionare il processo.
Importante notare come il ragionamento della cassazione si inserisca nel ricco filone della giurisprudenza Comunitaria in quanto la Corte di Strasburgo aveva già avuto modo di affermare che, ai sensi dell'articolo 35 paragrafo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, è abusivo e irricevibile il ricorso presentato con intenti del ricorrente manifestamente contrari alle finalità per le quali il diritto del ricorrente è riconosciuto.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, poi, ha in svariate decisioni sottolineato come costituisce abuso la condotta di colui che si appelli al tenore letterale delle norme comunitarie per fare valere davanti alla Corte un diritto che confligga con gli scopi perseguiti dalle disposizioni stesse (sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 20 settembre 2007, causa C-16/05, Tum e Dari).
Si può quindi concludere che la condotta processuale delle parti, anche laddove formalmente corretta, per essere valida e tutelata dall'ordinamento debba essere volta a perseguire le esigenze di tutela dell'imputato e del giusto processo che sono sottese all'esistenza delle norme stesse e che ogni deviazione dal suddetto paradigma possa costituire, astrattamente, un abuso del diritto.
La decisione di Appello era stata quindi corretta e – conseguentemente – il ricorso veniva respinto con condanna del ricorrente alla refusione delle spese della procedura.

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