Condominio

La quota fissa va pagata anche dopo il distacco

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Una delle questioni condominiali più controverse è quella relativa al distacco del singolo appartamento dall’impianto centralizzato.

Ma se in passato ciò poteva avere particolare rilievo, con l’introduzione della contabilizzazione obbligatoria il distacco ha perso molto del suo “appeal”, perché l’attuale sistema di riparto delle spese tiene conto anche del consumo effettivo.

Il pagamento dei costi fissi

L’articolo 1118, comma 4, del Codice civile prevede che «il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. In tal caso, il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma». La giurisprudenza ha poi precisato che il condomino distaccatosi è comunque tenuto al pagamento della quota fissa (compresa quella relativa al consumo involontario ma esclusa quella involontaria).

Per il Tribunale di Savona (sentenza 1446/2017) è infatti legittima la delibera assembleare che – pur in presenza di un regolamento condominiale contrattuale particolarmente sfavorevole al distacco - accolla al condomino “autonomo” le spese di consumo fisse, comprese quelle involontarie il cui computo è previsto da una norma inderogabile: vale a dire il Dlgs 102/2014 (e, di riflesso, la Uni 10200). In particolare, secondo i giudici «la clausola del regolamento non può dirsi immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c., in quanto, tra le spese coperte con la quota fissa, potrebbero esservi anche i consumi relativi alle parti comuni. Lo stesso ordinamento giuridico guarda con favore al mantenimento di un impianto comune; in questo senso, si veda l’art. 4, comma 9, D.P.R. 2 aprile 2009, n. 59; non è, quindi, immeritevole di tutela una clausola che renda disagevole tale distacco».

L’adeguamento della centrale

Meno dubbi vi sono, invece, circa le spese di adeguamento della centrale termica alla norma Uni 10200, mediante l’installazione di contabilizzatori di calore e altri interventi che spettano anche al condomino distaccato, essendo imposti da una normativa pubblica e inderogabile. Sul punto, il Tribunale di Roma (sentenza 12352/2017) ha osservato che, secondo un principio consolidato, il condomino che ha distaccato la propria unità immobiliare dall’impianto di riscaldamento centralizzato deve contribuire alle sue spese di manutenzione, rimanendo proprietario dell’impianto stesso (al quale non può rinunciare, in base all’articolo 1118 del Codice civile).

Nel caso affrontato dal tribunale romano, era stato riconosciuto dalle parti che i lavori di riparto avevano riguardato l’adeguamento della centrale termica, per consentire l’installazione dei contabilizzatori di calore. Si è trattato pertanto di una spesa non voluttuaria ma necessaria, dal momento che l’installazione dei contabilizzatori è stata resa obbligatoria nei condomìni con l’entrata in vigore del Dlgs 102/2014.

I calcoli nel supercondominio

Un ulteriore tema che crea dibattito concerne la contabilizzazione del calore nel supercondominio dotato di una centrale termica comune a più edifici.

Sul tema, i giudici di merito hanno osservato che la ripartizione delle spese di riscaldamento tra due condomìni singoli, che hanno in comune la centrale termica, deve rispettare – se non i criteri previsti dal Dlgs 102/2014 e dalla norma Uni 10200 – quantomeno la normativa in materia di contabilizzazione del consumo, in base ai prelievi effettivi delle palazzine costituite in singoli condomìni (misurati attraverso un contatore volumetrico).

Le dispersioni di calore

Altra questione “spinosa” attiene alle dispersioni di calore che – come si è visto – possono incidere sull’applicabilità o meno della Uni 10200. La norma prevede anche il calcolo di consumo di energia termica dei singoli locali, con la conseguenza che, in caso di locali in cui il consumo di energia sia particolarmente elevato, in relazione ai prelievi involontari, il singolo condomino avrà una quantità di millesimi superiore a quella di altre unità immobiliari. Si pensi, ad esempio, alle unità posizionate al piano terra e a quelle ubicate all’ultimo piano degli edifici.

Sempre a proposito di dispersioni, i giudici hanno affermato che è annullabile la delibera assembleare che non rispetti le norme Uni richiamate dal Dlgs 102/2014. E dunque, nella redazione del progetto di contabilizzazione e ripartizione delle spese di consumo del riscaldamento, è sempre necessario tenere conto delle dispersioni di calore.

Non sarebbe infatti conforme alla normativa vigente e alla Uni 10200 non attribuire un valore (pur ipotetico e forfettario) alle dispersioni dell’impianto centrale che vadano a vantaggio di proprietà esclusive. Come il vantaggio termico che si crea quando i tubi dell’impianto centralizzato attraversano gli appartamenti di proprietà esclusiva.

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