Condominio

Per l’ascensore non serve il permesso edilizio ma la maggioranza dei condòmini

di Donato Palombella


Questa volta abbiamo un piccolo fabbricato composto da piano terra, primo piano e sottotetto.
Il proprietario dei piani alti installa (si presume a proprie spese) un ascensore esterno con involucro in muratura ad uso esclusivo del proprio appartamento. L'intervento non piace al proprietario del piano terra che si lamenta perché le opere avrebbero portato al totale accecamento di una finestra al servizio dell'atrio comune e la sensibile diminuzione dell'aerazione e dell'illuminazione della scala comune. Per questo motivo il proprietario del piano terra chiede al comune che voglia ordinare la demolizione delle opere e la riduzione in pristino. Evidentemente per corroborare la lamentela e rafforzare la propria posizione, la parte impugna il titolo edilizio rilasciato al vicino di casa che avrebbe qualificato l'intervento come manutenzione straordinaria e avrebbe realizzato le opere con una semplice DIA mentre sarebbe stato necessario il preventivo rilascio di un permesso di costruire.

Il punto cruciale
Il proprietario del piano terra, nel contestare le realizzazione delle opere con una DIA, fa una mossa strategica. La DIA, infatti, può essere presentata dal vicino senza passare dall'assemblea mentre, se fosse stato richiesto un PdC, sarebbe stato necessario convocare l'assemblea e, quindi, il vicino di casa avrebbe dovuto necessariamente scendere a patti.

L'ascensore non richiede il permesso di costruire
La Sez. II del Tar Milanese, con la sentenza n. 2065 del 13 settembre 2018, ritiene che l'installazione di un ascensore all'esterno di un condominio non richieda necessariamente il preventivo ottenimento del permesso di costruire in quanto si tratterebbe di un semplice volume tecnico e non di una costruzione strettamente intesa. Tale tesi trova conforto nella giurisprudenza più recente (Tar Abruzzo, Pescara, sentenza 9 aprile 2018, n. 134; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza 30 giugno 2017, n. 1479; Tar Liguria, Sez. I, sentenza 29 gennaio 2016, n. 97).

Necessario il consenso dei condòmini
Il Tar, peraltro, rileva che l'intervento edilizio, da un punto di vista civilistico, si configura come una innovazione ai sensi dell'art. 1120 cod. civ.. Richiama, in proposito, l'art. 78 del Dpr 380/2001 che richiede, per le innovazioni che comportano una eliminazione delle barriere architettoniche, l'approvazione da parte dell'assemblea con le maggioranze previste dall'articolo 1136, commi 2 e 3 , del codice civile. La norma, peraltro, non subordina necessariamente la realizzazione delle opere al "via libera" dell'assemblea ma ammette una scappatoia in favore dei portatori di handicap. Se il condominio rifiuta di eseguire i lavori, le opere possono essere eseguite dal portatore di handicap a proprie spese, fermo restando che, se gli altri condòmini vorranno avvalersene successivamente, dovranno comunque pagare la propria parte.

Il proprietario del piano alto ha un problema
Il proprietario dell'appartamento sito al primo piano, sembra essere caduto sulla classica buccia di banana. Non ha dimostrato che le opere sono necessarie per superare le difficoltà di un soggetto diversamente abile e non ha fornito la prova di possedere i millesimi necessari ad autorizzare le opere. Si rammenta, in proposito, che le innovazioni dirette a eliminare le barriere architettoniche devono essere approvate dall'assemblea con il voto favorevole di tanti condomini che rappresentino almeno metà del valore dell'intero edificio.

Il comune deve verificare il titolo di proprietà
L'articolo 11 del Dpr 380/2001 prevede che il titolo edilizio possa essere rilasciato solo al titolare del diritto di proprietà dell'immobile (ovvero al soggetto comunque legittimato). Da ciò deriva l'obbligo, per l'amministrazione comunale, di verificare se il richiedente il titolo edilizio abbia un idoneo titolo di godimento sull'immobile. E' vero che l'amministrazione non è chiamata a risolvere eventuali conflitti di interesse tra privati in ordine all'assetto proprietario, ma è pur vero che deve accertare il requisito della legittimazione soggettiva di chi vuole eseguire i lavori. Ovviamente non si può chiedere all'amministrazione comunale di svolgere complessi e laboriosi accertamenti, ma bisogna pur esplicare una sufficiente istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 17 giugno 2014, n. 3096; Sez. IV, sentenza 6 marzo 2012, n. 1270; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza 31 gennaio 2017, n. 235; Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, sentenza 5 novembre 2015, n. 5137). Bacchettato il Comune! La situazione, nel caso in esame, è ancor più complessa in quanto il proprietario del piano terra aveva diffidato formalmente il Comune a verificare l'effettiva sussistenza del titolo di proprietà esibito dai vicini di casa; la diffida avrebbe dovuto allertare i funzionari comunali e, conseguentemente, avrebbe richiesto un
supplemento di istruttoria.

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