Condominio

Amministratore, per la lite avviata nei limiti delle attribuzioni non serve la ratifica

di Selene Pascasi

L'amministratore può costituirsi nei giudizi relativi alle parti comuni e impugnare la sentenza sfavorevole senza preventiva autorizzazione dell'assemblea purché ne dia immediata notizia all'assemblea stessa che, ratificandone l'operato, potrà “liberarlo” da un'eventuale pronuncia d'inammissibilità dell'atto di costituzione o di impugnazione da questi formulato.
Lo afferma la Corte d'appello di Napoli, con sentenza n. 2753 del 7 giugno 2018 (presidente relatore Giovanni de Crecchio) . Protagonista una donna che, richiesta e non ottenuta la dichiarazione di nullità di una delibera condominiale, insiste nella pretesa e sottopone la questione al collegio di appello. Motivo principe, il difetto di costituzione del condominio. In altre parole, spiega la signora, l'amministratore dell'ente si era costituito in una causa legata a dei beni comuni, senza aver preventivamente domandato e ottenuto l'autorizzazione dell'assemblea la quale, peraltro, non aveva ratificato il suo operato neppure in corso di processo.
Vizio non di poco conto, conclude la condomina, considerato che – come insegna il principio dettato dalle Sezioni Unite di Cassazione con sentenza 18331/2010 – l'autorizzazione o almeno la ratifica sono indispensabili per la regolare costituzione in giudizio del condominio. I giudici napoletani, però, dissentono e bocciano l'appello: l'amministratore, scrivono, può «resistere all'impugnazione della delibera assembleare e può gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, giacché l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientrano fra le attribuzioni proprie dello stesso» (Cassazione civile, sentenza 7095/2017). E ciò, senza che ci si ponga in contrasto con quanto affermato dalle citate Sezioni Unite. È vero, infatti, che in quell'occasione si sostenne che l'amministratore – pur potendo essere convenuto nei giudizi inerenti le parti comuni, anche per impugnare la sentenza sfavorevole – è tenuto a «dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri» per incassare la ratifica ed evitare una pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione o di impugnazione.
È anche vero, tuttavia, conclude la Corte d'appello, come tale regola riguardi espressamente solo i giudizi che esorbitino dai poteri dell'amministratore (ai sensi dell'articolo 1131 del Codice civile, commi 2 e 3) e non i casi, come quello discusso, relativi all'esecuzione e alla difesa delle deliberazioni dalle impugnative giudiziali del singolo condomino. Iniziativa che, difatti, rientra nelle attribuzioni dell'amministratore.
In altre parole, è proprio tenuto conto delle specifiche funzioni e mansioni demandategli dalla norma civilistica prima richiamata, che potrà resistere all'impugnazione della delibera assembleare – o impugnare la relativa decisione giudiziale – senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea atteso che, in tali ipotesi, non è consentito al singolo condomino dissenziente separare la propria responsabilità da quella degli altri in ordine alle conseguenze della lite, ma solamente ricorrere all'assemblea avverso i provvedimenti dell'amministratore o al giudice contro il successivo deliberato dell'assemblea.
A conti fatti, dunque, il condomino non potrà opporsi alla vertenza avviata dall'amministratore, anche qualora non sia stata l'assemblea a deliberare la lite attiva o passiva. E la frequenza di evenienze simili è altissima, riscontrandosi nella pratica molte vicende in cui l'amministratore, nei limiti delle attribuzioni conferitegli dal codice civile, dal regolamento condominiale o dall'assemblea, decida di attivarsi in giudizio contro i condòmini o terzi soggetti. A maggior ragione, potrà procedervi a difesa dei beni di proprietà comune. È per questo, e per altri rilievi puramente tecnici, che l'appello della signora viene respinto.

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