Condominio

Fuori assemblea sono diffamazione gli insulti all’amministratore assente

di Paolo Accoti

E' diffamazione se le accuse all'amministratore sono mosse senza contraddittorio fuori dall'assemblea. Offendere l'altrui reputazione, comunicando con più persone, configura il reato di diffamazione punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.300 euro. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena della reclusione può estendersi fino a due anni al pari della sanzione alternativa della multa, aumentata fino a 2.700 euro (art. 595 Cp).
La tutela all'onore e al decoro della persona offesa deve però contemperarsi con il diritto di critica costituzionalmente garantito, a mente del quale chiunque ha la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero.
Dal contemperamento dei due diritti in questione emerge come la diffamazione si configura ogni qual volta la manifestazione del pensiero si tramuta in un gratuito attacco personale ai danni del destinatario in mancanza di un nucleo di veridicità, con la conseguenza che la critica si tramuta in una mera congettura e in motivo di dileggio e di montatura in danno della persona offesa.
Ecco che allora deve essere esclusa la scriminante del diritto di cronaca qualora il contenuto non veritiero di gravi e specifiche accuse a carico dell'amministratore del condominio e, in particolare, l'addebito di presunte condotte tendenti a favorire alcuni condòmini autori di abusi edilizi e le insinuazioni - del tutto generiche - relative alla «cattiva gestione», non sono precedute dal doveroso preliminare esame della documentazione contabile disponibile, dall'assenza di contraddittorio e dalla contestazione al di fuori della sede assembleare all'uopo deputata.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 39550, pubblicata in data 3 settembre 2018.
Due condòmini venivano tratti in giudizio per il reato di diffamazione ai danni dell'amministratore di condominio, per le affermazioni contenute in una lettera nella quale accusavano il predetto amministratore <<di avere coperto gli abusi edilizi commessi da taluni condomini e di non avere amministrato in modo imparziale>>.
Il Giudice di pace di Recanati, con sentenza confermata in appello dal Tribunale di Macerata, riconosceva gli imputati responsabili del reato loro ascritto, tuttavia, la sentenza veniva annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione, nelle more adita dai condòmini imputati.
In sede di rinvio il Tribunale di Macerata confermava la responsabilità degli stessi, tuttavia, dichiarava il reato estinto per intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili (risarcimento danni) in favore dell'amministratore di condomino.
Ricorrono per la cassazione della sentenza di rinvio gli imputati, deducendo violazioni di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione evidenzia come la sentenza originaria era stata annullata atteso che <<il Tribunale ha ritenuto che il tenore della missiva inviata agli altri condomini apparisse tale da ledere l'onore della persona offesa, dipingendola quale soggetto prevaricatore e incompetente, colluso con soggetti che avevano posto in essere condotte illecite. Ed è forse questo il punto della motivazione che non risulta adeguatamente approfondito, non ponendo a confronto i due diritti in conflitto: quello all'onore della persona offesa e quello alla critica da parte dei condomini. È noto, infatti, che in tema di diffamazione, per la sussistenza dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica, è necessario che quanto riferito non trasmodi in gratuiti attacchi alla sfera personale del destinatario e rispetti un nucleo di veridicità, in mancanza del quale la critica sarebbe pura congettura e possibile occasione di dileggio e di mistificazione, fermo restando che l'onere del rispetto della verità è più attenuato rispetto all'esercizio del diritto di cronaca, in quanto la critica esprime un giudizio di valore che, in quanto tale, non può pretendersi rigorosamente obiettivo.>>.
Ciò posto rileva come i ricorsi risultino infondati, avendo il Tribunale di Macerata, in sede di rinvio, colmato la lacuna motivazionale esistente nella sentenza di annullamento.
A tal uopo riferisce come il ricorso sia in parte inammissibile, tendendo ad una rivalutazione del compendio probatorio preclusa in sede di legittimità - non essendo peraltro la contraddittorietà della motivazione paventata debitamente argomentata - e, comunque, nel merito infondato.
Tanto è vero che <<il giudice di secondo grado ha valorizzato, allo scopo di escludere la sussistenza della scriminante del diritto di critica, gli elementi di fatto da cui ha dedotto la natura diffamatoria della missiva, valorizzando le modalità di diffusione, il contenuto falso di alcune gravi e specifiche accuse relative a presunte condotte della parte civile che avrebbe favorito gli autori di abusi edilizi commessi all'interno del condominio, la pretestuosità e genericità delle accuse relative alla cattiva gestione poiché i ricorrenti non hanno posto in essere il richiesto comportamento diligente di preliminare esame della documentazione contabile disponibile, avendo preferito muovere, senza contraddittorio e al di fuori della sede assembleare propria, gravi e generiche accuse di infedeltà. Nel caso di specie, dunque, è stata motivatamente esclusa la sussistenza dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica, essendo emerso che quanto riferito nella missiva trasmodava in gratuiti attacchi alla sfera personale del destinatario in mancanza di un nucleo di veridicità, sicché la critica è divenuta una pura congettura da cui trarre una possibile occasione di dileggio e di mistificazione.>>.
Al rigetto del ricorso, pertanto, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

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