Condominio

L’amministratore condominiale deve risarcire l’avvocato diffamato

di Giulio Benedetti

Il mestiere dell'amministratore condominiale è un'attività assai stressante che comporta continui rapporti con il prossimo e l'autocontrollo è il primo requisito della professione, in modo da moderare le parole, al fine di non offendere mai l'altrui reputazione allorquando si comunica con più persone. Non sempre sono facili le interlocuzioni con i fornitori , i condomini ed i professionisti e perdere il controllo è un lusso che si paga a caro prezzo. È il caso trattato dalla Corte di Cassazione (sent. n. 15742/2018) che ha condannato un amministratore condominiale al risarcimento del danno poiché aveva diffamato i suoi legali. In particolare l'amministratore , in occasione della notifica di un decreto ingiuntivo , si sarebbe lamentato con un fotografo dell'operato dei suoi due avvocati di fiducia affermando che erano dei delinquenti e dei professionisti incapaci e che l'avrebbero pagata cara.
Il Tribunale civile accoglieva la domanda proposta dai legali e condannava l'amministratore al pagamento di una somma di denaro a titolo del risarcimento del danno di diffamazione. La Corte di Appello, in accoglimento dell'appello dell'amministratore , riduceva l'importo del risarcimento poiché difettava l'elemento oggettivo del reato di diffamazione in quanto l'episodio si era svolto solo tra due persone. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei legali ed ha riformato la predetta sentenza , pur concordando che i molteplici episodi riferiti e provati dagli attori erano indici evidenti di un rapporto professionale deteriorato.
La Corte poneva particolare attenzione all'episodio narrato per cui l'amministratore , nel corso di un'assemblea condominiale, per fare loro revocare il mandato professionale, aveva definito i legali dei buoni a nulla. La Corte di Appello aveva ritenuto non risarcibile l'episodio intercorso con il fotografo poiché difettava il requisito della pluralità delle persone previsto dall'art. 595 c.p. e quindi l'elemento oggettivo del reato di calunnia. Invece la Corte di Cassazione affermava la risarcibilità anche di tale episodio, nonostante non integrasse il reato dell'art. 595 c.p., poiché l'onore e la reputazione costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti e la loro lesione legittima sempre la persona offesa a domandare il ristoro del danno non patrimoniale , quand'anche il fatto non integri gli estremi di un reato (C.Cass. sent. n. 25257/2008). In conformità ad una precedente sentenza (C.Cass. sent. n. 22190/2009) la Corte affermava che l'onore e la reputazione , la quale si identifica con il senso della dignità professionale in conformità all'opinione del gruppo sociale , secondo il particolare contesto storico, costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti e, pertanto , alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata dagli artt. 2043 e 2059 c.c., la loro lesione è suscettibile di risarcimento del danno non patrimoniale , a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo costituisca un'ipotesi di reato.

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