Condominio

Distanze tra costruzioni, la Sicilia ha regole proprie

di Edoardo Valentino

Nel sistema legislativo italiano un proprietario può, nei limiti, disporre in modo pieno ed esclusivo del suo bene, senza incontrare altre barriere che il rispetto dei diritti della pubblica amministrazione e dei terzi.
Uno di questi limiti è rappresentato dalla presenza di regole che vietano la costruzione di nuove abitazioni ad una distanza inferiore a quella prevista dalle norme.
Tale legislazione è motivata dall'esigenza di evitare che la smania di costruire abitazioni di grandi dimensioni e in luoghi ambiti porti alla realizzazione di complessi abitativi ad elevatissima densità e del tutto insalubri, pericolosi e inabitabili.
L'articolo 873 del Codice Civile stabilisce chiaramente al primo comma che “Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri”.
In modo molto meno univoco e perciò soggetto a interpretazioni, però, il successivo comma secondo specifica che “Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.
Esiste quindi la possibilità per le pubbliche amministrazioni locali di derogare alla disciplina codicistica, ma tale eccezione alla regola deve costituire un limite superiore alla distanza di costruzione, non essendo possibile derogare all'articolo 873 del Codice stabilendo una distanza inferiore a quella ivi prescritta.
Il caso oggi in analisi tratta appunto di una di queste deroghe locali e in particolare quella valida per la Regione Sicilia.
La Sicilia, inoltre, come noto, gode dello status di Regione a Statuto Speciale.
L'articolo 14 comma I lettera f) dello Statuto della Regione stabilisce che la Sicilia ha competenza esclusiva in materia urbanistica, nonché di pianificazione territoriale ed edilizia pubblica con conseguente possibilità di darsi delle norme in materia (si ricorda, d'altra parte, che per autonomia si intende proprio il potere di darsi delle norme).
Si sono susseguite, negli anni, molteplici normative valide esclusivamente per la Regione Sicilia e atte a disciplinare la materia delle distanze legali di costruzione.
Ad oggi, tuttavia, la complicata materia si può riassumere nel seguente modo.
L'articolo 21 della Legge Regionale Siciliana numero 21 del 1973 prevede che “Nei Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione l'edificazione resta soggetta alle delimitazioni contenute nell'art. 17 della legge 6 agosto
1967, n. 765, fino alla data di presentazione dei relativi piani all'Assessorato regionale dello sviluppo economico.
A partire da quest'ultima data l'edificazione si svolgerà in conformità delle previsioni dei piani adottati con le seguenti limitazioni:
I) Zone territoriali omogenee “A”
Sono consentite operazioni di risanamento e trasformazioni conservative nel rispetto delle norme contenute nel decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 3519, anche a mezzo di singole licenze.
Le aree libere resteranno inedificate sino all'approvazione degli strumenti urbanistici.
Nei comuni dotati di strumenti urbanistici generali approvati o adottati e presentati all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, l'edificazione nelle aree libere può avvenire a mezzo di singole concessioni.
II) Zone territoriali omogenee “B”
Qualora le previsioni dei piani adottati consentono trasformazioni per singoli edifici
mediante demolizione e ricostruzione, sopraelevazioni ed ampliamenti nonchè l'utilizzazione di lotti interclusi a scopo residenziale che abbiano una superficie non superiore a metri quadrati mille, il Sindaco può autorizzare le suddette opere con singole licenze, anche senza la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione, nel rispetto dei limiti di densità previsti dall'art. 7 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 3519.
Nei comuni con popolazione non superiore a 50 mila abitanti o nelle frazioni degli altri comuni con popolazione non superiore a 10 mila abitanti, nei casi previsti dal precedente comma e per i lotti di terreno aventi una superficie non superiore a metri quadrati 120, la densità edilizia fondiaria massima sarà di mc/mq. 9 e l'altezza massima di ml. 11.
Per i lotti di terreno aventi una superficie superiore a mq 120 e non superiore a mq 200 il volume massimo consentito è di mc 1000, ferma restando l'altezza massima di ml. 11.
Nei suddetti comuni e frazioni l'edificazione è consentita nel preesistente allineamento stradale, anche in deroga al disposto del punto 2) dell'art. 9 del citato decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 3519.
In tutti i comuni, nelle rimanenti aree inedificate l'attività edilizia delle zone B è subordinata alla preventiva approvazione dei piani di lottizzazione, ai sensi dell'art. 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche, redatti in conformità delle previsioni del piano adottato.
III) Zone territoriali omogenee “C” […]
IV) Zone territoriali omogenee “D” […]
V) Zone territoriali omogenee “E” […]
Le disposizioni contenute nei punti I e II del presente articolo si applicano anche nei comuni che abbiano adottato lo strumento urbanistico anteriormente all'entrata in vigore della presente legge o che siano già dotati di piano regolatore o di programma di fabbricazione approvati”.
Tale norma precisa quindi una disciplina transitoria che consente l'edificazione anche in deroga all'articolo 9 del Decreto Ministeriale 2 aprile 1968 n. 2519 che prevedeva una distanza minima di dieci metri tra pareti con finestre e pareti di edifici antistanti nei comuni con meno di cinquantamila abitanti o frazioni di comuni con meno di diecimila cittadini.
Nei comuni sprovvisti di piano regolatore, in ogni caso, si deve applicare l'art. 17 della Legge 765 del 1967 che, riformando la legge 150 del 1942 (cosiddetta legge urbanistica) ha stabilito una articolata disciplina per le distanze legali degli edifici in caso di paesi sprovvisti di piano regolatore.
La disciplina sopra sintetizzata rappresenta la normativa della Regione Sicilia in materia di distanze tra edifici.
A dimostrazione della complessità e difficoltà interpretativa della citata normativa si citano due recentissime sentenze della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione che, nel decidere due casi analoghi, giungono a conclusioni radicalmente opposte.
La prima sentenza da analizzare è la numero 20959 del 22 agosto 2018.
In tale decisione la Cassazione accoglieva il gravame proposto dalle ricorrenti in quanto il Giudice d'Appello non aveva correttamente applicato la disciplina tratteggiata nella prima parte del presente scritto.
Nel caso in questione, in particolare, la Cassazione affermava che “una volta assodato che la costruzione in questione di trovava in zona omogenea B ed aveva tutte le caratteristiche illustrate per poter ritenere applicabile la normativa regionale, e quindi lo strumento urbanistico locale, [il giudice d'appello, NDR] avrebbe dovuto non solo indicare fra i presupposti l'interclusione del fondo, ma anche verificarne la concreta ricorrenza nel caso di specie”.
Nel piano regolatore locale, difatti, era presente una deroga al regime delle distanze in caso di fondo intercluso e quindi la Corte d'Appello avrebbe dovuto tenere conto di tale circostanza.
All'esito della sentenza, quindi, la Cassazione accoglieva il ricorso e – cassata la sentenza di seconde cure – rinviava il giudizio ala Corte d'Appello per un nuovo esame.
La seconda sentenza in analisi, come accennato, giungeva all'esito opposto.
Nella sentenza Cassazione Civile Sezione II, numero 20960 del 22 agosto 2018 , infatti, la Corte rigettava il ricorso proposto.
In questa decisione gli Ermellini riconoscevano difatti la validità dell'applicazione delle norme operata dalla Corte d'Appello affermando che “in materia di distanze legali relative a costruzioni realizzate prima dell'entrata in vigore del Programma di fabbricazione del Comune (della Regione Sicilia) interessato al fenomeno edilizio, e prima dell'entrata in vigore delle leggi regionali siciliane n. 19 del 1972 e 21 del 1973, si applica la disciplina contenuta nell'art. 17 della legge 6 agosto 1967 n. 765 (cosiddetta legge ponte) […] nella parte in cui stabilisce che la distanza fra edifici vicini non può essere inferiore all'altezza di ciascun fronte degli edifici da costruire, avente natura di norma integrativa dell'art. 873 cod. civ.” e che nel caso in questione “la corte distrettuale non si è discostata da questi principi, sottolineando che la normativa di cui all'art. 28 della legge regionale invocata è prevista solo per il periodo tra l'adozione e l'approvazione dei piani urbanistici dei comuni e potendo operare, al di fuori di tale ristretto ambito, solo nel caso in cui essa venga espressamente e definitivamente recepita dallo strumento urbanistico locale”.
Il ricorso, quindi, veniva rigettato perché non vi era traccia nel piano regolatore del comune ove era stato edificato l'immobile oggetto di causa, di un esplicito recepimento dell'art. 28 della legge regionale numero 21 del 1973 e, conseguentemente, la disciplina vigente non poteva essere quella prevista da tale norma (che era infatti per sua natura sussidiaria e transitoria).
I predetti esempi di sentenze di legittimità hanno bene illustrato la complessità della materia delle distanze di edificazione, specie in una realtà come quella siciliana ove la presenza di leggi transitorie e leggi regionali hanno contribuito a rendere ancora più complesso il quadro normativo rispetto al resto della penisola.
Si può concludere, quindi, che in caso di dubbio sarà necessario dapprima verificare quale norme siano ancora vigenti e non siano state derogate o modificate con il passare degli anni e, in seguito, verificare l'applicabilità delle stesse, che si potrà avere, comunque, solo in assenza di regole previste dal piano regolatore dei vari comuni e – in ogni caso – con il limite minimo stabilito dall'articolo 873 comma I del Codice Civile.

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