Condominio

Delibera valida anche se manca l’elenco dei nomi di chi ha votato a favore

di Selene Pascasi

È valida la delibera il cui verbale, pur non indicando i partecipanti che hanno votato a favore, contenga l'elenco di tutti i presenti, dando atto dei nominativi degli astenuti, dei contrari e delle relative quote millesimali. In questo modo, difatti, si potrà comunque stabilire con certezza, per differenza, quanti e quali soggetti si siano espressi favorevolmente così da raggiungere il quorum legale. Lo afferma il Tribunale di Roma, con sentenza n. 9733 del 14 maggio 2018 (Giudice Sebastiano Lelio Amato).
È un condomino a chiamare in causa il consorzio di appartenenza, per reclamare l'invalidità delle delibere adottate nel corso di un'assemblea. Il verbale – spiega – giacché redatto tramite computer era modificabile in qualsiasi momento, in spregio a quella contestualità della redazione che avrebbe dovuto garantirne l'autenticità. Se ne contestava, in sostanza, la conformità al discusso e deliberato. Non solo. Nel carteggio non figuravano i consorziati presenti personalmente e/o per delega e tanto meno i relativi millesimi, risultando solo che la riunione veniva aperta “alla presenza di persone e per delega di…”. Peraltro, dalle votazioni non era possibile riscontrare l'effettiva attività svolta e in delibera nulla veniva annotato circa il nome e il valore della quota proporzionale dei presenti. Ragioni che, unitamente alla genericità e alla contraddittorietà dei punti discussi, avrebbero reso le decisioni nulle, annullabili o, in subordine, inefficaci o illegittime.
Impugnazione che il Tribunale accoglie a metà. Dal foglio presenze, annota, si evincevano i nominativi dei partecipanti e dei delegati. E, come precisato da Cassazione 6552/2015, non è annullabile una delibera il cui verbale, ancorché non riporti l'elenco puntuale di chi abbia votato a favore, tuttavia contenga i nomi dei presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, la specifica degli astenuti, dei condomini che abbiano votato contro e del valore complessivo delle rispettive quote millesimali. Dati che «consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il quorum richiesto dall'articolo 1136» del Codice civile.
Respinta, invece, la doglianza inerente l'avvenuta verbalizzazione via computer. Anche sul punto, è la citata pronuncia di Cassazione a rilevare come non esista alcun disposto che sancisca la necessaria approvazione del verbale in sede assembleare. Nessun obbligo, quindi, di farlo sottoscrivere dal presidente e dal segretario a fine incontro. D'altronde, quella contestualità di redazione pretesa dal consorziato a garanzia di autenticità, verrebbe assicurata soltanto nell'ipotesi in cui il verbale venisse letto, presenti tutti gli intervenuti, a riunione conclusa. Ma una norma che lo imponga non è rinvenibile. Ciò che conta, si legge in sentenza, è che il documento sia «fedele e riporti la sottoscrizione, piuttosto che le modalità con le quali viene redatto». Semmai, proprio a voler escludere diverse soluzioni, l'attore avrebbe dovuto illustrare in cosa consistesse, realmente, la denunciata divergenza tra i fatti rilevanti verificatisi in assemblea e il verbalizzato. Nel sostenerlo, il Tribunale, legandosi alla ventilata questione della carenza di quorum per procedere ad azioni legali, coglie l'occasione per ricordare come i consorzi di urbanizzazione – figure atipiche caratterizzate da una stabile organizzazione di soggetti, funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo e, dunque, assimilabili ad associazioni non riconosciute – siano privi nel nostro ordinamento di una propria disciplina. Essi, pertanto, esulando dall'ambito applicativo dei consorzi fra imprenditori per il coordinamento della produzione e degli scambi, si baseranno su criteri desumibili da istituti analoghi. Gli associati, inoltre, inserendosi nel sodalizio mediante l'acquisto del bene, andranno sì a fruire dei vantaggi loro offerti ma assumeranno anche una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni. Di qui, salva diversa volontà manifestata nello statuto (fonte primaria della disciplina consortile) la propensione per il ricorso alle sole disposizioni dettate in tema di comunione e condominio. Ebbene, ai fini della validità delle delibere dell'assemblea condominiale, scrive il Tribunale risolvendo un'ulteriore censura, se non è «necessario che nell'avviso di convocazione gli argomenti da trattare siano indicati in termini analitici e specifici, in modo da prefigurare lo sviluppo e l'esito della discussione, essendo sufficiente che essi siano indicati nell'ordine del giorno nei termini essenziali per esser comprensibili», non poteva negarsi che, nella vicenda, la formulazione dei punti trattati, tutt'altro che cristallina, aveva impedito una partecipazione consapevole alla discussione, viziando la delibera che, in adesione alle richieste dell'uomo, andava annullata. Bocciata, per i motivi esposti, il resto dell'impugnazione.

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