Condominio

L’intervista all’esperto: Enzo Rocco

di Francesco Schena

La legge di riforma n. 220 del 2012 ha introdotto l'obbligo di apertura e utilizzo del conto corrente bancario o postale intestato al condominio quale onere diretto dell'amministratore. La norma ha, evidentemente, risposto a precise esigenze di trasparenza nell'amministrazione a garanzia dei condòmini ma, allo stesso tempo, ha anche prestato il fianco a nuove esecuzioni da parte dei creditori del condominio che, nella sconvenienza di perseguire i singoli morosi parziari nel recupero dei crediti, preferiscono, spesso, il pignoramento del conto corrente condominiale.
In prima analisi, una tale procedura appare in forte contrasto con l'obbligazione solidale da parte dei condomini in regola con i pagamenti ormai soltanto sussidiaria rispetto alla preventiva quanto imposta escussione dei morosi. In altri termini, ai più, la pignorabilità del conto corrente condominiale sembra una vera e propria beffa a danno della compagine condominiale che si vede così sottratta la disponibilità di risorse magari già predestinate ad altri utilizzi ancorché temporaneamente giacenti sul conto.
Abbiamo chiesto all’avvocato Enzo Rocco, Segretario nazionale ALAC, cosa ne pensa.
Avvocato Rocco, il Tribunale di Milano è ormai fortemente orientato a confermare la legittimità del pignoramento del conto corrente condominiale nonostante le previsioni del nuovo art. 63 disp. att. c.c. Qual è il suo pensiero al riguardo?
Credo che l'idea originaria della Riforma del 2012, fosse proprio il riconoscimento della Personalità Giuridica al condominio e di conseguenza il riconoscimento dell'autonomia patrimoniale perfetta, come previsto per le società di capitale, poi qualcosa è andato di traverso ed il Legislatore ha fatto marcia indietro, ma tra le righe del nuovo testo normativo qua e là si può scorgere qualche passaggio che è chiaramente frutto di quella idea.
Penso tuttavia che se il Legislatore ha operato una scelta ben precisa e cioè quella di lasciare il condominio in un limbo indefinito, i giudici non possono arrogarsi il potere di andare in una direzione diversa.
L'art. 63 disp att. c.c. introduce il “beneficio di escussione preventiva del condomino moroso” ebbene ammettendo l'esecuzione sul conto corrente condominiale si consente di fatto al creditore di aggirare l'ostacolo imposta dalla legge.
Con il blocco del conto, l'amministratore si troverà nell'impossibilità di gestire le spese del condominio ed i condomini “virtuosi” saranno costretti a pagare nuovamente per evitare la sospensione dei servizi, stravolgendo così completamente quella che era la ratio della nuova norma introdotta dalla riforma e cioè garantire una maggior tutela ai condomini puntuali con il versamento degli oneri condominiali.
Non ritiene che la pignorabilità del conto corrente apra nuovi scenari di discussione sull'autonomia patrimoniale del condominio e, quindi, sulla sua personalità giuridica ancorché compressa?
Secondo una importante Pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite (la n. 9148/2008) Il condominio non è titolare di un patrimonio autonomo ed i diritti patrimoniali, così come le obbligazioni del condominio in realtà si incardinano in capo ai singoli condomini. Ergo le somme versate sul conto corrente del condominio non sono di un soggetto terzo con una sua autonomia patrimoniale ma bensì sono in quota parte di ciascuno dei singoli condomini che hanno concorso alla formazione di quella provvista.
Ammettere per la giusta e sacrosanta tutela del terzo creditore l'esecuzione sul conto condominiale significa ammettere una “embrionale forma di autonomia patrimoniale del Condominio” (Tribunale di Reggio Emilia maggio 2014 e Tribunale Milano 21/11/2017) facendo rientrare dalla finestra ciò che il Legislatore aveva fatto uscire dalla porta.
Queste sono considerazioni di carattere giuridico, se poi lei volesse conoscere il mio pensiero sul punto posso dirle in tutta serenità e sulla scorta della mia ormai trentennale esperienza che “l'istituto Condominiale” così come disegnato dal nostro Legislatore, oggi non funziona. Occorrerebbe, a mio giudizio, configurare una nuova veste ad hoc in cui calare la compagine condominiale; il condominio oggi in realtà non esiste, non è una persona fisica ma non è nemmeno una persona giuridica anche se nei fatti somiglia molto di più a quest'ultima.
Sarebbe auspicabile un nuovo intervento del Legislatore per delineare dei confini meglio definiti per l'istituto condominiale e soprattutto per dare agli amministratori e a tutti gli “addetti ai lavori” degli strumenti di lavoro più adeguati e più efficaci. Non escludo che nel giro di pochi anni, un Legislatore sempre più incline a fare sue le più importanti pronunce Giurisprudenziali, ci regali una nuova figura ibrida del “Condominio/Società”
La coesistenza del diritto al pignoramento del conto corrente per l'intero credito con l'obbligazione parziaria dei singoli partecipanti non rischia di generare una duplicazione illogica delle obbligazioni nonostante l'unico ed originario rapporto contrattuale?
Certamente, immaginiamo il caso in cui il creditore non trovi sufficienti risorse sul conto corrente condominiale per vedere soddisfatto il suo credito e decida quindi di attivare la procedura esecutiva di cui all'art. 63 disp att. c.c. anche nei confronti dei singoli condomini morosi, ci troveremo in tal modo con un titolo esecutivo per l'intero importo contro il condominio (come dice il Tribunale di Milano 21/11/2017) e tanti atti di precetto individuali pro quota a carico dei singoli condomini morosi sulla scorta di un unico rapporto obbligatorio.
Ma le dirò di più, proviamo ad immaginare uno scenario in cui un amministratore diligente abbia provveduto ex art. 63 disp att. c.c. 1° comma ad ingiungere il pagamento delle quote insolute ai condomini morosi, per i motivi più disparati tali procedure vanno per le lunghe, nelle more interviene uno dei creditori insoddisfatti del condominio chiedendo all'amministratore i nominativi dei condomini morosi: ad oggi nulla vieta al creditore di perseguire in executiviis i singoli condomini morosi, sebbene già intimati in precedenza dall'amministratore. Si genererebbe in tal modo una totale confusione ed un vero e proprio obbrobrio giuridico.
Una riflessione su possibili limiti alla pignorabilità del conto corrente?
Con la riforma dell'art 545 del codice di Procedura Civile comma 8° il Legislatore ha imposto un limite alla pignorabilità dei conti correnti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati onde evitare che il terzo creditore potesse aggirare le limitazioni imposte dalla Legge per il pignoramento presso il datore di lavoro o presso l'Ente di Previdenza;
Non vedo quale possa essere il problema ad introdurre una limitazione di questo tipo anche per il conto corrente condominiale, magari obbligando il creditore a richiedere all'amministratore non solo l'elenco dei condomini morosi ma anche la specifica delle somme versate sul conto e limitare il pignoramento solo a quel determinato importo. Mi spiego meglio con un esempio, se sul conto condominiale ci sono 20.000 euro, l'amministratore conosce esattamente la destinazione di quella somma e saprà che 5.000,00 euro servono per pagare un lavoro all'ascensore, 5000,00 servono per pagare riscaldamento, 5000.00 servono per pagare pulizie e 5.000,00 servono per pagare l'assicurazione,
Se dovesse intervenire un pignoramento da parte della ditta di manutenzione ascensori, che vanta un credito diciamo di 15.000,00 euro, basterebbe imporgli di agire preliminarmente per 10.000,00 euro contro i condomini morosi (ex art 63 disp att. C.c.) e solo in subordine con un pignoramento sul conto ma limitatamente alla restante parte del suo credito pari ad euro 5.000,00 che effettivamente risulterebbe in giacenza sul conto.
Basterebbe emulare questa piccola modifica dell'art. 545 c.p.c. comma 8° ed adattarla alla realtà del conto corrente condominiale per ripristinare degli elementari principi di equità e giustizia.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©