Condominio

Videoregistrazione dell’assemblea, senza permessi non vale come prova

di Rosario Dolce

La Cassazione ha, più volte, precisato che il verbale dell' assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma in essa essersi verificati, e dunque che spetta al condomino il quale impugna la deliberazione assembleare, contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, di provare il suo assunto (tra le tante, Cassazione Civile, 11 novembre 1992, n. 12119).
Ora ci si interroga sulla prova che, a tal fine, ciascun condòmino debba fornire per ottenere l'invalidazione del verbale per “falso materiale”.
Al quesito appena posto risponde il Tribunale di Roma con la Sentenza pubblicata in data 3 luglio 2018. Con tale provvedimento il giudice riflette sulla rilevanza processuale di una registrazione effettuata da parte di un condòmino in modo occulto, cioè senza la preventiva autorizzazione degli altri partecipanti.

La Sentenza
Intanto, viene riferito, in seno al provvedimento in commento, che ciascun condòmino è in grado di registrare i lavori assembleari. A tal uopo, è stata richiamata la Sentenza della Corte di Cassazione n 18908/2011, con cui è stato chiarito che, ciascun partecipante ad una conversazione, sia essa una riunione di condominio o un colloquio tra amici, accetta il rischio di essere registrato.
Quindi, nel caso in specie, non sussisterebbe alcuna lesione alla privacy dei partecipanti, in quanto la registrazione “occulta” non avrebbe dato luogo alla <<compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso solo da chi palesemente via partecipa o assiste>> (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 36747/2003).
Ciò non toglie, tuttavia, che il partecipante all'assemblea che abbia registrato i lavori non possa divulgare il contenuto a terzi non presenti nell'assise, poiché se lo farebbe incorrerebbe nella realizzazione di un reato, vale a dire quello integrante il cosiddetto “trattamento illecito di dati”, disciplinato dall'articolo 167 Decreto legislativo 196/2003. Nella fattispecie, la registrazione prodotta da parte del condòmino non integrerebbe, tuttavia, un illecito penale, siccome sarebbe funzionale alla tutela di un proprio “diritto”, per come fatto valere in seno l'atto introduttivo del giudizio (sul principio per cui il “diritto alla difesa” prevale sulle ragioni della privacy si cfr . Cassazione con la sentenza del 7 luglio 2004, n. 12528).
Dall'altra parte, sull'utilizzabilità della registrazione all'esterno, il Garante per la protezione dei dati personali, nel vademecum “Il condominio e la privacy”, aveva già avuto cura di precisare che «L'assemblea condominiale può essere videoregistrata, ma solo con il consenso informato di tutti i partecipanti. La documentazione, su qualsiasi supporto, deve essere conservata al riparo da accessi indebiti».

Conclusione
La “registrazione” dei lavori assembleari è stata valutata priva di alcun pregio.
Le norme giuridiche - afferma il giudice capitolino –sanciscono che la registrazione su nastro magnetico di una conversazione telefonica può costituire fonte di prova a condizione che colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la stessa sia realmente avvenuto e che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, sempre che non si tratti di conversazione svoltasi tra soggetti estranei alla lite (Cassazione civile, 8219/21996, 122016/19993).
In effetti, a norma dell'articolo 2712 «Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime».

Problemi processuali
L'efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui alla norma citata è subordinata — in ragione della loro formazione al di fuori del processo e senza le garanzie dello stesso — al¬l'esclusiva volontà della parte contro la quale esse sono prodotte in giudizio, concretantesi nella non contestazione che i fatti, che tali riproduzioni tendono a provare siano realmente accaduti con le modalità risultanti dalle stesse.
Il relativo «disconoscimento» — che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova e che va distinto dal «mancato riconoscimento», diretto o indiretto, il quale, invece, non esclude che il giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite — pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all'art. 214 codice procedura civile deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta) e deve avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle suddette riproduzioni, venendosi in caso di disconoscimento tardivo ad alterare l'iter procedimentale in base al quale il legislatore ha inteso cadenzare il processo in riferimento al contraddittorio.
Quindi la registrazione portata dal condòmino non essendo stata autorizzata (consenso informato) da parte degli altri partecipanti all'adunanza è risultata inutilizzabile nel processo in cui è stata prodotta, per cui la domanda di invalidazione della delibera per “falso materiale” nella redazione del verbale non ha trovato accoglimento per carenza di prova.

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