Condominio

Modificare la destinazione d’uso non vuol dire per forza cambiare i millesimi

di Ettore Ditta

Sono in tanti a dare per scontato che alla modifica della destinazione d'uso di una unità immobiliare consegua automaticamente il diritto di revisionare le tabelle millesimali. E invece questa erronea convinzione va esclusa in maniera categorica, come viene confermato dalla giurisprudenza costante della Corte di Cassazione. Infatti l'articolo 68 delle disposizioni di attuazione del Codice civile stabilisce che il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano di proprietà esclusiva dei singoli condomini deve essere ragguagliato in millesimi a quello dell'intero edificio ed espresso in una apposita tabella (che va allegata al regolamento di condominio, qualora vi sia in effetti un regolamento). La tabella millesimale, che comunque è indispensabile per l'espressione delle presenze in assemblea e per l'approvazione delle delibere, viene formata sulla base dei criteri generali, salvo eventuali deroghe specifiche, in particolare sul riparto delle spese, nei soli casi in cui tutti i condomini siano concordi. Ma la modifica della destinazione d'uso di una unità immobiliare non produce alcuna conseguenza automatica riguardo ai valori millesimali già in uso e, in generale, non influisce sulla redazione delle tabelle. Da una parte l'articolo 68 prevede che nell'accertamento dei valori millesimali non si deve tenere conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare; e l'esclusione del canone locativo, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione si giustifica col fatto che essi non afferiscono alla obiettiva conformazione strutturale del piano o della porzione di piano in rapporto all'intero edificio, che invece dipende da altri fattori, dati dall'estensione, dall'altezza, dall'ubicazione e dall'esposizione. Inoltre il successivo articolo 69 precisa che i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del Codice civile, in due casi tassativi: quando sono conseguenza di un errore; oppure quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, derivante da sopraelevazione, incremento di superfici o incremento o diminuzione delle unità immobiliari, viene alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino.
In numerose occasioni (Cassazione n 19797/2016 e n. 3001/2010, fra e altre) è stato chiarito dalla giurisprudenza che, prevalendo l'esigenza della certezza dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini che sono fissati nelle tabelle millesimali, non comportano la revisione o la modifica delle tabelle sia gli errori relativi alla determinazione del valore non indotti da quelli sugli elementi necessari al suo calcolo, sia i mutamenti successivi dei criteri di stima della proprietà immobiliare, pure quando abbiano determinato una rivalutazione disomogenea delle singole unità dell'edificio o, comunque, alterato il rapporto originario fra il valore delle singole unità e tra queste e l'edificio. In sostanza gli errori rilevanti per la revisione delle tabelle devono essere verificabili secondo criteri oggettivi, come avviene per le differenze di estensione, altezza, ubicazione, esposizione e simili, mentre non hanno rilevanza i criteri soggettivi, come quelli d'ordine estetico. Per questo motivo una modifica della destinazione d'uso di un locale che viene realizzata senza modificare le caratteristiche proprie degli immobili, non incide sul valore millesimale, dal momento che l'individuazione dei valori proporzionali deve avvenire tenendo conto delle caratteristiche obiettive proprie degli immobili e non anche della loro possibile destinazione, determinata essenzialmente da valutazioni di carattere soggettivo.

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