Condominio

Telecamere puntate sulle parti comuni, lecite se servono a prevenire i furti

di Giulio Benedetti

Il 25 maggio 2018 è entrato in vigore il regolamento UE n. 2016/679 relativo alla protezione fisica delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali , nonché alla libera circolazione dei dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, il regolamento generale sulla protezione dei dati .Il regolamento stabilisce, tra gli altri, i seguenti principi che riguardano anche il condominio :
* la protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale è un diritto fondamentale (art. 1);
* i principi e le norme a tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali dovrebbero rispettarne i diritti e le libertà fondamentali , in particolare il diritto alla protezione dei dati personali, a prescindere dalla loro nazionalità o dalla loro residenza (art. 2);
* il trattamento di dati personali dovrebbe essere altresì considerato lecito quando è necessario per proteggere un interesse essenziale per la vita dell'interessato o di un'altra persona fisica (art. 46).
Nella vita di tutti i giorni capita spesso che nei condominii vi sia un'opposizione all'installazione delle telecamere di controllo delle parti comuni per prevenire i furti non soltanto per i costi dell'installazione e della conduzione , ma anche per l'innominata tutela della privacy nel condominio. La Corte di Cassazione (ordinanza 30302/2108) legittima l'uso delle telecamere che riprendano le parti comuni condominiali al fine di individuare gli autori dei furti. Invero la sentenza dichiara inammissibile il ricorso avverso una sentenza che aveva condannato l'autrice di due furti aggravati commessi all'interno di un condominio e che era stata individuata anche mediante le riprese di una telecamera di sicurezza. La Corte, oltre a richiamare la sua giurisprudenza per cui in sede di legittimità non possono essere riproposti motivi di merito, condivideva l'assunto della sentenza impugnata. La stessa affermava come la persona offesa aveva più volte visto l'imputata in udienza , ma , soprattutto l'aveva riconosciuta nel video e nelle foto e spiegava che i primi fotogrammi erano troppo piccoli per potervi riconoscere qualcuno e che comunque le era rimato impresso il viso della ragazza, molto bello, e che aveva incontrato uscendo dall'ascensore condominiale . La sentenza sosteneva che le telecamere erano state installate dopo il primo furto avvenuto nell'appartamento di una persona offesa. Solo dopo un secondo furto commesso all'interno di un appartamento di un'altra condomina era stato possibile avviare ulteriori indagini e che, proprio per la circostanza per cui , muovendosi le giovani rom in gruppo , per commettere i furti , l'imputata non aveva avuto alcuna difficoltà a ritornare nel medesimo luogo per commettere un secondo furto , peraltro ammesso, fidando nella difficoltà di una sua identificazione. Pertanto la sentenza della Corte di Cassazione afferma la legittimità delle riprese televisive delle parti comuni condominiali al fine di individuare gli autori dei furti e conseguentemente ne legittima l'uso per difendere le proprietà dei singoli condomini.

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