Condominio

La sicurezza dell’ascensore nei luoghi di vita e di lavoro

di Giulio Benedetti

Tragici e ricorrenti episodi di cronaca hanno richiamato l'attenzione della pubblica opinione sulle norme di sicurezza dell'ascensore . Il D.P.R. 10.1.2017 n. 23 è il nuovo regolamento, che innova al precedente D.P.R. n. 162/1999, per l‘attuazione della direttiva 2014/33/UE relativa agli ascensori ed ai componenti di sicurezza degli ascensori , nonché per l‘esercizio degli ascensori. Il regolamento non prevede norme finalizzate all'adeguamento degli ascensori esistenti alla normativa europea , tuttavia contiene norme di interesse nel mondo condominiale.
L'amministratore , ai sensi dell'art. 2051 del codice civile, è responsabile dei danni cagionati dalle cose in sua custodia (quale è l'ascensore) e la prova liberatoria a suo carico è costituita dalla dimostrazione che l'evento non è lui imputabile , ma è avvenuto per caso fortuito. Gli ascensori installati nel condominio sono posti all'interno di un luogo di vita e contemporaneamente di lavoro e pertanto devono adeguarsi anche alle norme di sicurezza previste dal Dlgs 81/2008 che , ai sensi dell'art. 3, si applica a tutti i settori di attività , privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio. In tale contesto la giurisprudenza di legittimità ha elaborato dei principi basati sulle norme di sicurezza dell'ascensore.
La Corte di Cassazione (sent. n. 24074/2018) ha rigettato i ricorsi di due imprenditori avverso la sentenza di condanna che li aveva ritenuti responsabili dell'omicidio colposo di un lavoratore che precipitava , cadendo da una pedana montata sulle forche esistenti, all'interno del vano di scorrimento di un ascensore. Pertanto la Corte di Cassazione ha ratificato il giudizio della Corte di Appello che aveva affermato che il lavoratore era deceduto precipitando all'interno del vano ascensore , a causa dello spazio vuoto esistente tra la stretta pedana e la soglia di ingresso di tale vano , che aveva un'ampiezza di 47 cm. Tale spazio era notevolmente superiore a quello consentito dall'art. 200 del DPR 547/55 , che prevede una distanza di soli 4 cm. tra i bordi delle pedane ed i muri perimetrali. Il varco determinò la caduta del lavoratore nel vano dell'ascensore , da un'altezza di circa dieci metri , causandone la morte. Inoltre la Corte di Cassazione afferma che è orientamento costante , in materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta , da sola a produrre l'evento, quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta.
La Corte di Cassazione (sent. n. 22472/2018) ha rigettato il ricorso contro una sentenza che aveva riconosciuto il datore di lavoro responsabile delle lesioni colpose gravi del dipendente che era rimasto schiacciato tra il tetto della cabina di un ascensore ed il soffitto del vano ascensore. In tale caso la Corte ha ritenuto che la responsabilità del datore di lavoro risiedesse nell'omessa formazione ed informazione del lavoratore in ordine all'attività svolta. Infine la Corte di Cassazione (sent. n. 20100/2018) dichiarava estinto per prescrizione il reato di lesioni gravissime di due datori di lavoro nei confronti di un dipendente che era scivolato all'interno di un montacarichi e il suo braccio rimaneva incastrato tra la soglia del pianale ed il muro di scorrimento. Anche in questo caso la Corte riteneva che la responsabilità dei datori di lavoro risiedesse nella carente organizzazione del servizio di trasporto dei carrelli e delle persone all'interno del montacarichi. I datori di lavoro avevano omesso di considerare il pericolo derivante dalla movimentazione dei carrelli all'interno del vano ascensore , in particolare quello derivante dall'accidentale urto con il vano corsa con il rischio di ribaltamento , con conseguente ripercussione sui lavoratori, in assenza di precise indicazioni sul documento di valutazione dei rischi e di precise disposizioni di servizio. Giulio Benedetti

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