Condominio

La responsabilità dell’allagamento incombe sul proprietario del piano superiore

di Edoardo Valentino

In caso di infiltrazioni d'acqua provenienti dal piano superiore il proprietario risponde ai sensi dell'articolo 2051 del Codice Civile per i danni cagionati al vicino del piano inferiore.
Risponde invece ai sensi dell'articolo 2043 del Codice Civile il proprietario per l'inerzia nella manutenzione del lastrico solare dal quale proviene l'allagamento.
Questi i principi espressi nella sentenza numero 67 del 22 gennaio 2018 del Tribunale di Pordenone.
Il caso in questione principiava con l'azione di una proprietaria, la quale conveniva in giudizio i due vicini dell'unità immobiliare soprastante la propria per ottenere la condanna degli stessi al risarcimento dei danni cagionati da infiltrazioni d'acqua.
Si costituivano in giudizio i convenuti chiedendo il rigetto della domanda dell'attrice e domandando in via riconvenzionale il risarcimento per i danni causati dalla controparte con delle opere di riparazione effettuate sulle scale di loro proprietà.
Il giudice, nella sentenza in commento, accertava la responsabilità dei convenuti per le infiltrazioni lamentate dall'attrice e specificava come questa discendesse dalla disposizione dell'articolo 2051 del Codice Civile.
Tale norma afferma infatti che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito” configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva in ragione della quale – fino a prova contraria – il custode (figura che spesso coincide con il proprietario) risponde di tutti i danni causati dalla cosa che ha in custodia.
Specificava quindi il giudice che “i proprietari dell'immobile dal quale provengono le infiltrazioni ne rispondono ai sensi dell'art. 2051 c.c., in quanto custodi tenuti al controllo ed alla manutenzione dei propri impianti nonché, eventualmente, anche ai sensi dell'art. 2043 c.c., per aver omesso adeguati controlli sul proprio immobile e per non aver adottato le precauzioni necessarie ad evitare il danno (ad esempio curando la manutenzione dell'immobile, tenendo chiuse porte e finestre dello stesso in caso sia disabitato)”.
Nell'affermare tale principio il decidente richiamava anche la precedente decisione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite numero 9449 del nella quale si affermava altresì che “In proposito, si è affermato che per la sussistenza di una simile responsabilità è sufficiente la prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, mentre non assume rilievo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, né implica, uno specifico obbligo di custodia analogo a quello previsto per il depositario, responsabilità a chi, di fatto, si trova nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa. La speciale responsabilità ex art. 2051 cod. civ. va ricercata nella circostanza che il custode “ha il potere di governo sulla cosa””.
Nel caso in questione, quindi, i convenuti venivano considerati responsabili per i danni cagionati all'attrice in quanto la loro abitazione, da tempo disabitata e sulla quale non veniva eseguita alcuna manutenzione, presentava fessurazioni sulle murature e infiltrazioni d'acqua che avevano poi comportato l'allagamento dell'appartamento della parte attrice.
Il giudice, di conseguenza, applicando i predetti principi condannava i convenuti a risarcire all'attrice i danni patiti a causa delle infiltrazioni, ma accoglieva – di contro - la domanda riconvenzionale dei convenuti condannando l'attrice al risarcimento dei danni cagionati alle controparti con i lavori edili effettuati sulle scale di loro proprietà.
In ragione della reciproca soccombenza, quindi, il decidente compensava le spese del giudizio.

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