Condominio

Balconi aggettanti: Proprietà, spese e profili processuali

di Paolo Accoti

La tipologia di balcone più diffusa è senza dubbio quella comunemente definita “aggettante”, che sporge in fuori protendendosi dalla facciata dell'immobile.
Tali balconi risultano aperti sui tre lati e sono composti da diversi elementi, tra cui: il “piano di calpestio” con la relativa pavimentazione; lo “stangone”, rappresentato dalla parte terminale della pavimentazione e composto da un listello solitamente in marmo o altro materiale lapideo; il “frontalino”, la fascia verticale che segue l'intero profilo del balcone; la “soletta” o “sottobalcone”, termine con cui si indica la parte sottostante del balcone; la “ringhiera” o “parapetto”, quella struttura in metallo o altro materiale da costruzione che delimita il balcone e lo protegge dal vuoto.
La funzione principale del balcone è quella di consentire l'affaccio al proprietario dell'appartamento dal quale si estende.
Per costante giurisprudenza tale tipologia di balconi costituisce il prolungamento della corrispondente unità immobiliare, conseguentemente, gli stessi appartengono in via esclusiva al proprietario della stessa (Cfr.: Cass. n. 1990/2016).
Tale tipologia di balcone, infatti, non risultando necessaria all'esistenza del fabbricato condominiale, né destinata all'uso o al servizio dello stesso, non rientra tra i beni comuni dell'edificio, tanto è vero che non risulta menzionata neppure dall'art. 1117 Cc che, appunto, fornisce una elencazione – pur non esaustiva – delle parti comuni dell'edificio condominiale (Cfr.: Cass. n. 30071/2017).
Dalla proprietà esclusiva del balcone aggettante consegue l'onere di manutenzione dello stesso e, pertanto, deriva l'obbligo di sostenere le relative spese in capo al proprietario dell'appartamento da cui si accede al balcone stesso.
Risulta superato, infatti, quell'orientamento, che in passato si era fatto strada, a mente del quale la parte inferiore della soletta (“sottobalcone” o “cielino”), fosse in comproprietà con il titolare dell'appartamento sottostante alla stessa, svolgendo funzione di copertura del balcone corrispondente, di talché si riteneva applicabile per analogia l'art. 1125 Cc (<<Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai>>) e, pertanto, le spese per la manutenzione della pavimentazione del balcone erano considerate di pertinenza del proprietario dell'appartamento da cui si accedeva, mentre quelle relative al sottobalcone (intonaco, pitturazione, ecc.), si riteneva fossero di competenza del proprietario del balcone sottostante.
Come accennato, tuttavia, una siffatta ripartizione è stata ritenuta non corretta proprio in relazione all'effettiva funzione del balcone aggettante, per il quale è stata esclusa qualsiasi funzione di copertura del balcone sottostante, riscontrabile invece nei balconi ad incasso.
Da ciò discende l'inutilizzabilità del sottobalcone da parte del proprietario del balcone posto al piano inferiore, il quale, contrariamente a quanto accade per i balconi ad incasso, potrà essere adoperabile solo con il consenso del proprietario del balcone (Cass. n. 15913/2007).
Ciò posto, ferma restando la proprietà del balcone e il correlativo obbligo di manutenzione in capo esclusivamente al proprietario dell'appartamento dal quale si accede, allo stesso, tuttavia, non sarà consentito modificare il profilo del balcone ovvero trasformarlo in veranda.
Una tale modifica, infatti, comporterebbe anche l'utilizzo di beni comuni (facciata), che esulerebbe dal legittimo uso degli stessi secondo i limiti di cui all'art. 1102 Cc (<<Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto …>>), tanto è vero che è stata confermata dal giudice di legittimità la sentenza della corte di merito che aveva disposto la riduzione in pristino della veranda dal balcone di proprietà esclusiva, affermando la violazione dell'art. 1102 Cc, in ragione della sensibile riduzione all'ingresso di luce ed aria nella proprietà inferiore conseguibile dalla facciata esterna comune dell'edificio (Cfr.: Cass. n. 5196/2017).
In dipendenza della proprietà esclusiva del balcone aggettante, risulta senza dubbio nulla qualsivoglia delibera assembleare, non assunta all'unanimità dei partecipanti al condominio, che disponga il rifacimento del balcone, in considerazione del fatto che l'assemblea non può validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condòmini nell'ambito dei beni di loro proprietà esclusiva.
Una tale deliberazione, infatti, comporterebbe l'applicazione del principio dettato dall'art. 1421 Cc (<<Legittimazione all'azione di nullità>>) in materia di contratti, per cui la nullità della delibera potrebbe essere fatta valere anche d'ufficio dal giudice (Cass. n. 6652/2017), nonché ovviamente dai singoli condòmini, anche oltre il termine di decadenza di trenta giorni dalla data di deliberazione per gli astenuti o dissenzienti o dalla data di comunicazione della delibera per gli assenti, disposto dall'art. 1137 Cc, con l'unico limite della prescrizione ordinaria.
La nullità assoluta di una siffatta delibera spiegherebbe i suoi effetti anche sul piano pratico e, in particolare, la sua illegittimità potrebbe essere valutata anche nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo – normalmente estranei a qualsivoglia valutazione in merito ai vizi di annullabilità della deliberazione sottostante – atteso che <<ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., per la riscossione dei contributi condominiali, il giudice può sindacare, in via incidentale, anche la validità della relativa delibera assembleare, qualora essa si affetta da vizi che ne comportino non la semplice annullabilità, ma la nullità radicale>> (Cass. n. 305/2016), provvedimento reso in una fattispecie afferente spese per lavori sui balconi di proprietà esclusiva dei condòmini ingiunti.
Tuttavia tale regola subisce delle eccezioni in relazione ad alcuni elementi del balcone, per come sopra indicati.
Tanto è vero che è stato ripetutamente stabilito che il rivestimento del “parapetto” e della “soletta” nella parte inferiore (cd. sottobalcone o cielino), al pari degli elementi decorativi inseriti nelle fioriere, o negli stessi balconi e parapetti – svolgendo una funzione di tipo estetico rispetto all'intero edificio, del quale ne accrescono il pregio architettonico –, devono considerarsi comuni ex art. 1117 n. 3), con la conseguenza che le spese relative alla loro riparazione ricadono su tutti i condòmini, in proporzione al valore delle rispettive proprietà, ex art. 1123 Cc (Cfr. da ultimo: Cass. n. 5014/2018; Cass. n. 21641/2017; Cass. n. 1990/2016).
La comproprietà di tali elementi del balcone aggettante comporta delle conseguenze anche da un punto di vista squisitamente processuale, in considerazione del fatto che una eventuale domanda avanzata da un condomino e diretta alla demolizione, al ripristino o, comunque, al mutamento dello stato di fatto di tali elementi, dovrebbe necessariamente proporsi nei confronti di tutti gli altri condòmini, siccome litisconsorti necessari, essendo altrimenti la sentenza <<inutiliter data>> (Cass. n. 30071/2017).

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