Condominio

Cortili condominiali, i dubbi risolti dalle sentenze

di Anna Nicola

Il cortile è previsto in modo espresso nell'elenco dei beni di cui all'art. 1117 c.c.
Esso pertanto è da considerare quale bene comune del condominio, o meglio dei condomini che sono proprietari di unità immobiliari nel palazzo
Volendo fornirne una definizione, esso è quello spazio comune posto sul lato interno dell'edificio il cui scopo è assicurare aria e luce alle unità immobiliari condominiali che vi si affacciano. Trattasi della funzione primaria e principale.
Occorre notare tuttavia che con l'indicazione “cortile” non si intende solo lo spazio scoperto e quindi la superficie calpestabile, ma anche la colonna d'aria ad esso sovrastante, suscettibile di eventuale separata utilizzazione.
Sono invece da tenere ben distinti i muri maestri che lo delimitano, stante la loro diversa funzione «di concorrere a costituire la struttura portante dell'edificio, di contribuire alla formazione della sua linea architettonica e di proteggere le parti interne dagli agenti atmosferici» (Cass. 714/1998). Peraltro, considerando la funzione di dare aria e luce agli ambienti che si affacciano, nel termine cortile possono comprendersi gli spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio, quali le aree verdi, le zone di rispetto, le intercapedini «che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 c.c., vanno ritenuti comuni a norma della suddetta disposizione» (Cass. 7889/2000).
Come sopra detto, il cortile è contemplato nell'art. 1117 c.c., il cui elenco è –come noto- esemplificativo e non esaustivo
Il cortile, quale spazio tra corpi di fabbrica, è suscettibile di diverse utilizzazioni, per gli scopi consentiti dalla natura del bene.
Fermo restando che tutti i condomini possono fare del cortile l'uso che ritengono più giusto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., in mancanza di espresse disposizioni assembleari o regolamentari, sono da considerarsi vietati quegli usi che limitano la pari possibilità di usufruire del bene comune da parte degli altri condomini, oppure quelli comunque in contrasto con la naturale conformazione del cortile.
Il cortile può permettere il transito o anche il parcheggio di autoveicoli, il deposito di merci o essere adibito ad area gioco per i bambini o di riposo, anche con panchine e piante, ovvero ospitare una piscina o un campo da tennis. È stato tra l'altro affermato, con riferimento ai parcheggi, che anche il cortile di un edificio condominiale antico, pur non essendo bene destinato primariamente al posteggio, può assumere tale funzione qualora si sia verificato che essa risulti compatibile con la funzione primaria del bene medesimo che è quella di dare aria, luce e accesso alle unità immobiliari che vi si affacciano (App. Catania, 21.10.2009).
E' invece vietata “l'occupazione dello spazio aereo ad esso sovrastante, da parte dei singoli condomini, con costruzioni proprie in aggetto, non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell'art. 840 comma 3 c.c., l'utilizzazione ancorché parziale a proprio vantaggio della colonna d'aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa” (Cass. n. 966/1993).
Le spese di manutenzione del cortile comune sono a carico dei condomini in proporzione ai millesimi di proprietà.
Nel caso, invece, in cui il cortile funga da copertura ai garage o ai box interrati di proprietà di terzi o solo di alcuni condomini dell'edificio, sui criteri di ripartizione delle spese, la giurisprudenza si è più volte divisa.
L'orientamento più recente sostiene che in tal caso il criterio da applicare è quello di cui all'art. 1125 c.c. “che stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute, in via generale, in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”; per cui applicato, per analogia, tale criterio metterebbe a carico dei proprietari del cortile metà delle spese di rifacimento e dei proprietari dei posti auto sotterranei l'altra metà (Cass. n. 15841/2011; n. 10858/2010; n. 18194/2005). Tuttavia, secondo un orientamento, seppur meno recente, si dovrebbe applicare per analogia l'art. 1126 c.c. norma in tema dei lastrici solari, confermando che le spese sono a carico per un terzo dei proprietari del cortile e per due terzi dei proprietari dei posti auto coperti dal cortile stesso (Cass. n. 5848/2007).
Unitamente al cortile si può parlare del cavedio. Esso (a volte denominato chiostrina, vanella o pozzo luce) è qualificabile quale cortile di piccole dimensioni circoscritto dai muri e dalle fondamenta dell'edificio condominiale, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (come, per esempio, bagni, disimpegni, servizi, ecc.).
Tale spazio, pertanto, pur potendo essere di proprietà esclusiva, si presume comune e costituisce una pertinenza dell'edificio condominiale (Trib. Milano 13.11.1989), assoggettato di conseguenza al medesimo regime giuridico del cortile comune espressamente contemplato dall'art. 1117, n. 1, c.c., salvo specifico titolo contrario (Cass. n. 4350/2000).
La presunzione legale di proprietà comune posta dall'art. 1117 c.c. è applicabile anche al cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia obiettivamente e “strutturalmente destinato a dare aria, luce e accesso a tutti i fabbricati che lo circondano” (Cass. 17993/2010; 14559/2004; Cass. 7630/1991; Cass. 9982/1996).
Del resto ciò corrisponde all'ampliamento dell'ambito di applicabilità operato dall'introduzione dell'art. 1117-bis ad opera della riforma che estende le disposizioni relative alle parti comuni anche a <<tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'art. 1117>>.
Pur non essendo menzionati dall'art. 1117 c.c. tra le parti comuni, i giardini possono essere equiparati ai cortili condominiali, avendo in più la caratteristica di contribuire alla valorizzazione del decoro architettonico dell'edificio, fornendo un'ulteriore utilità ai condomini. Tuttavia, questa equiparazione non è a tutt'oggi pacifica né in dottrina né in giurisprudenza.
Secondo un orientamento, il giardino non si distingue concettualmente dal cortile - di cui segue la disciplina - avendosi riguardo esclusivamente alla particolare destinazione d'uso e all'utilizzazione che di questo si faccia con la coltivazione a verde e/o a piante da fiore; per cui il giardino, quale spazio adiacente all'edificio condominiale coltivato a prato e piantumato, dovrebbe presumersi di proprietà comune, al pari del cortile (Cass. n. 7889/2000; n. 849/1963).
Altri orientamenti, invece, ritengono che al termine cortile non può essere attribuito un significato così ampio da includervi anche i giardini, poiché questi ultimi, oltre a fornire aria e luce alle unità immobiliari che vi si affacciano, hanno la caratteristica peculiare di concorrere al decoro architettonico dell'edificio condominiale (Cass. n. 3666/1994). Ne consegue che non rientrando la dizione in questione nel novero dei beni comuni, non si può parlare di presunzione di comunione qualora manchi uno specifico titolo.
Secondo altre tesi, per stabilire la condominialità del giardino, in mancanza di una specifica disposizione nel regolamento del condominio o nei singoli atti di acquisto delle proprietà immobiliari, occorre far riferimento al criterio della disponibilità o a quello dell'uso esclusivo. Nel silenzio del titolo, il giardino, dunque, appartiene a chi ne ha l'uso o la disponibilità esclusiva ovvero al condominio di cui costituisce un'effettiva pertinenza. Un'ulteriore tesi considera i giardini di proprietà comune (compresi quelli pensili installati sulla copertura di box o piani interrati o sul lastrico solare) se ad essi possono accedere tutti i partecipanti al condominio; in caso contrario, essi sono da considerarsi di proprietà esclusiva dei condomini proprietari delle unità immobiliari a cui servono trattandosi di evidenti pertinenze.

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