Condominio

Difetti dell’edificio, il termine di un anno decorre dalla consapevolezza effettiva

di Selene Pascasi

A far scattare il termine per denunciare i gravi difetti dell'opera è la piena consapevolezza del committente-appaltante-acquirente. Egli, dunque, sarà tenuto ad attivarsi entro un anno dal giorno in cui abbia raggiunto un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva (immediata per anomalie palesi o desunta da perizia) della gravità dei vizi e della loro derivazione eziologica dall'imperfetta ed inesatta esecuzione dell'opera.
Lo precisa la Cassazione, con sentenza n. 12829 depositata il 23 maggio 2018 (relatore Antonio Scarpa). Apre la controversia la decisione di tre condòmini di un complesso residenziale di citare il costruttore-venditore degli immobili per ottenere la refusione dei danni per vizi e difetti dell'opera edilizia: alcuni problemi a carico delle parti comuni, rilevavano, avevano provocato rovine alle singole unità. Di qui – senza rinuncia ad instare separatamente a tutela delle posizioni private – la pretesa di essere, intanto, rimborsati dei costi necessari all'eliminazione dei vizi, nonché risarciti dei danni comuni subìti.
Ma, seppur accertata la rilevanza dei difetti (inerenti il convogliamento delle acque reflue, le infiltrazioni nei garages e la coibentazione dei paramenti innestati sulle facciate) e la legittimazione degli attori, la Corte di Appello di Firenze, intervenuta a sanare la prima pronuncia, reputa intervenuta la decadenza annuale, essendo stata promossa l'azione decorso più di un anno dall'inoltro delle raccomandate con cui gli acquirenti avevano esposto i problemi sia al venditore che al direttore dei lavori. Circostanza che coincideva, secondo il collegio, con l'assunta consapevolezza dei vizi.
I proprietari, però, ricorrono in Cassazione. A prescindere da doglianze marginali circa l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e la generica violazione di legge, l'impugnazione ruota, essenzialmente, sul mancato decorso del termine annuale di decadenza previsto dall'articolo 1669 del Codice civile. Motivo fondato. In tema di responsabilità dell'appaltatore per rovina e difetti di cose immobili – ricorda la Suprema Corte uniformandosi a solida giurisprudenza (tra le altre: Cassazione 3040/2015) – poiché la disciplina concernente la decadenza (e la prescrizione) per l'esercizio dell'azione ha lo scopo di non onerare il danneggiato della proposizione di domande generiche a carattere esplorativo, è necessario che la denuncia riveli una conoscenza sufficientemente completa del vizio e della responsabilità per lo stesso.
Ecco che il termine di un anno per effettuarla decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di consapevolezza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti. Trattasi, in buona sostanza, di una conoscenza che deve ritenersi, di regola, raggiunta, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all'atto dell'acquisizione di apposite relazioni peritali effettuate. È chiaro, allora, marcano i giudici di legittimità, che la comunicazione della presenza di problemi all'impianto di smaltimento delle acque ed al rivestimento della facciata di un fabbricato urbano non denota un'immediata percezione, né una piena comprensione della reale entità e delle possibili cause dei difetti costruttivi oggetto di lite. Difetti, peraltro, poi accertati mediante consulenza come inerenti al convogliamento delle acque saponose e delle acque reflue (per l'errata disposizione delle quote dei tubi), alle infiltrazioni nei garages (per l'inadeguata impermeabilizzazione dei paramenti verticali) e alle anomalie delle facciate (per l'inadeguata coibentazione dei relativi paramenti). Non poteva, pertanto, non accogliersi il ricorso stilato dai tre condòmini e rinviare, sollecitandola ad allinearsi al principio fissato, ad altra sezione della Corte di Appello.

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