Condominio

Molestie con le armi, il pianerottolo è «luogo aperto al pubblico»

di Valeria Sibilio


Ai fini della configurabilità del reato di disturbo o molestia alle persone, il pianerottolo antistante l'abitazione di chi conduce illegalmente un'arma è considerato come “luogo aperto al pubblico”. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 24755 del 2018, nella quale ha esaminato un caso originato dall'assoluzione, da parte del Tribunale di primo grado, di un signore che aveva portato fuori dalla propria abitazione un pugnale, a due lame contrapposte, lunghe circa 13 cm ciascuna, costituente uno strumento da punta o da taglio atto ad offendere le persone, perché il fatto non sussiste, e dai restanti reati, contestati all'imputato, per aver minacciato e tentato di aggredire un vicino, non riuscendo nel proprio intento per cause indipendenti dal proprio volere, sussistendo la causa di non punibilità, ex art. 131 bis, cod. pen.
Il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per cassazione, nonché l'erronea applicazione dell'art. 131 bis cod. pen.. La parte ricorrente deduceva che il primo giudice aveva erroneamente ritenuto l'insussistenza del reato contravvenzionale, considerato che il porto del coltello, sul pianerottolo dell'appartamento dello stabile condominiale, non era equiparabile al porto in una pertinenza dell'immobile privato, trattandosi di una parte comune. Quanto poi all'applicazione dell'art. 131 bis cod. pen., non si poteva ritenere di particolare tenuità la condotta del prevenuto, atteso che l'imputato, in evidente stato d'ebbrezza alcolica, aveva, nel pieno della notte, suonato al campanello del vicino di casa, già pluripregiudicato, nella convinzione di aver subito a causa sua un furto dalla sua abitazione e, brandendo il coltello, lo aveva minacciato, tentando di aggredirlo. Ciò, tanto più considerato l'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la causa di non punibilità ex art. 131 bis, cod. pen., non si applicherebbe in caso di reato continuato.
La Cassazione ha giudicato il ricorso è fondato, in quanto la problematica centrale riguardava la nozione di luogo pubblico o aperto al pubblico, posto che il reato contravvenzionale, ex art. 4 legge n. 110/1975, implica il porto in luogo pubblico o aperto al pubblico. Nell'ambito del procedimento, il contrasto è insorto, proprio a seguito dell'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa la riconducibilità del pianerottolo, sito sulle scale condominiali, ad una pertinenza dell'abitazione dell'imputato. Secondo la giurisprudenza di legittimità, rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi, senza il consenso del titolare, compresi i luoghi destinati all'esercizio di attività lavorativo o professionale. Per “luogo aperto al pubblico”, deve intendersi quello al quale chiunque può accedere a determinate condizioni e che abbiano la possibilità giuridica e pratica di accedervi, senza la legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto. Per questo motivo è conseguenziale ritenere il pianerottolo, antistante l'abitazione, non un luogo di privata dimora. Il discrimine fra le due figure è rappresentato, pertanto, dalla possibilità di accesso da parte di un'intera categoria di persone o comunque da un numero indeterminato di soggetti che abbiano la possibilità giuridica e pratica di acceder senza legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto.
La Cassazione ha, perciò, annullato la sentenza impugnata, rinviandola al Tribunale per nuovo esame.

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